Il finanziere Andrea Pignataro, numero uno del gruppo Ion articolato in società con sedi in svariati Paesi esteri, fa un accordo con il fisco e sbrocca contro il sistema Italia.
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PIGNATARO FA PACE COL FISCO
Si è risolto con un’intesa transattiva il contenzioso tra Andrea Pignataro, fondatore e presidente del gruppo Ion, con l’Agenzia delle Entrate per i periodi d’imposta 2013 e 2023, nei quali era stato contestata all’imprenditore la residenza all’estero. Andrea Pignataro, secondo le stime di Forbes il secondo uomo più ricco d’Italia dopo Giovanni Ferrero, ha raggiunto un accordo con l’Agenzia delle Entrate e verserà al fisco 280 milioni. La contestazione iniziale, con sanzioni e interessi, ammontava a 1,2 miliardi, ha scritto il quotidiano bolognese (Pignataro è nato a Bologna) Il Resto del Carlino.
COSA DICONO I LEGALI DI PIGNATARO SULL’ACCORDO TRANSATTIVO
Nel pomeriggio, una nota dello studio legale e tributario Facchini Rossi Michelutti, conferma il raggiungimento dell’intesa tra Pignataro e il Fisco, ma senza precisare alcuna cifra. «In data 29 maggio 2025, l’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Bologna – si legge nella nota – ha formalizzato la conclusione dell’accertamento avviato nei confronti di Andrea Pignataro, fondatore e presidente del gruppo ION, relativo ai periodi d’imposta compresi tra il 2013 e il 2023. L’intesa raggiunta ha consentito di evitare l’insorgere di un lungo e complesso contenzioso giudiziario». «L’accordo non implica alcun riconoscimento, né esplicito né implicito, di colpevolezza o evasione, bensì riflette una soluzione transattiva ispirata ai principi di buona fede e collaborazione istituzionale» si sottolinea.
LA VERIFICA DELLA GUARDIA DI FINANZA
Il procedimento – riassume la nota dei legali di Pignataro – prendeva le mosse da una verifica della Guardia di Finanza, che ipotizzava una residenza fiscale in Italia per il periodo 2013–2023, nonostante Pignataro vivesse stabilmente prima a Londra e poi in Svizzera da oltre trent’anni con il centro degli interessi economici all’estero.
LE QUESTIONI INTERPRETATIVE
Numerose pronunce della Corte di Cassazione e della giurisprudenza europea confermano la prevalenza degli interessi economici — e non familiari — nella determinazione del domicilio fiscale, ha sottolineato il Sole 24 ore: “La stessa Agenzia delle Entrate, con circolare n. 20/2024, ha riconosciuto che la normativa previgente conteneva “obiettive incertezze interpretative””.
IL NODO DEL PROBLEMA SECONDO REPUBBLICA
Nato e cresciuto a Bologna, poi a Londra a lavorare per Goldman Sachs, Pignataro, che compie 55 anni domani, ha creato in un paio di decenni un vero impero della finanza, puntando sull’elaborazione dei dati grazie alle nuove tecnologie (qui e qui alcuni dei più recenti approfondimenti di Start Magazine). La sua Ion ha sede in Irlanda ed è controllata da una finanziaria, la Bessel, che si trova invece in Lussemburgo, mentre lui ha la residenza in Svizzera, ha rimarcato il quotidiano La Repubblica: “Ma proprio questo è uno dei temi che ha spinto la magistratura ad aprire un fascicolo su di lui, ipotizzando un’evasione fiscale dal 2013 al 2023 e sostenendo che la residenza effettiva di Pignataro fosse in Italia e non all’estero. In Italia, in effetti, c’è la sua famiglia, mentre lui afferma di aver vissuto negli ultimi trent’anni tra la Gran Bretagna e la Svizzera, dove sono anche i suoi interessi economici. In particolare, secondo il finanziere, quasi tutto il contenzioso riguardava «una ristrutturazione interna, pienamente contabilizzata, pienamente trasparente» della Ion che si è scontrata con la normativa italiana sulle “Controlled Foreign Companies”, ossia le società estere controllate da soggetti italiani. Dal 2021 questa normativa riclassifica gli utili delle società come reddito personale dell’azionista. Un’interpretazione che, secondo Pignataro, contrasta con i criteri Ue”.
PIGNATARO SBROCCA
“Lo stesso Pignataro coglie la – cara– occasione per dire la sua sul sistema tributario italiano”, chiosa Repubblica: «Il vero costo non è ciò che ho pagato, ma negli investimenti che non arrivano, nelle startup che si trasferiscono all’estero, nei professionisti che perdono fiducia nel sistema. È lì che risiede il danno economico». E, ancora, attacca «l’attuale sistema italiano che disincentiva gli investimenti, rallenta la crescita e mina la fiducia nelle istituzioni. È essenziale un passaggio da un modello punitivo a uno collaborativo».
Adesso la maxi-transazione, che però offre anche un maxi-sconto rispetto a quanto chiesto inizialmente. E su questo aspetto il finanziere insiste: «Se paghi meno di 20 centesimi per euro e la controparte riconosce formalmente la complessità e l’assenza di illeciti, hai colmato un divario interpretativo». «Se questa risoluzione può contribuire a innescare una riforma – dice ancora Pignataro – allora avrà avuto uno scopo. L’Italia ha tutto ciò che serve per essere leader; il talento, l’infrastruttura e la forza creativa. Ma ha bisogno di una cultura fiscale e giuridica all’altezza del suo potenziale. Senza questo, il capitale andrà altrove. Il talento lo seguirà. E il sistema produttivo si sgretolerà dall’alto verso il basso».