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Giorgetti

Chi (e perché) non gradisce Salvini al ministero dell’Interno

Dossier Salvini per Meloni. I Graffi di Damato

 

Quel Matteo Salvini al Viminale, ma in portineria a verificare se c’è il ministro di cui ha chiesto il visitatore di turno, è naturalmente soltanto la rappresentazione vignettistica e paradossale di Stefano Rolli – sul Secolo XIX – delle cronache politiche sulla preparazione del governo, fra incontri, telefonate, visite e missioni segrete, in cui è impegnata Giorgia Meloni. Che peraltro con Salvini si è già vista e chissà quante volte anche sentita o messaggiata per telefono, senza dover attendere per questo il conferimento formale dell’incarico di presidente del Consiglio, quando la nuova legislatura diventerà agibile per le iniziative e decisioni del Capo dello Stato.

Escludo, a occhio e croce, che la Lega, per quanto attraversata da una crisi interna ancora più grave di quella esplosa quando Umberto Bossi fu costretto a lasciarne la guida, potrà o vorrà arrivare al suicidio dell’appoggio esterno al governo per ritorsione contro un eventuale rifiuto del Viminale oppostogli non solo e non tanto dalla candidata a Palazzo Chigi ma dal Presidente della Repubblica di fronte alle pendenze giudiziarie ancora aperte per il suo primo passaggio proprio al Ministero dell’Interno.

Va bene che l’uomo oggi tutto rosari, medagliette e simili proviene dall’esperienza del centro sociale di via Leoncavallo a Milano, sgomberato con la forza d’estate ai tempi del sindaco Paolo Pillitteri e puntualmente rioccupato fra le inutili proteste degli incolpevoli abitanti. Ma, vivaddio, La Lega non è ancora ridotta a quello stato. In un modo o in un altro da questo pasticcio uscirà fuori senza vanificare la vittoria elettorale del centrodestra. Persino Carlo Calenda, quello che ancora non crede del tutto in questa vittoria pur ammessa a parole, pensa che il governo nascerà e scavalcherà il Capodanno.

Con le buone o con le cattive, in una tuta o in un’altra, con barba com’è tornato dopo avere accontentato Silvio Berlusconi che gli aveva chiesto di tagliarsela o di nuovo senza, Salvini farà partire la legislatura: e un po’ meglio – credo o spero – di come fece decollare quella del 2018 con i grillini eredi addirittura della “centralità” che era stata della Dc durante la cosiddetta prima Repubblica. Si troverà per lui una postazione più realistica della portineria del Viminale.

Come nel Pd, all’opposizione, riuscito incredibilmente a prendere con una legge elettorale da manicomio meno parlamentari della Lega pur avendo ottenuto più del doppio dei suoi voti, credo che il segretario dimissionario non finirà come nella portineria dell’obitorio immaginato ieri da Francesco Piccolo su Repubblica. “Rimanga Letta e via gli altri”, ha gridato oggi, sempre da Repubblica, il vecchio Sergio Stajno. Di cui immagino le lacrime -alla sua età – a vedere i compagni inseguire Giuseppe Conte a sinistra. Roba da capogiro.

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