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Sicral

L’Italia con Sicral 3 farà a meno di Starlink per le comunicazioni satellitari sicure?

La Commissione Difesa della Camera ha approvato lo schema di decreto ministeriale di approvazione del programma pluriennale relativo all’irrobustimento dei requisiti di sicurezza, al lancio e alla messa in orbita del sistema satellitare per le telecomunicazioni governative Sicral 3. In questo modo l'Italia non avrà più bisogno di Starlink? Fatti e approfondimenti

Mentre si continua a dibattere su Starlink sì o Starlink no, l’Italia mette sul piatto ben 767 milioni per il sistema di telecomunicazioni satellitari Sicral 3.

Lo scorso 17 luglio il ministro della Difesa ha trasmesso la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto ministeriale di approvazione del programma pluriennale di A/R nr. SMD 01/2025 per l’irrobustimento dei requisiti di sicurezza, al lancio e alla messa in orbita di un Sistema Satellitare per le Telecomunicazioni Governative (Sicral 3). I

Al momento le comunicazioni militari italiane fanno già affidamento infatti sul programma Sicral (Sistema Italiano per Comunicazioni Riservate e Allarmi), un sistema satellitare per le telecomunicazioni governative in orbita alta realizzato da Telespazio, joint venture tra l’italiana Leonardo (67%) e la francese Thales (33%).

Le commissioni parlamentari discuteranno quindi il finanziamento della fase 3 del programma di satelliti per le telecomunicazioni militari “Sicral 3”, un programma da complessivi 767 milioni di euro che sarà completato entro il 2028 e che vede impegnate in primis Telespazio e Thales Alenia Space (le due joint venture dell’alleanza spaziale tra Leonardo e Thales).

A inizio anno proprio il ministro della Difesa Guido Crosetto ha spiegato che i satelliti Sicral “sono affidabili ma offrono una copertura geografica e banda limitata”, pertanto ne consegue che la difesa “è interessata anzi obbligata forse a integrare tale capacità con quelle fornite da satelliti in orbita bassa che offrono maggiore continuità copertura miglior tempo di latenza”.

Dunque se l’Italia investe 767 milioni in Sicral 3, ha ancora bisogno di Starlink, il servizio di Internet satellitare di SpaceX?

Tutti i dettagli.

IL PROGRAMMA SICRAL

Il programma Sicral è costituito da satelliti geostazionari in grado di fornire servizi di comunicazione sia strategiche che tattiche. Come spiega il sito web di Telespazio, lo scopo è quello di supportare le diverse missioni operative della Difesa sia su territorio nazionale che al di fuori dei confini italiani.

Il programma si è articolato negli anni in varie fasi: la prima iniziò nel 2001 con il lancio di Sicral 1, satellite non più operativo. La seconda fase è stata avviata nel 2009 con il lancio di Sicral 1B e la terza, in cooperazione con la Francia, nel 2015 con il lancio di Sicral 2.

Era il 2021 quando Telespazio e Thales Alenia Space hanno firmato un contratto con il Ministero della Difesa italiano per la realizzazione del sistema Sicral 3 – che prevede due satelliti in posizione geostazionaria Sicral 3A e 3B, e del relativo segmento di terra.

LA TERZA FASE DEL PROGRAMMA SICRAL

Dunque, la terza fase del programma del Sicral – in base allo schema di decreto ministeriale – prevede di aumentarne i requisiti di sicurezza visto lo scenario geopolitico attuale.

Come spiega a Startmag Daniele Ferraguti, Junior Fellow Desk Difesa e Sicurezza del Centro Studi Internazionali (CeSI), “Il programma Sicral 3, a cui lavorano sul lato industriale le due joint venture italo-francesi Telespazio e Thales Alenia Space, si colloca all’interno di un’espansione progressiva delle capacità di comunicazione satellitare nazionali, il quale garantirà una copertura pressoché globale insieme ai satelliti già operativi Sicral 1B e Sicral 2. Nel dettaglio, il programma Sicral 3 prevede due nuovi satelliti in orbita geostazionaria, Sicral 3A e Sicral 3B, in grado di supportare trasmissioni in Ultra High Frequency (UHF), Super High Frequency (SHF) e in banda K, abilitanti al mantenimento della continuità delle comunicazioni operative anche simultanee ed in teatri ostili”.

