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Serve l’ok del Parlamento per difendere gli interessi italiani dagli Houthi? L’analisi dell’ambasciatore Stefanini

"Sarebbe auspicabile in Italia fare una riflessione sull’effettiva portata del dettato costituzionale in situazioni in cui l’azione militare richiesta ha una natura puramente difensiva". Conversazione di Start Magazine con l'ambasciatore Stefano Stefanini, già consigliere diplomatico del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e Rappresentante Permanente d’Italia presso la Nato.

Proprio come per quella solo nazionale attualmente in essere nel Mar Rosso, la partecipazione dell’Italia alla missione navale europea in via di approvazione richiederà un auspicabile passaggio parlamentare qualora le regole d’ingaggio contemplassero attacchi diretti ad obiettivi Houthi. Lo ricorda a Start Magazine l’ambasciatore Stefano Stefanini in questa conversazione in cui il diplomatico fa il punto su cosa le nostre navi possano o non possano fare per contrastare la minaccia dei ribelli yemeniti.

Ecco la conversazione integrale con Stefanini, già consigliere diplomatico del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e Rappresentante Permanente d’Italia presso la Nato.

L’Italia cosa sta facendo concretamente ora nel Mar Rosso?

Il nostro Paese è presente nel Mar Rosso con una fregata, la Virginio Fasan, cui se ne sta per aggiungere un’altra, la Martinengo. Al momento quell’unità sta svolgendo un’azione di polizia e sorveglianza del mare.

Quali sono le regole d’ingaggio? Cosa può fare e soprattutto non fare la Fasan?

Può rispondere ad attacchi provenienti dallo Yemen, ad esempio abbattendo droni e razzi lanciati dagli Houthi. Attenzione, però: può rispondere al fuoco ma solo con quella che chiamiamo difesa passiva.

Infatti non abbiamo partecipato ai raid angloamericani.

Se l’Italia volesse partecipare ad azioni offensive contro le basi da cui provengono gli attacchi, si dovrebbe chiedere una autorizzazione al Parlamento. Ricordo che noi abbiamo un vincolo politico costituzionale molto esplicito. Esiste tuttavia una zona grigia.

Cioè?

Mi riferisco a quella che si chiama difesa attiva, che implica non soltanto cercare di abbattere il drone o il razzo che attacca le mie navi o quelle che intendo proteggere, ma anche il colpire proprio in quel momento la base da cui è partito l’attacco. La difesa attiva dipende anzitutto dalle regole d’ingaggio, che la devono prevedere, ma, soprattutto, dall’effettiva capacità di esercitarla. Le navi, in altre parole, devono avere a bordo missili mare terra in grado di colpire per l’appunto un bersaglio a terra.

La Fasan li ha a bordo?

Questo non lo sappiamo, in ogni caso la Fasan è attrezzata per questo tipo di interventi limitati.

Adesso comunque l’Ue sta per varare una propria missione navale. Che tipo di ruolo si profila per l’Italia?

La missione europea darebbe anzitutto una veste multilaterale al nostro intervento nel Mar Rosso che a quel punto legittimerebbe la nostra presenza espressa per ora solo a livello nazionale. L’esistenza di regole d’ingaggio concordate a livello europeo ci metterebbe in una posizione più lineare.

Partecipare alla missione europea richiederebbe un passaggio parlamentare?

Non è obbligatorio perché la nostra Costituzione ci consente di partecipare a operazioni multilaterali. Ma politicamente sarebbe opportuno chiedere un coinvolgimento del Parlamento in modo da dare una legittimazione anche nazionale alle regole d’ingaggio che saranno stabilite.

Tuttavia il primo ministro britannico Sunak, per non parlare di Biden, hanno potuto tranquillamente ordinare motu proprio gli strike.

Sunak in realtà è dovuto andare poi in Parlamento, e il dibattito sul perché Londra abbia deciso di partecipare ai raid è ancora in corso. Sebbene a posteriori, un vaglio politico esiste dunque anche Oltremanica. A Washington invece si è riaperta l’eterna discussione sul potere esecutivo e sul ruolo del Congresso. Ma se ho capito bene il senso della domanda, devo dire che sarebbe auspicabile in Italia fare una riflessione sull’effettiva portata del dettato costituzionale in situazioni in cui l’azione militare richiesta ha una natura puramente difensiva.

Si spieghi meglio.

Intervenire contro chi attacca delle navi è essenzialmente un’operazione di difesa anche se attiva. Sarebbe una risposta ad attacchi non provocati, e questo è un nodo che andrebbe sciolto. Va detto tuttavia che un’operazione di questo genere richiede una pianificazione di diversi giorni: americani e britannici non hanno risposto in tempo reale, selezionando invece accuratamente i bersagli e lanciando espliciti avvertimenti agli Houthi. Il tempo per andare in Parlamento dunque c’è, e il dibattito sull’adeguatezza della nostra Costituzione è un falso problema.

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