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Bilancio Meloni

Decreto anti rave party: le tesi del governo, le critiche di alcuni giuristi

Cosa va e cosa non va nel decreto anti rave party. I fini del governo e i dubbi di avvocati e costituzionalisti

Polemiche a non finire sul decreto del governo contro i rave-party anche se il testo non delimita il provvedimento ai rave. E’ questo uno dei rilievi posti non solo dalle opposizioni ma anche da giuristi, avvocati e costituzionalisti.

Con una domanda che sorge anche dall’intervista odierna del titolare del Viminale che appunto precisa e rassicura: il decreto vale solo per i rave party.  Ma le interviste ai giornali sono fonti del diritto? E i magistrati, vista l’obbligatorietà dell’azione penale, devono contemplare le interpretazioni del Viminale fatte anche via giornali?

Ecco che cosa ha detto il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, il ministro Matteo Piantedosi e cosa sostengono giuristi e avvocati.

LE PAROLE DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, GIORGIA MELONI

“Le strumentalizzazioni sul diritto a manifestare lasciano il tempo che trovano, ma vorrei rassicurare tutti i cittadini, qualora ce ne fosse bisogno, che non negheremo a nessuno di esprimere il dissenso”. Cosi’ in un post su Facebook Giorgia Meloni, presidente del Consiglio: “A negarlo in passato, semmai – ha aggiunto Meloni – sono stati proprio coloro i quali oggi attaccano i provvedimenti del nostro esecutivo, difendendo di fatto chi invade terreni ed edifici altrui. Abbiamo dimostrato che se lo Stato c’è, può garantire ai cittadini di vivere in una Nazione più sicura e che anche in passato si sarebbero potuti arginare episodi simili”. “Ho letto diverse dichiarazioni da parte di esponenti dell’opposizione – ha scritto Meloni – in merito alle misure prese in Consiglio dei ministri sui cosiddetti rave party abusivi. Innanzitutto vorrei dire che è una norma che rivendico e di cui vado fiera perché l’Italia, dopo anni di governi che hanno chinato la testa di fronte all’illegalità, non sarà più maglia nera in tema di sicurezza”.

DECRETO ANTI RAVE PARTY, COSA DICE IL MINISTRO DELL’INTERNO

Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi stamattina aveva risposto a critiche e obiezioni in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera. Nella quale premette che «l’obiettivo di queste norme approvate dal Consiglio dei ministri è allinearci alla legislazione degli altri Paesi europei anche ai fini di dissuadere l’organizzazione di tali eventi che mettono in pericolo soprattutto gli stessi partecipanti — ricordo che a Modena si ballava in un capannone pericolante e si rischiava una strage — e finiscono per tenere in scacco intere zone, pregiudicando attività commerciali e viabilità. Dobbiamo garantire, in primo luogo, che i giovani possano divertirsi senza esporsi a pericoli per la loro incolumità e poi tutelare gli imprenditori che subiscono la concorrenza di chi agisce in spregio a qualsiasi regola».

Il responsabile del Viminale trova invece offensivo «attribuirci la volontà di intervenire in altri contesti, in cui si esercitano diritti costituzionalmente garantiti a cui la norma chiaramente non fa alcun riferimento. In ogni caso la conversione dei decreti si fa in Parlamento, non sui social. In quella sede ogni proposta sarà esaminata dal governo».

L’ANALISI DELLA GIURISTA AZZOLLINI

“Norma insidiosa, scritta male, in teoria applicabile a qualunque raduno che l’autorità pubblica reputi pericoloso a suo giudizio. Giudizio del tutto discrezionale, perché la norma non fornisce criteri per definire la pericolosità – ha scritto su Twitter la giurista Vitalba Azzollini – La norma serve a dare potere di sgombero. Oggi potrà essere sgomberata qualunque occupazione non autorizzata, pure quella del liceo, se l’autorità reputa ex ante, in modo discrezionale, che potrebbe risultare pericolosa”.

LE INTERCETTAZIONI POSSIBILI

A spiegare ieri che le intercettazioni (escluse dal governo secondo le ricostruzioni giornalistiche) sono comunque possibili è stato il presidente delle Camere Penali Gian Domenico Caiazzo. E per un motivo molto semplice: prevede una pena di sei anni. E l’ascolto delle comunicazioni è possibile per tutti i reati che prevedono una pena superiore ai cinque. Un’interpretazione fatta propria anche da Vittorio Manes, ordinario di diritto penale all’Università di Bologna, in un’intervista rilasciata oggi al Resto del Carlino: «Gli organizzatori di un rave non hanno mica il biglietto da visita. Così la caccia agli organizzatori potrebbe tradursi nell’ascolto anche di semplici partecipanti. Perché in caso di indagine chi promuove l’evento, chi lo supporta o chi partecipa – ammesso che sia così certo definire i singoli ruoli – lo si capisce solo alla fine, mica all’inizio».

