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ENI DOMPè HPC5 Di Eni

Cosa ha fatto il supercomputer Hpc5 di Eni nella lotta a Covid-19

La lotta a Covid-19 passa anche dalla tecnologia di Eni: il supercomputer Hpc5 ha analizzato 70 miliardi di molecole 

 

Nella lotta a Covid-19 anche i calcolatori (quelli super) potranno fare la differenza. Qualche settimana fa 4 supercomputer (di cui due italiani) nell’ambito del progetto europeo Exscalate4CoV, guidato dall’azienda biofarmaceutica Dompé, ha designato quale potrebbe essere un farmaco utile per trattare il Coronavirus.

Ora, nell’ambito dello stesso progetto, il supercalcolatore HPC5 di Eni ha avviato l’esperimento di supercalcolo molecolare più complesso mai realizzato al mondo, con l’obiettivo di identificare nuove terapie contro il virus. Tutti i dettagli.

COSA HA FATTO ENI

Partiamo dall’ultima sfida. Nella notte di venerdì 20 novembre, il supercalcolatore di Eni “ha avviato l’esperimento di supercalcolo molecolare più complesso mai realizzato al mondo al fine di identificare nuove terapie contro il virus”.

L’ESPERIMENTO

L’esperimento ha avuto luogo nel Green Data Center Eni in Ferrera Erbognone, ed ha permesso, tramite simulazione, di testare 70 miliardi di molecole su 15 siti di interazione attivi del virus per un totale di oltre mille miliardi di interazioni valutate in sole 60 ore.

NON SOLO ENI

L’esperimento di supercalcolo è stato reso possibile grazie alla disponibilità simultanea della potenza di calcolo (81 petaflops: milioni di miliardi di operazioni al secondo) dell’HPC5 di Eni, il supercomputer industriale più potente al mondo, del Marconi100 del Cineca, del software di screening virtuale accelerato dal Politecnico di Milano e Cineca, e della Biblioteca molecolare Exscalate di Dompé.

Il Politecnico di Milano è responsabile dello sviluppo e della messa a punto della piattaforma sw Exscalate, con l’obiettivo principale di ottimizzare e ottimizzare la libreria di docking exscalate, specifica la pagina Linkedin di Exscalate4CoV.

IL PROGETTO EXSCALATE4COV

Tutto questo è avvenuto nell’ambito del progetto europeo Exscalate4CoV, finanziato da Horizon 2020, con 3 milioni di euro da parte della Commissione Europea.

La società biofarmaceutica Dompé, guidata da Sergio Dompé e nata nel 1940, è alla guida del consorzio di ricerca, di cui fanno parte anche Politecnico di Milano (Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria), Consorzio Interuniversitario Cineca (Supercomputing Innovation and Applications), Università degli Studi di Milano (Dipartimento di Scienze Farmaceutiche), Katholieke Universiteit Leuven, International Institute Of Molecular And Cell Biology In Warsaw, Elettra Sincrotrone Trieste, Fraunhofer Institute for Molecular Biology and Applied Ecology, Bsc Supercomputing Centre, Forschungszentrum Jülich, Università Federico II di Napoli, Università degli Studi di Cagliari, Swiss Institute of Bioinformatics, Kth Royal Institute of Technology (Department of Applied Physics), Associazione BigData, Istituto Nazionale Di Fisica Nucleare, Istituto nazionale per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani e Chelonia Applied Science.

I SUPERCOMPUTER

Sono 4 i supercalcolatori cui Dompé si è affidata: il Marconi del Cineca di Bologna, consorzio interuniversitario italiano senza scopo di lucro, cui aderiscono 69 università italiane, otto enti nazionali di ricerca, due policlinici, l’ANVUR e il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca; l’HPC5 di Eni;  il MareNostrum4 del Barcelona Supercomputing Center, centro di ricerca pubblico spagnolo, con sede a Barcellona; il Juwels del centro Julich, un centro di ricerca facente parte dell’organismo tedesco Helmholtz-Gemeinschaft.

In totale si tratta di 100 Petaflops di potenza di calcolo. I supercomputer, messi in rete tra loro, hanno verificato le interazioni tra le proteine del Coronavirus e le molecole di 10mila farmaci presenti sul mercato (prevalentemente antivirali), attuando 50 milioni di miliardi di operazioni al secondo, specifica Il Sole 24 Ore.

IL RISULTATO DEI SUPERCOMPUTER

Qualche risultato, come scritto su Start Magazine, è già arrivato. I quattro supercomputer  hanno individuato nella molecola raloxifene, già registrato e indicato nel trattamento dell’osteoporosi nelle donne dopo la menopausa, un possibile farmaco per il trattamento dei casi lievi da Covid-19. Dompé farmaceutici, Fraunhofer Institute e Università di Lovanio hanno depositato il brevetto dell’utilizzo del Raloxifene per il trattamento di persone affette da virus Sars-CoV-2 in data 6 maggio 2020.

Il 27 ottobre 2020 è arrivato il via libera dell’Aifa alla sperimentazione del farmaco, nonostante Dompé abbia sottolineato

LA FRENATA DI DOMPÉ

Ma attenzione, sull’uso contro Covid è la stessa Dompé a frenare l’entusiasmo: “È importante sottolineare che ad oggi non ci sono ancora prove che il rapporto beneficio/rischio della molecola contro il Sars-CoV-2 sia positivo, né sul dosaggio da utilizzare. Per questa ragione, il farmaco non è autorizzato per l’uso in questa indicazione al di fuori di uno studio clinico”, scrive la società biofarmaceutica in un comunicato stampa.

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