Prosegue il caso Ferrero. Sono 119 i casi confermati di salmonella e altri 31 quelli sospetti secondo l’ultimo aggiornamento del 12 aprile del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc).
La fabbrica di Arlon, in Belgio, dove erano stati preparati i prodotti ora sotto indagine per una possibile correlazione è stata chiusa l’8 aprile ma su Le Monde si legge che Ferrero ha ammesso di aver rilevato batteri di salmonella in quello stabilimento già a metà dicembre, più di tre mesi prima che il sito venisse chiuso.
Inoltre, sono in corso anche in Italia le analisi su un ovetto Kinder sorpresa dopo che un bambino di 12 anni è stato ricoverato a Ravenna proprio per un’intossicazione da salmonella.
L’ACCUSA
“Ferrero ha fatto di tutto per evitare la contaminazione? Ha seguito scrupolosamente le regole?”, se lo chiede Le Monde che, riportando le parole di Test-Achats (la principale associazione di consumatori belga) definisce la situazione “particolarmente preoccupante”.
“La responsabilità del controllo della catena di produzione è in primo luogo dell’azienda – afferma Julie Frère, portavoce dell’associazione – In questo caso, qualcosa è andato storto. C’è stata una negligenza colposa da parte della Ferrero”.
L’INTERVENTO DELLE AUTORITÀ (MA NON DI FERRERO)
Ripercorrendo la storia non è stato il sito di Arlon a lanciare l’allarme, bensì le autorità sanitarie britanniche che il 31 marzo hanno contattato le loro controparti belghe.
“Avevano identificato un legame tra il consumo di prodotti Ferrero della fabbrica di Arlon e i casi di salmonella”, ha detto Aline Van den Broeck, portavoce dell’Agence fédérale pour la sécurité de la chaîne alimentaire (AFSCA), l’Agenzia federale per la sicurezza della catena alimentare del Belgio.
Il 1° aprile, si legge su Le Monde, un team dell’AFSCA si è recato alla fabbrica per effettuare dei controlli e tre giorni dopo è stato deciso il ritiro di alcuni lotti.
“Teoricamente, è responsabilità di Ferrero richiamare i prodotti, ma non l’hanno fatto, così abbiamo preso l’iniziativa”, ha raccontato Van den Broeck.
FERRERO SAPEVA?
L’azienda italiana, secondo il quotidiano francese “si sta trincerando e risponde solo con parsimonia alle richieste di informazioni”. Quelle di Le Monde, riferiscono, sono rimaste senza risposta.
Tuttavia, Ferrero ha ammesso di essere a conoscenza della presenza di salmonella nello stabilimento di Arlon già il 15 dicembre scorso, ma solo l’intervento dell’AFSCA nei primi giorni di aprile – circa quattro mesi dopo – ha portato al ritiro di alcuni prodotti e alla chiusura del sito.
L’AFSCA ha definito “incomplete” le informazioni fornite da Ferrero.
COSA DICE FERRERO
Tornando al 15 dicembre, Laurence Evrard, portavoce di Ferrero Benelux, ha detto: “Abbiamo rilevato la presenza di salmonella in un filtro all’uscita di due serbatoi di materie prime. Abbiamo dato l’allarme internamente e fermato immediatamente la nostra linea di produzione”.
“Abbiamo rimosso il filtro e bloccato tutta la nostra produzione dei cinque giorni precedenti, anche se non avevamo rilevato la salmonella durante i nostri controlli quotidiani fino al 15 dicembre”, ha aggiunto.
PERCHÉ FERRERO NON È INTERVENUTA PRIMA?
Stando a Le Soir, Ferrero non ha ritenuto necessario informare l’AFSCA in quanto non legalmente obbligata a farlo poiché nessuno dei lotti aveva lasciato lo stabilimento.
Tuttavia, per Test-Achats è inaccettabile che l’azienda non abbia avvisato l’Agenzia e ha accusato Ferrero di aver cercato di “mettere a tacere il più possibile” la vicenda: “Per noi, questo è un segno che il sistema di autocontrollo non ha funzionato sufficientemente in questo caso”, ha detto Jean-Philippe Ducart, portavoce dell’associazione.
Inizialmente Ferrero ha sostenuto che nessuna traccia di salmonella era stata rilevata nei suoi prodotti e che il richiamo era stato organizzato semplicemente “per precauzione”. Ma nel comunicato del 12 aprile ha ammesso: “Ferrero riconosce che ci siano state inefficienze interne che hanno creato ritardi nei richiami e nella condivisione delle informazioni. Questo ha impattato sulla rapidità ed efficacia delle indagini”.
Per l’associazione francese Foodwatch, invece, “il Belgio è stato molto chiaro: Ferrero non è stata in grado di fornire le necessarie garanzie di sicurezza alimentare ed è per questo che tutti i prodotti Kinder di questa fabbrica sono stati richiamati. L’autocontrollo della Ferrero non ha rilevato nulla per mesi e il marchio non ne era al corrente? Lo troviamo difficile da credere…”.
LE RIPERCUSSIONI
Le Figaro riporta il disappunto di molti genitori che adesso non hanno più fiducia nel brand e ricorda che le vendite di Pasqua rappresentano per Ferrero il 10% del fatturato annuo e sono seconde solamente al periodo di Natale.
Alcune testimonianze lamentano sia la poca comunicazione da parte di Ferrero che, in certi casi, la difficoltà di riuscire a ottenere un rimborso. Il numero da contattare, infatti, è sommerso dalle chiamate. Si parla di 20.000 chiamate all’ora da quando è stato dato l’annuncio.