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Mattarella

Vi racconto i ceffoni di Mattarella ai pacifisti che putineggiano sull’Ucraina

I Graffi di Damato

 

Il presidente della Repubblica è sbottato di fronte all’osceno contrasto  -permettetemi di dirlo – fra le orribili immagini della guerra in Ucraina, specie le ultime provenienti da quella che Repubblica ha giustamente chiamato nel titolo di copertina la “catacomba” di Mariupol, e il pacifismo indifferente di settori anche della maggioranza, insofferenti alla linea del governo fortemente atlantista e di sostegno al Paese aggredito dalle truppe russe.

In particolare, Sergio Mattarella ha colto la preziosa occasione offertagli dall’incontro al Quirinale con i vertici militari e le associazioni partigiane, combattentistiche e d’arma per celebrare il settantasettesimo anniversario della liberazione dell’Italia dall’occupazione nazifascista paragonando, praticamente, la Resistenza di allora a quella dell’Ucraina di questa terribile stagione di ferro e di fuoco provocata dalla Russia. Che il capo dello Stato ha nominato senza voler citare personalmente Putin, consapevole evidentemente pure lui -come dice in questi giorni il presidente uscente e probabilmente rientrante della Repubblica di Francia Emmanuel Macron– che col capo del Cremlino si dovrà pur trattare la fine della guerra così ostinatamente e rovinosamente voluta e condotta. Un Putin, tuttavia, che lo stesso Macron, in una intervista pubblicata ieri dal Corriere della Sera, ha rivelato di avere reagito ridendo – ripeto, ridendo – ai crimini di guerra che lui gli contestava nelle frequenti telefonate scambiatesi dopo l’incontro al Cremlino, attorno a quel lunghissimo tavolo quasi indicativo delle loro distanze anche politiche.

Pure a quelle risate beffarde Mattarella ha voluto forse rispondere ricordando nel suo intervento al Quirinale che la pace giustamente da tutti auspicata e perseguita non può e non deve identificarsi con “la resa alla prepotenza”. Per cui è giusto aiutare gli ucraini nella loro eroica difesa, come sta facendo anche il governo italiano. Alla cui azione il presidente ha applaudito fisicamente a conclusione del discorso del ministro della Difesa Lorenzo Guerini. Un’azione che il presidente del Consiglio Mario Draghi concretizzerà, al termine dell’isolamento impostogli nella sua casa umbra dal contagio virale, in una visita a Kiev. E pazienza se Mattei Salvini, peraltro contestato quando ha cercato di affacciarsi all’Ucraina dalla Polonia, e Giuseppe Conte storceranno il muso con i loro no o però, parlamentari e di piazza, alla linea di “oltranzismo atlantico”, come la definisce in particolare il presidente del MoVimento 5 Stelle. Che questa volta può contare sull’appoggio pieno, non sfottente e battutistico, del “garante”, fondatore e quant’altro Beppe Grillo, sceso a Roma nei giorni scorsi anche per ragioni di cassa, diciamo così. In particolare, egli vuole fare contribuire l’ormai quasi partito presieduto da Conte o accollargli del tutto il mantenimento del blog personale, che costa attualmente al comico genovese non meno di duecentomila euro l’anno. Ognuno evidentemente ha la sua “liberazione” da perseguire.

Ma torniamo all’intervento del capo dello Stato, e delle Forze Armate, per sottolinearne la conclusione contrassegnata da un accorato appello a “praticare il coraggio di una de-escalation della violenza, il coraggio di interrompere le ostilità, il coraggio di ritirare le forze di invasione, il coraggio di ricostruire”. Il coraggio che purtroppo non hanno avuto di mettere in prima pagina la notizia del discorso del presidente della Repubblica giornali come il Corriere della Sera, Il Fatto Quotidiano naturalmente, Il Giornale della famiglia Berlusconi meno naturalmente, Libero, la Verità, il Tempo, la Gazzetta del Mezzogiorno, Domani e il Riformista, che pure ha aperto con un editoriale del suo direttore sui rapporti fra resistenza e pacifismo.

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