Un giorno di quarantaquattro anni fa Pasolini scoprì il Palazzo. Si scrive con la maiuscola come il Castello (“Das Schloss“) di Kafka ma non gli assomiglia, perché è troppo cupo per il nostro festevole carattere nazionale. Il Palazzo, da noi, è sempre stato una corte, qualche volta dei miracoli, spesso di manovre più o meno oscure. Del resto, lo ha ammesso con encomiabile franchezza lo stesso Renzi: non solo il governo giallorosso, ma anche la sua nuova creatura nasce, almeno in parte, da una manovra di palazzo (in compenso, però, sarà “una cosa cosa allegra e divertente”).
Paese di servaggio antico e di secolare furbizia, l’Italia celebra così l’ennesimo trionfo dell’invenzione pasoliniana, oggi metafora di discutibili alleanze politiche e di malcelate rivincite personali. È vero, il senatore di Rignano ha saputo giocare d’anticipo. Appena ha intuito che il Pd si sarebbe potuto accordare con i pentastellati, con la classica mossa del cavallo ha rovesciato il tavolo. Il “senza di me” si è convertito come un fulmine in un “grazie a me”. E, dinanzi a un Pd intenzionato a “unire due case” e “mescolare due popoli” (copyright, rispettivamente, di Enrico Franceschini e di Goffredo Bettini), ora scommette, se non sulla sua estinzione, su un suo drastico ridimensionamento.
Nel contempo, a un partito che corre il rischio di essere contaminato dal populismo grillino, l’ex rottamatore contrappone una scattante formazione di centro fornita di leadership carismatica, in grado di rastrellare consensi sia a destra, tra i liberali orfani di Berlusconi, sia a sinistra, tra i riformisti disorientati dai cedimenti alle seduzioni alcinesche di un ambientalismo pitocco (no a trivelle e termovalorizzatori), dell’antipolitica (taglio dei parlamentari come riforma epocale) e del giustizialismo (anche se nel voto segreto che ha negato l’autorizzazione agli arresti del deputato forzista Sozzani qualche mal di pancia si è fatto sentire).
Forse Renzi immagina che il connubio tra Zingaretti e Di Maio si rivelerà, alla fine, una trappola per il segretario del Pd. E forse pensa che, a quel punto, gli spaesati elettori dem si rivolgeranno a lui per rifugiarsi in una dimora più accogliente. Vedremo. In ogni caso, chiunque progetti di conquistare il palazzo del potere è bene che se lo ricordi: per la sua ubicazione sui colli di Roma, notoriamente dal clima temperato, non sarà mai un Palazzo d’Inverno.