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Giorgetti

Tutte le ultime piroette papali papali di Salvini

Che cosa succede nel centrodestra fra Berlusconi e Salvini non solo su Russia e Ucraina. I Graffi di Damato.

 

Al netto di una ventina, fra deputati e senatori, costretti a casa dal Covid, sarebbero stati dunque 340, poco più o poco meno, i parlamentari sottrattisi alla seduta comune improvvisata dal presidente della Camera a Montecitorio per ascoltare in video-conferenza il presidente dell’Ucraina Volodymir Zelensky, in lotta contro l’invasore russo. Ma anche -non dimentichiamolo- il conclusivo discorso di solidarietà pronunciato a nome del governo italiano dal presidente del Consiglio Mario Draghi. Che, pur non essendone stato esplicitamente richiesto, come sottolineato, denunciato e quant’altro dal solito Fatto Quotidiano, ha offerto “aiuti anche militari” all’Ucraina auspicandone inoltre la partecipazione all’Unione Europea, già chiesta da Zelensky. Essa peraltro gli sarebbe politicamente molto più utile di un’adesione alla Nato, per timore o in previsione della quale Putin gli ha intanto messo a ferro e a fuoco il Paese.

Più che con Zelensky in versione o edizione Churchill, direbbe il mio amico Giuliano Ferrara, che ne ha già scritto o fatto scrivere sul Foglio, riscattandolo dalle origini di attore comico un po’ alla Grillo, diciamo così, ma meglio riuscito elettoralmente, gli assenti hanno voluto prendersela con Draghi. Ed hanno in qualche modo ricostituito all’interno della vasta maggioranza di unità nazionale, cui partecipa sul questo tema anche la destra di Giorgia Meloni, il nocciolo originario della legislatura ancora in corso, composto da pentastellati e leghisti: una coalizione che fu subito definita grigioverde, ma che adesso di colore militare ha ben poco perché tutto vorrebbe fuorché impegnarsi in armi per gli ucraini.

Fra i pentastellati l’assenza di Giuseppe Conte in quanto né deputato né senatore, ma ugualmente presidente dell’omonimo MoVimento, è stata compensata non tanto dalla presenza, accanto a Draghi, del plaudente ministro degli Esteri Luigi Di Maio, ormai una specie di apostata da quelle parti, quanto dal grido di protesta del presidente grillino, appunto, della Commissione Esteri del Senato Vito Petrocelli. Che, anziché dimettersi lui dal posto che occupa dopo avere votato putinianamente nelle scorse settimane contro la posizione del governo sul conflitto ucraino, ha incitato i ministri e i sottosegretari del MoVimento a uscirne.

E Grillo, l’altro “extraparlamentare”, chiamiamolo così, del MoVimento di cui pure è garante? Se ne sta tranquillamente a casa e preferisce lavorare sul suo blog personale -testuale, dal titolo di una nota appena diffusa- per “un trattato mondiale contro l’inquinamento da plastica”, compresa evidentemente quella che viene usata dagli eserciti.

Per quanto curiosa, stravagante o come altro si preferisca chiamare la posizione di questo partito pur di governo, anzi ancora il maggiore di essi, nonostante le tante defezioni subite dall’inizio della legislatura per fortuna all’epilogo, quella della Lega è politicamente ancora più imbarazzante, specie nella veste che Silvio Berlusconi ha appena conferito a Matteo Salvini, nella villa di Gernetto, di “vero e unico leader” dell’Italia. Egli, presente -bontà sua- alla speciale seduta comune delle Camere, ha applaudito sia Zelensky sia Draghi, ma è uscito dall’aula borbottando contro le armi ed è andato metaforicamente ad appendersi -come lo ha felicemente ritratto Emilio Giannelli sulla prima pagina del Corriere della Sera-alle campane e quant’altro del Papa. Che “adesso fa sul serio”, ha titolato La Verità dell’amico di Salvini e credo anche elettore Maurizio Belpietro, pur non essendo riuscito neppure la buonanima di Giuseppe Stalin a valutare ai suoi tempi di quante truppe disponesse il Pontefice. Che era uno particolarmente tosto in tema di anticomunismo, o antistalinismo.

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