Il programma amplierà quindi la suite dei servizi con la disponibilità di un payload in banda Ka, e fornirà servizi per la sicurezza, il soccorso pubblico e protezione civile. Oltre a rispondere alle necessità operative della Difesa, il progetto intende creare un sistema di telecomunicazioni alternativo a quello ordinario in casi di calamità e fornire un contributo a esigenze Nato e Ue.

APPROVATO DALLA COMMISSIONE DELLA CAMERA

Lo schema di decreto dovrà essere esaminato entro il mese di agosto (il termine è il 26) dalla Commissione Difesa della Camera e da quella Affari Esteri e Difesa del Senato oltre che dalle rispettive Commissioni Bilancio.

Lo scorso 29 luglio la Commissione Difesa della Camera ha espresso parere favorevole con una osservazione: “valuti il Governo l’opportunità di riferire, nella prosecuzione del programma, circa l’eventuale coinvolgimento di imprese internazionali nella fase del lancio in orbita”. Da parte sua la sottosegretaria alla Difesa Isabella Rauti ha dichiarato che “con riferimento alla selezione del provider cui affidare il servizio di messa in orbita del satellite Sicral 3, il Governo intende valutare approfonditamente tutte le opzioni disponibili sul mercato, allo scopo di individuare il partner che offra le migliori garanzie di efficienza e affidabilità”.

I COSTI

La stima dei costi di questa fase è di 223 milioni, distribuita tra 2025 e 2028, e porta il costo totale del programma a 767 milioni dai 390 milioni iniziali stimati nel 2020 e poi aggiornati a 590 milioni nel 2022: a far lievitare le cifre sono stati i nuovi requisiti di sicurezza e l’aumento dei costi per i servizi di lancio.

L’OBIETTIVO

Come si legge nella scheda illustrativa a corredo del Dm, lo Stato Maggiore della Difesa fa presente che il programma è volto alla sostituzione del satellite Sicral 1B, per evitare soluzioni di continuità e soddisfare le esigenze strategico-operative della Difesa, ma anche di altri comparti governativi in caso di pubbliche calamità, qualora gli assetti di telecomunicazione ordinari siano compromessi.

Pertanto, le missioni che il sistema Satcom nazionale (basato prevalentemente sulla costellazione di satelliti Sicral, integrata da assetti “duali”) è chiamato ad assolvere sono, in ordine di priorità: supportare le esigenze di C4 ISTAR (comando, controllo, comunicazioni, intelligence, sorveglianza e riconoscimento) degli Stati Maggiori e dei Comandi operativi, finalizzate all’impiego delle forze nazionali dislocate nei teatri operativi di interesse, sia in attività operative che in esercitazioni e anche a favore di alleati. Dopodiché, integrare gli esistenti sistemi di comunicazioni tattiche LOS (Line-of-Sight) e BLOS (Beyond- Lineof-Sight) per il comando e controllo dei mezzi mobili terrestri, navali ed aerei, anche senza pilota; supportare, nel territorio nazionale, le trasmissioni per il comando e controllo dei reparti impiegati in operazioni in caso di calamità, di sicurezza nazionale o di concorso alla salvaguardia delle istituzioni.

In ultimo, integrare, in casi di emergenza, la Rete Numerica Interforze (RNI) e la Rete In Fibra Ottica Nazionale (RIFON); supportare le necessità di comunicazione di organizzazioni internazionali o di Paesi alleati.

LA POSIZIONE DEL MINISTRO CROSETTO

Ed ecco che torniamo al quesito iniziale: se l’Italia investe in Sicral 3 non ha più bisogno di Starlink?

Nell’interrogazione parlamentare  a inizio gennaio, il ministro Crosetto aveva chiarito che “In ambito nazionale, a livello militare, detti servizi [comunicazioni sicure e continue] sono erogati grazie a sistemi in orbita geostazionaria Sicral che sono affidabili, ma offrono una copertura geografica e banda limitate. Ne consegue che la Difesa è interessata – anzi obbligata, forse – a integrare tale capacità con quelle fornite da satelliti in orbita bassa, che offrono maggiore continuità, copertura e minor tempo di latenza. In merito l’Autorità delegata per lo spazio ha dato mandato all’Asi di avviare uno studio teso a sviluppare tali servizi, esplorando ogni possibile soluzione presente al mondo”.

