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Vi racconto il farlocco caso politico Fedez-Rai

Il tema non è la libertà d’espressione, ma la faziosità e l’assenza di contraddittorio dei contesti in cui viene permesso loro di farlo. L'opinione di Federico Punzi, direttore di Atlantico quotidiano

 

Difficile ricordare una polemica così paradossale e piena di cortocircuiti come quella sul monologo di Fedez al concertone del Primo Maggio trasmesso sabato da Raitre. Al contrario delle apparenze, il ‘caso Fedez’ non c’entra, se non marginalmente, con la libertà d’espressione, e l’oggetto del contendere, lo spunto per il suo monologo, la proposta di legge Zan, solo marginalmente riguarda e sanziona l’omofobia, mentre a ben vedere tocca proprio la libertà d’espressione. E altro che censura, l’unica dirigente Rai a parlare con Fedez nella telefonata incriminata ha dato di fatto il via libera all’attacco del cantante alla Lega.

(TUTTE LE ELEGIE PRO FEDEZ)

Ma cerchiamo di districarci tra i diversi piani di lettura e le diverse strumentalizzazioni.

Il piano “mediatico”. La libertà d’espressione dell’artista non c’entra nulla con quanto accaduto e denunciato da Fedez. E come vedremo c’entra solo marginalmente la Rai, che però non a caso finisce puntualmente al centro delle stesse polemiche. Qui il tema non è la libertà d’espressione, perché ciò che si rimprovera alla Rai non è che Fedez o altri esprimano il proprio pensiero, ma la faziosità e l’assenza di contraddittorio dei contesti in cui viene permesso loro di farlo, mettendo di fatto il “servizio pubblico” al servizio di una parte politica, sempre la stessa.

Accade troppo spesso che spettacoli e manifestazioni di carattere culturale e artistico finiscano per diventare tribune per comizi politici o prediche moralisteggianti dell’artista del momento, che a volte finiscono per oscurare l’evento stesso, aggirando quel minimo di contraddittorio che anche i faziosi talk show e infotainment della Rai sono chiamati a garantire.

(FEDEZ, LE FURBE BIRICHINATE E LE CENSURE FARLOCCHE)

Questo è il punto: mentre un editore privato può essere fazioso quanto vuole (nei programmi e nei momenti che non ricadono sotto la legge “par condicio”), essendo la Rai una tv pubblica, pagata con i soldi di tutti i contribuenti, dei più disparati orientamenti politici e culturali, ci si aspetta che non sia mai consentito un uso fazioso del servizio pubblico.

Ma c’è un altro “equivoco” in questa vicenda, alimentato ad arte da Fedez per passare da vittima di una censura Rai. Grazie al quotidiano Domani, conosciamo meglio com’è organizzato il concertone del Primo Maggio. La Rai paga una somma che si aggira intorno ai 500 mila euro per i diritti di trasmissione dell’evento. Ma la scelta dei contenuti del concerto, da quando è stato costituito il Consorzio Primo Maggio, è di un direttore artistico: quest’anno Massimo Bonelli, ceo della società iCompany, che si occupa dell’organizzazione dello spettacolo dal 2015. Se quello denunciato da Fedez fosse stato un tentativo di censura, sarebbe da imputare alla società iCompany, non alla Rai. E lo si evince anche dall’integrale della telefonata diffusa dal cantante come prova delle pressioni ricevute.

(TUTTI I GRILLI POLITICI DI FEDEZ)

A pronunciare l’infelice espressione “adeguarsi al sistema”, a cui Fedez si è attaccato per passare da vittima di censura, è Massimo Cinque, capo progetto di iCompany, così come è della società produttrice la richiesta di visione preventiva del testo che il rapper avrebbe letto sul palco, mentre l’unico dirigente Rai a parlare con il cantante, la vicedirettrice di Raitre Ilaria Capitani, interviene proprio per evitare che si potesse accusare l’azienda di Viale Mazzini di volerlo censurare. Ma questa parte della conversazione l’astuto Fedez l’ha tagliata dal video che ha diffuso sui social:

“La Rai non ha proprio alcuna censura da fare. Nel senso che… la Rai fa un acquisto di diritti e ripresa, quindi la Rai non è responsabile né della sua presenza, ci mancherebbe altro, né di quello che lei dirà […]”. “Ci tengo a sottolinearle che la Rainon ha assolutamente una censura, ok? Non è questo […] Dopodiché io ritengo inopportuno il contesto, ma questa è una cosa sua”.

