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Pignoramento conti correnti, ecco il piano del governo su tasse e multe non pagate

Subbuglio politico e mediatico sulla norma in fieri voluta dal governo per rafforzare la possibilità di pignorare i conti correnti per imposte locali e multe non pagate. Ecco tutti i dettagli e le polemiche

LE PAROLE DI CONTE E DI SALVINI

«I cittadini non si devono preoccupare, non mi risulta», ha rassicurato il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, sull’emendamento alla manovra che consente pignoramenti direttamente dal conto corrente e dallo stipendio per chi non paga le tasse locali, come l’Imu o quella sui rifiuti. Ma il segretario della Lega Matteo Salvini è duro: «Se entrano nel tuo conto corrente per pignorare, secondo me siamo all’ Unione sovietica fiscale, lo stato di polizia fiscale».

CHE COSA PREVEDE LA NORMA

Ma che cosa prevede l’emendamento in questione che sta destando polemiche? “La nuova procedura rientra fra quelle di contrasto all’evasione: si stima che siano 19 i miliardi ancora non riscossi dagli enti locali. In pratica, prima di avviare l’iter che portava al pignoramento, finora il Comune doveva compiere due passaggi: il primo era l’accertamento, con cui il debitore veniva sollecitato a pagare e veniva invitato a giustificare il ritardo, ha scritto il Sole 24 Ore: “Se il debito non veniva comunque saldato, scattava il secondo passaggio, cioè l’emissione della cartella esattoriale. Con la nuova formula, accertamento e cartella diventano una sola cosa”.

COME FUNZIONERA’ IL PIGNORAMENTO

Ha spiegato il Corriere della Sera: “La norma inserita nella legge è molto tecnica e complessa. In sostanza, tende a offrire ai Comuni che riscuotono direttamente i loro tributi, di utilizzare gli stessi metodi e strumenti che usa l’Agenzia delle Entrate, l’organismo pubblico che riscuote tasse statali e contributi, e che fino a qualche tempo fa lavorava anche con i Comuni. Che poi scelsero la strada di una riscossione «più umana», ma che oggi si trovano in difficoltà. E vogliono strumenti più efficienti, che la riforma contenuta nella manovra gli consegna, riducendo ad appena 9 mesi, quando oggi ci vogliono anni, il tempo per ottenere, anche forzatamente, la soddisfazione del credito”.

I TEMPI DELLA NORMA

Da quando scatterà la norma, a gennaio 2020, a meno di un ripensamento, anche tutti gli atti emessi da Comuni, Regioni, Province, Unioni Montane dovranno contenere gli elementi necessari per renderli esecutivi. E, dunque, far scattare automaticamente anche eventuali sequestri una volta scaduti i termini per presentare i ricorsi (accorciati da 4 a 2 mesi per i crediti fiscali inferiori a mille euro), ha aggiunto il Corriere della Sera: “Una procedura che oggi, basata su atti diversi, richiede molto più tempo per arrivare all’esecutività della riscossione”.

CHE COSA CAMBIERA’

Con la riforma, prima dell’avvio concreto della procedura esecutiva, per tutti i crediti inferiori ai 10 mila euro, gli enti locali dovranno inviare anche un sollecito di pagamento al contribuente, ha aggiunto il Corriere della Sera: “Nessun avviso, invece, se il credito è superiore. Il nuovo meccanismo non si applica alle multe, perché le disposizioni non incidono sul Codice della Strada. E prevede, in via generalizzata, la possibilità di rateizzare le somme, non meno di 36 rate per i debiti oltre 6 mila euro”.

IL COMMENTO DI CAPEZZONE

La norma, infilata in manovra, consente ai Comuni e agli altri enti locali di fare cassa selvaggiamente, ha commentato Daniele Capezzone, già presidente della commissione Finanze della Camera, su La Verità: “L’aspetto più scandaloso è che, già dopo la mancata risposta all’intimazione di pagamento e all’avviso di accertamento, trascorsi 60 giorni, il Comune potrà chiedere di pignorare i conti correnti dei cittadini. In termini di gradimento da parte dell’opinione pubblica, si tratta di un clamoroso autogol per governo e maggioranza, una Caporetto comunicativa: ma, se la misura non verrà modificata, intanto il danno per i contribuenti sarà grave e certo”.

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