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Mediobanca

Negli Stati Uniti anche i Repubblicani vogliono tassare Facebook, Google e Amazon

Diversi esponenti di primo piano del Partito repubblicano vogliono che le grandi aziende tecnologiche contribuiscano al finanziamento delle infrastrutture di Internet da cui traggono profitto

 

Nel Partito repubblicano americano sta prendendo piede un’idea che un tempo sarebbe stata impensabile: imporre delle tasse fisse alle grandi aziende tecnologiche (le cosiddette “Big Tech”) e usarle per finanziare un programma per l’accesso a Internet.

Axios ne parla come di una proposta che potrebbe sostenere un fondo di sostegno alle connessioni a banda larga nelle zone rurali degli Stati Uniti, nelle scuole, nelle biblioteche e negli ospedali.

DA DOVE ARRIVA L’IDEA

L’idea arriva dal repubblicano Brendan Carr, commissario della Commissione federale per le comunicazioni (FCC), un’agenzia del governo americano.

Negli Stati Uniti esiste un meccanismo di incentivi, chiamato Universal Service Fund e collegato alla FCC, che ha l’obiettivo di garantire l’accesso universale ai servizi di telecomunicazione nel paese.

Le bollette telefoniche pagate dagli americani contengono un canone che viene destinato a questo fondo e utilizzato per finanziare programmi di accesso alla banda larga. Il problema è che l’importo di questi canoni sta aumentando, mentre diminuisce nel contempo la base delle entrate: una situazione che ha fatto crescere le richieste di una riforma del modo in cui vengono versati i contributi al fondo. La compagnia telefonica americana AT&T, per esempio, ha proposto al Congresso di prevedere degli stanziamenti diretti al posto del canone.

LE BIG TECH DEVONO “CONTRIBUIRE IN MODO EQUO”

Il commissario Carr pensa invece che il Congresso dovrebbe finanziare il fondo facendo pagare le società che traggono beneficio dall’utilizzo delle infrastrutture di rete Internet. Tradotto, significa che Apple dovrebbe pagare una tassa vista le entrate generate dal suo App Store; Amazon dovrebbe fare lo stesso per i suoi servizi di cloud e di streaming video; Facebook e Google per la pubblicità online.

Carr ha detto ad Axios che si sta “semplicemente chiedendo loro [alle società tecnologiche, ndr] di pagare una quota equa e iniziare a contribuire in modo equo per queste reti da cui beneficiano così enormemente”.

CHI APPOGGIA L’IDEA

L’idea di Carr ha preso piede nel suo partito, al punto che Kevin McCarthy – leader della minoranza repubblicana alla Camera del Congresso – ha definito la proposta “stimolante”. Il suo ufficio ha ricordato che lo streaming video vale più della metà del traffico sul web e che quello della pubblicità online è un mercato da oltre 100 miliardi di dollari l’anno.

Un portavoce di McCarthy ha detto ad Axios che “ogni conversazione sulla costruzione di una rete a banda larga per gli americani che non vi hanno accesso dovrebbe includere una imposta utente alle Big Tech che corrisponda al loro utilizzo di quella infrastruttura”. Il portavoce ha aggiunto che l’Universal Service Fund “deve essere aggiornato e re-immaginato”, perché è “sempre più in contrasto con il principio del ‘chi usa, paga’”.

Anche l’ufficio di Roger Wicker, senatore repubblicano e membro più anziano della commissione per il Commercio, ha detto ad Axios di credere che il Congresso americano dovrebbe esaminare l’idea di Carr.

Sulla stessa linea è l’ufficio di Cathy McMorris Rodgers, ranking member della commissione sull’Energia e il Commercio della Camera, che dichiara che “tutte le opzioni dovrebbero essere sul tavolo”.

CHI SI OPPONE

Ad opporsi alla proposta è invece la Internet Association, organizzazione che rappresenta le aziende di Internet, che che l’idea di Carr  rappresenti un tentativo di punire i suoi membri: del gruppo di lobbying fanno parte Google, Amazon, Facebook ed Apple.

Il presidente della Internet Association, Dane Snowden, ha detto di sperare che “la FCC adotti un approccio basato sul buonsenso e non punisca i servizi di streaming innovativi e di alta qualità che soddisfano la domanda dei consumatori”.

Le grandi compagnie telefoniche chiedono da anni che le aziende di Internet paghino di più per l’utilizzo delle infrastrutture di telecomunicazione. Carr ha precisato che la sua proposta non esenterà le compagnie telefoniche dal versamento dei contributi al fondo.

IDEA INTRIGANTE, MA…

Jessica Rosenworcel, nominata dal presidente Joe Biden a capo della FCC, pensa che l’idea di Carr sia “intrigante”, anche se la FCC, da sola, non può fare granché per obbligare Google o Amazon a pagare per l’Universal Service Fund. “Dovremmo essere aperti a idee nuove”, ha detto, “ma è chiaro che questo richiederà l’azione del Congresso”.

TASSAZIONE E ANTITRUST

Oltre all’apertura nei confronti di una tassazione delle grandi società tecnologiche, diversi membri del Partito repubblicano sostengono le leggi antitrust pensate per impedire alle grandi società tecnologiche di acquisire i concorrenti più piccoli o di favorire i propri prodotti e servizi.

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