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Giorgetti

Vi racconto le bizzarrie politiche frutto del Coronavirus

La politica al tempo del Coronavirus secondo il notista politico Francesco Damato

Quel cartello di chiusura affisso da Emilio Giannelli in bacheca sulla prima pagina del Corriere della Sera non è la resa della satira al coronavirus e ai suoi effetti sanitari, politici, sociali, culturali, economici e quant’altro. È forse, a suo modo, un grido di sollievo, liberatorio, una specie di vaffa di memoria grillina per la piega presa dalle cose a dispetto del mostriciattolo che ci aveva dichiarato guerra e rischia adesso di morire di fame, come l’ha immaginato, scheletrito e infuriato, in prima pagina Il Foglio.

Il malvagio ci ha inferto delle perdite, d’accordo, ed altre probabilmente ce ne procurerà, fuori e dentro i nostri confini. Che Matteo Salvini peraltro ha finito di presidiare con la sua fantasia per la rinuncia volontaria dei disperati a sbarcare sulle coste italiane, diventate troppo pericolose. Ma il mostriciattolo ci ha anche fatto in qualche modo rinsavire e riformato il dizionario: almeno quello dei luoghi comuni. Pensate un po’, per esempio, alla rivalutazione improvvisa del lavaggio delle mani sputtanato — scusate la parolaccia — più di duemila anni fa da quel pirla di Ponzio Pilato alle prese con l’innocente Gesù e con la solita folla inferocita. Adesso levarsi le mani, e bene, è diventato bellissimo e sanissimo. Lo stanno capendo anche i sozzoni.

La “cattiveria” di giornata del Fatto Quotidiano è esilarante su come sia cambiato il mondo così rapidamente, visto che “fino a pochi giorni fa era la gente a gridare ai politici di andare a casa”. Ora accade il contrario. Ciò fa un po’ il paio con i funerali allegramente autocelebrati, in privato e senza gli assembramenti vietati dalle ordinanze fresche di stampa, dalle Sardine, con la maiuscola, che “non esistono più” dopo avere usato e abusato per mesi delle piazze. Lo hanno annunciato in un libro gli stessi promotori delle adunate.

Alla “cattiveria” del giornale così caro e seguito dai grillini, anche quando vengono bastonati perché non si allineano presto a consigli, direttive e quant’altro diramate nei momenti cruciali da chi li vorrebbe più furbi o meno sprovveduti, è in fondo riconducibile anche un’osservazione suggerita sulla Stampa a Mattia Feltri da uno sfogo televisivo del vice ministro pentastellato Stefano Buffagni. Che alla faccia della democrazia diretta e di Rousseau si è lasciato scappare che “il popolo si può dimostrare irresponsabile” e quindi “meritarsi misure drastiche”.

Peccato tuttavia che l’esercizio altamente filosofico e apprezzabile della “cattiveria” di giornata sia stato ignorato, anzi contraddetto, sulla stessa prima pagina di quel giornale dal direttore Marco Travaglio, furente per il credito che va guadagnando anche nel presidente del Consiglio Giuseppe Conte, da lui stimatissimo, l’idea di un commissario o, peggio ancora, supercommissario all’emergenza del coronavirus. Che risponderebbe alla logica dell’”uomo forte”, e per giunta anche indegno, vista la repulsione che Travaglio ha mostrato per i nomi che scorrono più frequentemente, a questo proposito, nelle cronache o retroscena. Sarebbe tutta roba da “craxismo di ritorno”, ha scritto l’uomo, credo, più ossessionato nel mondo dal ricordo di un ex presidente del Consiglio italiano morto ormai più di vent’anni fa.

 

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