I COMMENTI DI MANES E CAIAZZA

Manes spiega che il nuovo art. 434-bis «consiste nell’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, commessa da un numero di persone superiore a cinquanta, allo scopo di organizzare un raduno, “quando dallo stesso può derivare un pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica“. È una previsione estremamente generica e quindi scivolosa. Perché a nessuno sfugge che, sulla base di un presupposto di pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica, ogni adunanza di più di 50 persone su terreni o edifici altrui pubblici e privati potrebbe ricadere nel reato previsto dal decreto. Anche riunioni non autorizzate a carattere politico, educativo o sportivo, tanto per fare degli esempi».

IL PARERE DI FLICK SUL DECRETO ANTI RAVE

Anche l’ex presidente della Corte Costituzionale Giovanni Maria Flick – sottolinea Open – attacca la norma Meloni-Piantedosi. «A quanto ricordo – dice l’ex Guardasigilli oggi a Repubblica – la Costituzione parla di limitazioni “soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica” mentre non fa cenno a pericoli per l’ordine o per la salute pubblica. Andrebbe subito verificata la costituzionalità di questa estensione dei limiti». Flick critica infine l’approccio verso i giovani: «Mi sembra pericolosa l’idea di combattere il loro disagio con strumenti di carattere penale e con sanzioni che appaiono molto pesanti e con un nuovo reato, quando sono più che sufficienti quelli che già esistono».

LE TESI DEL COSTITUZIONALISTA AZZARITI

Gli stessi argomenti li solleva Gaetano Azzariti, costituzionalista della Sapienza: «C’è una stretta e un controllo sugli individui che si può dedurre dalla possibilità di intercettare tutti, anche i minori. A dispetto delle rassicurazioni di esponenti del governo, i pm potranno mettere sotto controllo i telefoni di moltissime persone, pur giovanissime, senza che abbiano commesso alcun reato. Senza neppure poter escludere quelli di politici o sindacalisti che organizzano raduni ritenuti pericolosi». Il professor Manes invece punta il dito su un altro punto dirimente: «Scatta un raduno, arriva la polizia, identifica organizzatori e partecipanti e li denuncia all’autorità giudiziaria. A quel punto la legge deve fare il suo corso. In quale palasport o stadio facciamo il processo?».

LE CRITICHE DEL PROFESSOR PADOVANI

“La norma comincia con una definizione, come fanno i vocabolari”, ha commentato in una conversazione con Il Foglio Tullio Padovani, docente emerito di Diritto penale alla Scuola superiore Sant’Anna di Pisa:  “Il testo, però, stabilisce soltanto che il reato sussiste quando c’è l’invasione di un terreno o di un edificio altrui, e quando ci sono almeno 50 persone. Non viene detto nulla di quando si realizza un pericolo per l’ordine pubblico o per l’incolumità pubblica o per la salute pubblica, che restano nozioni vaghe, vaghissime. In altre parole, viene ripetuto l’oggetto da definire, attraverso un meccanismo tautologico. O è una presa in giro o è un caso di assoluto analfabetismo legislativo”.  “Siamo di fronte a concetti che non sono definiti da nessuna parte, a fattispecie che quindi saranno riempiti ex post dall’interprete”, aggiunge Padovani. E proprio per la sua vaghezza, la norma potrà tranquillamente essere applicata anche ai casi di occupazione di edifici scolastici e universitari”.

IL COMMENTO DEL GIURISTA GUZZETTA

Provvedimento illiberale e incostituzionale? Risponde no il giurista Giovanni Guzzetta in una intervista al quotidiano Il Giornale: “Questa materia è disciplinata dalla Costituzione. L’art. 17 garantisce la libertà di riunirsi e prevede che la riunione sia tutelata entro certi limiti. Il testo dell’articolo 5 del decreto-legge 162 del 2022 pone come condizioni per la sanzione penale proprio il pericolo per salute pubblica, l’ordine pubblico e dell’incolumità pubblica. Dal punto di vista dei presupposti, dunque, siamo perfettamente nei confini consentiti dalla Costituzione. È, poi, una scelta politica del legislatore stabilire che tipo di sanzioni prevedere, ma certo non si può dire che si tratti di una norma illiberale perché rientra perfettamente nella cornice della Costituzione. La Carta, poi, prevede un obbligo di preavviso per riunioni di questo genere, come nel caso dei rave party che avvengono senza preavviso con le occupazioni di proprietà altrui”.

E’ vero che questa norma punirebbe le occupazioni scolastiche? Dice Guzzetta: «Premettendo che le occupazioni scolastiche non sono un diritto costituzionale, la definizione della fattispecie del decreto-legge mi sembra molto rigorosa. La norma parla di raduni arbitrari e pericolosi per l’incolumità, la sicurezza e la salute pubblica. Penso che questo sia il confine. Dunque, quando si applica, tutto dipende da questi limiti. Insomma, se l’occupazione di una scuola non minaccia l’incolumità, la sicurezza e la salute pubblica questa norma non si applica. Inoltre stabilire una sanzione di tipo penale significa assicurare che questa valutazione sia rimessa a un giudice. Si va, quindi, addirittura oltre la Costituzione perché la Carta prevede che questi eventi possano essere vietati dalle autorità di pubblica sicurezza. Qui il vaglio spetta al giudice».

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