Dunque, non solo il furbetto Fedez ha registrato e divulgato a milioni di persone una telefonata privata senza il consenso degli interlocutori – già di per sé una condotta discutibile anche sotto il profilo legale – ma ha anche tagliuzzato il suo video, evidentemente premeditato, in modo che il tentativo di censura apparisse opera dei dirigenti Rai e non, semmai, di iCompany. Insomma, paradosso nel paradosso: in tutta questa vicenda, alla fine, l’unico censore è proprio la presunta vittima della quasi-censura.

Ma capite bene che un conto è passare da vittima di una censura Rai, altra cosa della iCompany

(ICOMPANY, ECCO SEGRETI E AFFARI DELLA SOCIETA’ CHE CURA IL CONCERTONE)

L’accusa di Fedez alla Rai, almeno da ciò che si evince dalla telefonata diffusa, appare quindi infondata. Ciò che rimproveriamo alla Capitani e ai dirigenti Rai è, al contrario, di non aver fatto tutto il possibile per impedirgli di approfittare dei mezzi del servizio pubblico per un attacco politico e personale senza contraddittorio.

In questo caso, inoltre, la presunta censura si sarebbe consumata tutta a sinistra: di sinistra il cantante censurato, di sinistra i presunti censori. Ma se il monologo preparato da Fedez era apparso inopportuno non a qualche cattivone leghista o fascistone meloniano, ma agli stessi organizzatori (non certo di destra) del concertone e ai dirigenti Rai in quota Pd, forse qualche domanda dovrebbe porsela.

(TUTTE LE ELEGIE PRO FEDEZ)

È pieno diritto degli organizzatori, se ci sono monologhi dei cantanti che esulano il contenuto “artistico” del loro contributo alla manifestazione, conoscerne i testi, se non altro per tutelarsi da possibili azioni legali. Questo è “il sistema”…

Non è inusuale in questo genere di eventi che gli artisti vogliano esprimere una loro vicinanza, sostenere una causa politica o sociale, con una t-shirt, una canzone, o anche una battuta, uno slogan. Ma ciò che ha fatto Fedez è quantitativamente e qualitativamente molto diverso, tanto da essere giudicato inopportuno da dirigenti a lui politicamente affini. Non si è limitato a dichiarare e motivare il suo sostegno al ddl Zan, si è scagliato contro un partito, contro alcuni esponenti politici citati per nome e cognome, senza contraddittorio, senza che nessuno di questi potesse replicare di fronte allo stesso pubblico a cui si stava rivolgendo. Particolarmente violento, populista, e fuori tema, l’attacco a Roberto Formigoni sul reintegro del “vitalizio” (che poi vitalizio non è, ma trattamento previdenziale), inattaccabile in punta di diritto.

(FEDEZ, LE FURBE BIRICHINATE E LE CENSURE FARLOCCHE)

C’è una differenza sostanziale tra i social e una manifestazione trasmessa dalla Rai. Su Twitter Fedez raggiunge un pubblico “suo”, i suoi follower, un seguito che ha grazie alle sue capacità, mentre quello del concertone del Primo Maggio è un pubblico che ha potuto raggiungere grazie agli organizzatori e grazie, soprattutto, ai mezzi Rai, pagati da tutti i contribuenti, cioè anche dai cittadini che la pensano diversamente da lui, e dalle persone che lui ha ferocemente attaccato e che in quella sede non avevano l’opportunità di difendersi. Fedez ha usato la Rai come se fosse la sua pagina Facebook e grazie all’autolesionismo dei dirigenti Rai è riuscito persino a passare per imbavagliato…

(TUTTI I GRILLI POLITICI DI FEDEZ)

Ci sta che un artista voglia sostenere una campagna politica con un gesto, con uno slogan, anche fuori contesto, proprio in una accezione ampia della libertà d’espressione, ma un comizio per attaccare un partito e singole persone è cosa assai diversa, intollerabile in un format senza contraddittorio. Ecco cosa si intende per “contesto” e che i dirigenti iCompany e Rai nella telefonata non hanno saputo spiegargli.

(ICOMPANY, ECCO SEGRETI E AFFARI DELLA SOCIETA’ CHE CURA IL CONCERTONE)

(Estratto di un articolo pubblicato su atlanticoquotidiano.it)

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