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Tutti gli affari di Ion di Pignataro (picchiato dal Messaggero di Caltagirone)

Le ultime mosse finanziarie e societarie del gruppo Ion di Pignataro e il ruvido articolo del quotidiano Il Messaggero della famiglia Caltagirone. L'articolo di Emanuela Rossi.

 

Non sono proprio parole tenere quelle che qualche settimana fa Il Messaggero ha dedicato ad Andrea Pignataro, il finanziere bolognese che vive e lavora a Londra e che punterebbe ad entrare nell’azionariato di Cassa di Volterra e di Prelios. Strade accidentate, soprattutto quella che porta alla cittadina toscana, secondo il quotidiano romano.

Va ricordato che negli ultimi anni Ion ha investito in Italia circa 5 miliardi, partendo da Cedacri per poi passare a Cerved e a List.

Sul fronte bancario si segnala lo shopping in Illimity Bank (per una partecipazione del 9,8%) di Corrado Passera e l’acquisto del 2% del capitale di Montepaschi nel corso dell’ultimo aumento da 2,5 miliardi.

L’AFFAIRE CON CASSA DI VOLTERRA

Secondo quanto ricostruito dal Messaggero, le banche italiane si sarebbero messe a indagare su Pignataro e sulla provenienza delle sue risorse. A metterle in guardia anche lo stop – arrivato dalla Bce – al processo autorizzativo per acquistare una partecipazione qualificata nella Cassa di Volterra, istituto fondato nel 1893 che ha oltre 60 sportelli diffusi nelle province di Pisa, Livorno, Grosseto, Lucca, Siena, Firenze. Dubbi, però, erano arrivati anche dopo che Intesa Sanpaolo, Unicredit e Banco Bpm avevano giudicato “non bancabili” le condizioni per avere il prestito proprio per andare all’assalto dell’istituto di credito toscano.

Pare infatti, secondo la ricostruzione del quotidiano della famiglia Caltagirone, che Pignataro abbia chiesto un pricing del 5%, flessibilità sui covenants (rapporto debito netto/ebitda) e 500 milioni sui 700 della tranche a medio termine con rimborso alla scadenza mentre 80 milioni sarebbero stati in una linea di conto corrente.

LE RICERCHE SU PIGNATARO

Secondo Il Messaggero ecco dunque che i banchieri italiani “hanno chiesto ragguagli a un collega estero vicino a Pignataro, dal quale è giunto un set di informazioni che hanno consentito di avere un quadro preciso sulle abitudini e sulle condizioni di un personaggio particolarmente schivo (forse troppo) che in pochissimo tempo ha costruito una fortuna”. La ricostruzione citata dal giornale romano è stata in realtà effettuata da MoltoEconomia, magazine edito dalla stessa testata: ne emergerebbe che il 90% delle società che fanno capo al finanziere bolognese è domiciliata all’estero: Ion Investment è la holding capogruppo basata in Irlanda; controlla quattro subholding, anch’esse irlandesi, e da questa catena vengono gestite le partecipazioni.

Inoltre sopra Ion ci sarebbero alcune scatole – non più di 5 – con sedi alle Cayman. Peraltro delle società di Pignataro non si conoscono bilanci consolidati e neppure strutture societarie organiche e ordinate. Per quanto riguarda la governance, il finanziere risulta solo consigliere in Macron, un gruppo di Bologna che produce e vende nel mondo divise sportive per club professionistici dal calcio al rugby e al quale fanno capo una quarantina di società. Ad allarmare le banche anche il notevole carico di debiti, di quasi 13 miliardi, a fronte di un attivo più o meno della stessa cifra e di un Ebitda di circa 2 miliardi.

L’AFFAIRE CON PRELIOS

Nel frattempo proseguono le interlocuzioni con Prelios, gruppo attivo nell’immobiliare, presieduto da Fabrizio Palenzona. “Siamo a buon punto. Siamo ottimisti e speriamo di entrare presto nel futuro insieme al gruppo Ion. Quanto alla tempistica comandano gli azionisti ma io spero di chiudere entro l’estate. Prevedo e faccio il tifo perché succeda” ha detto di recente Palenzona commentando l’accelerazione delle trattative con Ion che ha già effettuato la due diligence. Scaduta però l’esclusiva.

Le parole del presidente della Fondazione Crt sarebbero confermate anche da indiscrezioni giornalistiche. Secondo quanto risulta a Mf, infatti, Ion sarebbe molto vicino a un accordo con le banche per un finanziamento di circa 700 milioni. Un’intesa di massima sarebbe già stata raggiunta con la maggior parte degli istituti coinvolti, a partire da Unicredit e Banco Bpm, ma del gruppo farebbero parte anche l’americana Jp Morgan, la spagnola Santander e la francese Bnp Paribas. Sempre secondo il quotidiano del gruppo Class editori, ci sarebbe un’altra grande banca italiana pronta ad entrare nel pool che sostiene l’operazione.

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