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Russia

La Russia userà armi chimiche e biologiche in Ucraina?

Gli Stati Uniti hanno creato una task force per monitorare il rischio di un attacco chimico e biologico della Russia in Ucraina. L'articolo di Marco Orioles.

 

Col prolungarsi della guerra in Ucraina si moltiplicano gli allarmi circa possibili attacchi non convenzionali da parte della Russia, interessata a piegare con ogni mezzo la resistenza di Kyiv, anche se ciò significasse sicure stragi e la condanna ferma da parte della comunità internazionale.

Che cosa fanno gli Usa

Non solo l’amministrazione Biden non esclude che Putin possa ricorrere ad armi chimiche e biologiche, e chissà, per completare la quaterna, radiologiche o nucleari (CBRN), magari dopo una delle classiche operazioni “false falg” in cui è maestra, ma ha già predisposto specifici piani di emergenza.

È stata infatti istituita una task force, il cosiddetto Tiger Team,  per monitorare attentamente il conflitto e valutare le decisioni necessarie in caso di qualsiasi attacco CBRN.

Le forniture all’Ucraina di dispositivi salvavita contro attacchi CBRN

Tra i compiti che il Tiger Team sta svolgendo in questo momento, ce n’è uno che denota il senso di urgenza e di allarme che pervade l’intera operazione: è in corso negli Usa lo stoccaggio di dispositivi di protezione personale (maschere antigas, tute speciali, guanti, farmaci salvavita) in vista del loro trasferimento in Ucraina, dove ufficialmente sarebbero destinati ai civili.

L’esistenza di questo programma, rivelata per primo da Politico, ha trovato due successive conferme ufficiali. La prima è arrivata in forma scritta allo stesso Politico da un portavoce del Consiglio per la Sicurezza Nazionale.

“Il governo Usa – sono le sue parole – sta mettendo a disposizione del governo ucraino equipaggiamenti salvavita e forniture che potrebbero essere utilizzate in caso di ricorso da parte della Russia ad armi chimiche e biologiche contro l’Ucraina”.

Pochi giorni dopo è arrivato anche il sigillo della Casa Bianca, attraverso la portavoce Jen Psaki, che ha confermato il programma di forniture sottolineando come esso sia collegato a specifici allarmi lanciati da Usa e altri Paesi circa la possibilità che la Russia stia pianificando una operazione “false flag” che le darebbe il pretesto di ricorrere ad armi chimiche.

Il processo di fornitura di equipaggiamento protettivo personale, noto come PPE, coinvolge diverse agenzie governative Usa tra cui il Dipartimento della Salute, che sta materialmente fornendo i dispositivi attingendo dalla riserva strategica nazionale, e l’USAID che li sta trasferendo in Ucraina attraverso canali già esistenti.

Poiché a partecipare allo sforzo concorre anche l’USAID, i materiali sarebbero teoricamente destinati a usi civili, e infatti il loro destinatario è il Ministero della Salute ucraino. Niente può escludere tuttavia, lascia intuire Politico, che il governo di Kyiv li dirotti alle truppe impegnate sul campo.

L’esortazione di Stoltenberg

Alla vigilia del summit Nato del 24 marzo era stato invece il Segretario generale dell’Alleanza Atlantica Jens Stoltenberg a sollecitare i 30 Paesi membri a rendere urgentemente disponibile l’“equipaggiamento per aiutare l’Ucraina a proteggersi da minacce chimiche, biologiche, radiologiche e nucleari”.

Il programma Ue

Anche l’Ue ha in atto uno sforzo per aiutare gli ucraini a resistere all’urto di eventuali attacchi non convenzionali, sebbene il timore sia quello di dover affrontare in casa simili scenari.

Stando a documenti visionati da Reuters, l’Unione ha in corso un’operazione speciale volta allo stoccaggio di equipaggiamento PPE da utilizzare in caso di attacco chimico, biologico e nucleare. Il materiale – particolare non secondario – sarebbe destinato alla stessa popolazione civile dell’Ue oltre che a quella dei suoi partner, inclusa l’Ucraina.

Tra le forniture che Bruxelles sta accumulando ci sono dispositivi per la decontaminazione, maschere, guanti e altro materiale utile in caso di attacco CBRN.

Quanto è concreto lo scenario di attacchi non convenzionali

A ipotizzare che Mosca mediti di fare ricorso ad armi chimiche o biologiche è in primo luogo l’amministrazione Biden.

Il 21 marzo lo stesso presidente aveva dichiarato che le accuse rivolte da Mosca all’Ucraina di avere laboratori segreti di armi chimiche e biologiche celavano in realtà l’intenzione russa di farvi ricorso.

Visto il polverone sollevato dalle parole di Biden, dovette intervenire il giorno dopo in forma anonima un funzionario del Pentagono che, su richiesta di Reuters, pur non smentendo le affermazioni del presidente ammetteva che, “al momento, non vi sono indicazioni che ci sia qualcosa di imminente al riguardo”.

La minaccia di Biden a Putin

Nel corso del suo viaggio in Europa, tuttavia, Biden è tornato alla carica formulando un preciso ammonimento alla Russia.

“Risponderemmo, se le usassero risponderemmo” è stata la minaccia dell’inquilino della Casa Bianca. Che ha aggiunto, con una precisazione importante: “La natura della risposta dipenderebbe dalla natura dell’uso”.

Successivamente, tuttavia, si è registrato un parziale dietrofront con fonti informate che hanno puntualizzato come Washington non intenda affatto rispondere, come sembrava aver alluso il presidente, “in kind”.

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