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Ragione Umile Uomo Fede

Una ragione più umile, una fede più austera. Il Bloc Notes di Michele Magno

Quando discutono di famiglia o di bioetica, di unioni gay o di morte degna, diversi leader politici e improvvisati arruffapopoli sembrano disposti a manipolare il confronto tra valori per interessi di bottega elettorale. Il Bloc Notes di Michele Magno

Nel crescendo rossiniano di fanatismi ideologici e di propaganda di bassa lega che ormai caratterizza, in Italia, la sfida tra lo schieramento neoguelfo e lo schieramento neoghibellino, viene da dire: andiamo a letto, che è notte fonda. Domani è un altro giorno, e c’è tanto da fare.

Anzitutto, bisognerebbe evitare che la ragione laica perseveri nel suo peccato moderno (la pretesa di spiegare perfino il senso della vita). E bisognerebbe evitare che la Chiesa dei vescovi italiani ricada nel suo errore medievale (la pretesa di dettare regole alla società). Intendo dire che ci vorrebbe una ragione più umile, più consapevole dei propri limiti. E che, insieme, ci vorrebbe una fede più austera nell’amministrazione della sua verità.

Non sono un credente e non sono molto ferrato in teologia. Penso, comunque, che in ogni autentica esperienza religiosa ci sia sempre qualche elemento di incertezza e di dubbio, connaturato a quella che Pascal definiva la scommessa sull’esistenza di Dio. Resta il fatto che quando discutono di famiglia o di bioetica, di unioni gay o di morte degna, diversi leader politici e improvvisati arruffapopoli sembrano disposti a manipolare il confronto tra valori per meschini interessi di partito o di bottega elettorale.

Purtroppo, nella lotta politica dietro l’esibizione dei valori si nasconde spesso un trucco, una manovra strumentale. Che dire, poi, sulla posizione di quanti vogliono la libertà di coscienza nelle decisioni sui valori cosiddetti “non negoziabili”, ma la vogliono sempre nel segreto dell’urna (magari per poterli negoziare un po’).

Una posizione di diffidenza, dunque, per il momento mi sembra l’unica ragionevole. Non per negare i valori, ma il loro raggiro da parte di chi continua disinvoltamente a confondere l’etica pubblica (le norme) con le convinzioni private dei cittadini.

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Da alcuni mesi Matteo Salvini ha aperto formalmente la campagna elettorale del Carroccio per la conquista di Roma. Obiettivo sempre più a portata di mano, perché può bastare un alito di vento per mandare a casa la giunta pentastellata. La Capitale è ormai una metropoli fuori controllo, e la maggioranza dei suoi cittadini invoca un castigamatti capace di mettere finalmente un po’ d’ordine dove regnano incontrastati il caos pubblico e l’anarchia privata. Qualche lagna di circostanza sui trasporti e sui rifiuti non basta a nascondere gli equilibrismi di Zingaretti e le sottigliezze lessicali del Pd capitolino, ovvero il “Basta Raggi” (cioè non deve essere ricandidata), slogan peraltro pronunciato a bassa voce per non farsi sentire, anziché “Raggi dimettiti” (ossia vattene subito).

Quale dei due slogan sceglieranno gli abitanti dell’Urbe, stressati dalle quotidiane code lungo strade su cui Kawasaki ha testato gli ammortizzatori delle sue moto (non è una fake news), dalla calca di autobus malandati e cronicamente ritardatari, da una condizione igienico-sanitaria che mette a rischio la salute dei propri figli? La risposta non è difficile: sceglieranno con convinzione lo slogan più chiaro e netto, mandando a quel paese chi paventa una “svolta autoritaria”. C’è chi crede che Palazzo Chigi valga assai più del Palazzo Senatorio. Può darsi, ma  forse a Largo del Nazareno qualcuno sottovaluta con colpevole disinvoltura le conseguenze dirompenti, per gli stessi equilibri politici nazionali, di un sindaco leghista che sale per la prima volta sul Campidoglio.

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