IRIS2 NON ANCORA OPERATIVA

“A livello europeo – proseguiva Crosetto alla Camera – rammento che il programma più noto di connettività sicura, appena avviato e noto come Iris2, prevederà a regime circa 290 satelliti con i tempi di realizzazione ancora da quantificare e comunque che oggi si collocano oltre il 2030. Le citate iniziative di grande interesse per la Difesa quando disponibili potranno certamente contribuire ad assicurare quanto necessario alle nostre Forze armate”.

“Per quanto precede sussiste, quindi, l’esigenza di studiare e valutare ogni soluzione tecnicamente atta a fornire le capacità quantomeno nelle more del completamento dei programmi proprietari e/o di collaborazione” aveva sottolineato il titolare della Difesa.

LA NECESSITÀ DELLA BASSISSIMA LATENZA NELLE COMUNICAZIONI

Inoltre, sempre il ministro Crosetto aveva evidenziato in un’intervista al Foglio che sussiste anche “il tema che le applicazioni più complesse hanno necessità di una latenza più bassa possibile. Cioè: tu hai diversi tipi di satelliti, hai quelli geostazionari che si muovono in modo sincrono con la Terra a circa 36.000 km di distanza, cosa che consente loro di poter coprire in modo continuo una parte molto grande di territorio terrestre. E poi ci sono i satelliti tipo quelli di Starlink, che sono satelliti in orbita bassa, cioè lanciati a un’altitudine compresa tra i 200 km e i 1.200 km dalla crosta terrestre, che ruotano molto velocemente attorno alla Terra e ti danno una latenza bassissima nelle comunicazioni. Poi ci sono anche i satelliti in orbita media e quelli eliosincroni che sorvolano un dato punto della superficie terrestre sempre alla stessa ora solare locale. Ognuno ha caratteristiche diverse”.

LA VIA ITALIANA

Qual è l’approccio italiano? “Usarli tutti, usare quelli a orbita bassa, media e alta. Splittare in tre le comunicazioni riservate, sempre cifrate, in modo tale che nessuno le abbia. Per cui il tema della sicurezza rispetto al sistema di Musk è capzioso perché noi da due anni e mezzo stiamo pensando a come utilizzare tutti i sistemi presenti, compresi quelli europei, per comunicare in ogni condizione e in ogni luogo sia necessario, proteggendo la nostra sicurezza” aveva chiosato il ministro della Difesa.

Dunque con Sicral 3 l’Italia intende sottrarsi all’eventuale monopolio di Starlink nelle comunicazioni satellitare sicure?

La vera questione, come messo in luce anche dal titolare della Difesa, è che bisogna ragionare in ottica di integrazione, non di sostituzione.

IL COMMENTO DEL CESI

“Disporre di un sistema SatCom di proprietà e controllo nazionale risulta cruciale nel contesto di una crescente competizione nel dominio spaziale, in cui un crescente numero di attori nel medio termine potrebbe essere in grado di degradare o disabilitare tali assetti strategici”, ha spiegato l’analista del CeSI a Startmag aggiungendo che “la direzione intrapresa dall’Italia, pertanto, apre ad una fondamentale autonomia nazionale ed europea in grado di incrementare la sicurezza delle comunicazioni e la capacità di risposta a minacce cyber all’interno della Nato”.

“Tuttavia, – conclude Ferraguti del CeSi – in uno spazio sempre più congestionato, contestato e conteso, l’approccio nazionale non esclude la necessità di integrazione con sistemi esterni. In tale contesto, architetture come Starlink, basate su costellazioni in orbita bassa (LEO – Low Earth Orbit), possono rappresentare una componente complementare, utile a generare elevati livella di resilienza e ridondanza multilivello, nonché a soddisfare le crescenti esigenze in termini ampiezza di banda, soprattutto in conseguenza dell’incrementale ricorso a droni. La combinazione di tali capacità sarebbe infatti in grado di offrire una strutturata capacità satellitare, idonea a contrastare eventuali azioni di jamming e a garantire una continuità operativa last mile, prossima al campo di battaglia”.

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