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Come si muovono Usa, Cina, Russia e Ue al tempo del Coronavirus

Chi sta vincendo e chi sta perdendo nella guerra informativa tra Usa e Cina. L'analisi di Giuseppe Gagliano

Il 15 gennaio 2020, gli Stati Uniti e la Cina hanno firmato un accordo commerciale “fase 1” dopo mesi di tensioni commerciali caratterizzate da aumenti tariffari da entrambe le parti. Alla fine di questo accordo, al fine di ridurre il deficit commerciale degli Stati Uniti, la Cina si è impegnata ad aumentare le proprie importazioni di prodotti americani in due anni di circa 200 miliardi rispetto al 2017.

In effetti, all’alba del suo primo mandato, il presidente americano aveva fatto della lotta contro la concorrenza sleale della Cina il suo cavallo di battaglia. Ha denunciato in particolare il furto di segreti industriali da parte dei cinesi, sussidi statali a società nazionali e industriali americani che hanno preferito trasferirsi. Le barriere commerciali erano quindi una risposta adeguata al riequilibrio della bilancia commerciale tra i due paesi perché avrebbero consentito una rivitalizzazione dell’industria americana. Era chiaro che dopo 19 mesi di offensiva doganale il risultato sarebbe stato piuttosto misto. Mentre un’azienda come Apple ha promesso investimenti da cento milioni di dollari per produrre computer in Texas, l’occupazione nel settore manifatturiero è rimasta stabile negli Stati Uniti e la tendenza non può essere invertita rapidamente quando sappiamo che qualsiasi decisione di investimento richiede tempo per tradursi in posti di lavoro reali.

D’altra parte, questa guerra commerciale ha causato un marcato rallentamento del commercio bilaterale. Il commercio è diminuito nel 2019 dell’8,5%. L’eccedenza commerciale della Cina è scesa a 296 miliardi di dollari (265 miliardi di euro), dai 323 miliardi di dollari del 2018 (290 miliardi di euro). La Cina ha scelto strategicamente di circoscrivere lo scontro intorno alle vendite legate alle aree rurali americane e quindi alle questioni per la rielezione di Donald Trump.

La domanda che potremmo porci è se stiamo andando verso la fine duratura della crisi tra Stati Uniti e Cina con questo accordo, dato che ci sono così tanti argomenti di contesa. Anche se questo accordo dovesse risolvere la questione commerciale, cosa di cui possiamo dubitare, ci sono ancora molti punti critici, in particolare per quanto riguarda i trasferimenti di tecnologia e la proprietà intellettuale. L’accordo firmato con la Cina fa quindi parte di una strategia politica ed elettorale, in una logica di pre-campagna per la sua rielezione alla presidenza degli Stati Uniti il prossimo novembre. Donald Trump lo ha definito anche come “l’affare del secolo”, considerandolo un successo politico tendente a dimostrare che la guerra commerciale ha funzionato, dal suo punto di vista, e che la Cina si è piegata.

Quando in un articolo della Bbc del 3 gennaio 2020 si menziona l’esistenza di un “virus misterioso” e 44 casi di persone colpite, tra cui 11 gravi, la Bbc era ben lungi dall’immaginare che il mondo avrebbe dovuto affrontare i mesi seguenti una delle crisi sanitarie più gravi della storia. Questi primi casi hanno avuto origine a Wuhan, una città di 11 milioni di persone, situata nella provincia di Hubei (Cina). Pechino ha esplicitamente confermato che il virus si sarebbe sviluppato in un mercato a Wuhan vera e propria culla dell’epidemia. Il direttore del Center for Disease Control and Prevention, Gao Fu, ha dichiarato: “Ora sappiamo che gli animali vivi venduti in un mercato ittico sono la fonte del virus”, sebbene ci siano prove crescenti che il primo caso risalirebbe addirittura al novembre del 2019.

Tre mesi dopo, quando la Cina registra oltre 80.000 infezioni e oltre 3.200 decessi, la posizione di Pechino cambia sull’origine del virus e viene proposta la tesi della cospirazione. Zhao Li Jian, portavoce della diplomazia cinese, pubblicherà su Twitter una dichiarazione esplicita :”È possibile che sia stato l’esercito americano a portare l’epidemia a Wuhan”, “Gli Stati Uniti ci devono una spiegazione”, ha sottolineato. Per consolidare la sua tesi, farà affidamento a due articoli di Global Research, un sito web noto per le sue tesi sulla cospirazione.

Come capire questo svolta di Pechino? Qual è il vero interesse di questa nuova strategia di informazione nella guerra economica che lo ha opposto al potere americano per molti mesi? Va detto che a livello di politica interna le autorità cinesi hanno dovuto affrontare una sfida abbastanza violenta, in particolare sui social network, relativamente al modo in cui è stata gestita questa crisi sanitaria. In particolare, sono stati accusati di aver voluto creare una sorta di blackout attorno alla malattia, arrestando e incarcerando il medico Li Wen Liang che aveva rivelato l’esistenza del nuovo coronavirus. D’altra parte, in preda a una contrazione della sua crescita a seguito delle misure tariffarie imposte dagli Stati Uniti nel quadro della guerra commerciale che si è opposta per mesi, il partito comunista ha fatto ricorso alla propaganda per compattare la popolazione designando negli Usa il nemico esterno che avrebbe avuto interesse a farla crollare.

Dall’altra parte sia i commenti del senatore repubblicano Tom Cotton — che indicano la mancanza di trasparenza della Cina e la possibilità che il virus provenga da un laboratorio di ricerca dell’esercito cinese — sia il fatto che il 19 marzo 2020 Trump ha accusato esplicitamente le autorità di Pechino di aver messo il mondo in una situazione sanitaria critica a causa della mancanza di comunicazione sull’epidemia dal suo inizio hanno contribuito ad accrescere le relazioni sino-americane. Ma ecco la svolta cinese nel contesto della Guerra informativa: la Cina con grande abilità da piromane si è trasformato in pompiere.

Pechino ha posto in essere la diplomazia dell’aiuto umanitario su scala globale, promuovendo così una differenza di approccio tra Pechino e Washington da applicare in relazione a questa pandemia. Ai primi di marzo, la Cina ha inviato consulenti e inviato attrezzature, maschere e respiratori in Italia, Spagna, Iran, mentre Donald Trump ha annunciato quasi contemporaneamente la chiusura dei confini degli Usa ai viaggiatori dall’Europa.

Per il momento stiamo assistendo da parte americana ad una certa improvvisazione ed ingenuità nel modo di affrontare l’emergenza sanitaria e la guerra informativa con la Cina, che contrasta con l’immagine di un’America di Trump che sarebbe molto forte, che è la prima in tutto, che è pronta ad affrontare tutto.

Sia Pechino sia la Russia stanno sfruttando abilmente questa drammatica situazione a livello globale per consolidare la loro immagine, stanno cioè praticando una sofistica politica di soft power nella eccezione del politologo Nye, vincendo per alcuni esperti la guerra informativa non solo con gli Stati Uniti ma anche con l’Ue che è attraversata dalle consuete rivalità geopolitiche, rivalità che la rendono incapace allo stato attuale di trovare una soluzione unitaria.

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