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Biden

Qual è lo stato di salute dei partiti russo e cinese in Italia

Come stanno i partiti filo Russia e filo Cina in Italia? Pillole di rassegna stampa a cura di Lodovico Festa

 

LE ULTIME DALLA RUSSIA

Sul Post si scrive: «Nella notte tra mercoledì e giovedì le forze russe hanno conquistato la città di Kherson, nel sud dell’Ucraina, il primo grosso centro abitato dall’inizio dell’invasione: la città ha quasi 300 mila abitanti e si trova in una posizione importante per l’avanzamento delle truppe russe. Proseguono inoltre, praticamente ininterrotti, i bombardamenti delle principali città ucraine».

In the fog of the war, nella nebbia della guerra circolano due opposte versioni: da un parte si sostiene che l’esercito russo è allo sbando e non incide nel conflitto, dall’altra che l’esercito russo è all’attacco e sempre più distruttivo. Naturalmente c’è del vero in entrambe le versioni, però è meglio se prevale una consapevole valutazione dei rischi sulla speranza di una rotta di una potenza militare che impegnata su diversi fronti (dalla Siria a vari scenari africani) ha dimostrato una qualche efficacia bellica.

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LA POSIZIONE DELLA GRAN BRETAGNA

Su Leggo si scrive: «Perché l’Europa non applica la no-fly zone sopra l’Ucraina per fermare i bombardamenti? Secondo il ministro della Difesa del Regno Unito Ben Wallace, una scelta del genere porterebbe alla “terza guerra mondiale”».

La Gran Bretagna guida l’ala atlantica più convinta che sia possibile rovesciare Vladimir Putin e al fondo spera che si possa disgregare la Russia. Però persegue questa prospettiva avendo una perfetta consapevolezza di quali sono i rischi in ballo per tutto il mondo.

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IL RUOLO DELLA DIPLOMAZIA

Su Open si scrive: «In serata [di ieri, ndr] Kiev e Mosca riprenderanno i negoziati per un possibile cessate il fuoco. Secondo i media locali, l’incontro dovrebbero tenersi nella foresta Belovezhskaya Pushcha, della regione di Brest, in Bielorussia, al confine con la Polonia. Da quanto si apprende, sul tavolo ci sarà anche il cessate il fuoco. La delegazione ucraina arriverà domani mattina [oggi per chi legge, ndr]».

Speriamo in Dio che si riapra l’unica soluzione possibile della crisi che si è aperta in Ucraina con l’invasione russa: quella della diplomazia.

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IL PACIFISMO INTEGRALE

Su Fanpage si scrive: «“Il vero realismo è quello dei pacifisti. Oggi il realismo della guerra e del mostrare i muscoli ci porta dritti al conflitto nucleare”. Non ha dubbi Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere, su cosa succederà se l’Italia, l’Europa e l’Occidente continueranno con questa linea sulla guerra in Ucraina. Il nostro paese ha deciso di inviare – come quasi tutto il resto del mondo – armi in Ucraina: “Si parla di mitragliatrici e razzi terra-aria, ma ancora non si sa con certezza perché la lista è secretata”, spiega in un’intervista a Fanpage. “Ed è grave che sia secretata, perché questo non aiuta a tranquillizzare la controparte e anzi aumenta la tensione”».

La testimonianza del pacifismo integrale è sempre benedetta, ma politicamente è irrealistico non tener conto del fattore bellico in uno scenario come quello ucraino: mentre idealisticamente il pacifismo è sacro, politicamente può diventare appeasement verso un’aggressione.

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FRA REAGAN E KISSINGER

Su Atlantico quotidiano Stefano Magni scrive: «Invece di Biden, i “realisti” vorrebbero un Kissinger. Ma sarebbe ancora peggio. Kissinger, prima da consigliere per la sicurezza nazionale, poi da segretario di Stato, negli anni cruciali dal 1968 al 1976, si è specializzato nell’arte della resa. È stato il Metternich del XX secolo: nel tentativo di difendere un ordine ed un metodo che non c’erano più, ha perso tutte le battaglie».

Magni invoca l’idealismo reaganiano che distrusse “l’impero del male”: ma senza il realismo kissingeriano che separò i cinesi dai sovietici, l’idealismo reaganiano non avrebbe avuto alcun terreno su cui operare. Nessuno deve sottovalutare la forza della religione della libertà, ma nessuno può trascurare la realtà effettuale dei processi internazionali.

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L’INVASIONE

Sulla Zuppa di Porro si scrive: «Giustificare l’invasore? No. Comprendere come si è arrivati alla guerra, però, non solo è lecito, ma è anche doveroso. L’alternativa è rimanere prigionieri dell’isterica narrativa liberal: dell’epopea delle donne in armi “contro il patriarcato” (La Stampa), al filone psicologico sul Vladimir Putin folle, in fuga dalla realtà per paura del virus, addirittura affetto da long Covid. Indubbiamente, nella dottrina del Cremlino, giocano la loro parte le ambizioni imperialiste. Ovvio, non si tratta di uno sconclusionato disegno di egemonia globale, ma di sicuro allo zar farebbe comodo riscrivere l’architettura securitaria postsovietica, ristabilire un’area d’influenza regionale, anche per poter trattare su livelli meno impari con quello che può diventare il suo partner strategico – Pechino».

L’aggressione russa all’Ucraina ha suscitato una sacrosanta reazione emotiva non solo politica, detto questo chi sceglie di occuparsi di politica deve far prevalere la ragione sui sentimenti e la ragione non può che spingerci a fare i conti su quale sistema di sicurezza continentale si può costruire che protegga la libertà degli europei (compresi gli ucraini) ma non faccia impazzire Mosca.

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LE POPOLAZIONI

Sugli Stati generali Massimo Ferrarini scrive: «Mia figlia, di anni 12, mi chiede: “Ma papà perché continui a guardare i telegiornali, poi a leggere tanti giornali, poi guardare in Internet le ultime notizie, quando c’è stata la guerra in Afghanistan non facevi così”. Effettivamente non ho una risposta precisa, posso fare delle ipotesi».

Naturalmente la nostra empatia con un popolo con tante radici che ci accomunano, non può che essere incomparabile con quella che esprimiamo verso popolazioni con altre storie e tradizioni, per esempio dai libici ai siriani sconvolti dalle follie obamiane. Però questo modo di reagire può non essere del tutto ragionevole non solo per bambini di 12 anni ma anche per quegli indiani, sudafricani, boliviani, algerini i cui governi si sono rifiutati di condannare Mosca all’Onu.

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COSE TURCHE

Su Huffington Post Italia Mariano Giustino scrive: «Erdoğan è stato molto chiaro sulla posizione della Turchia in merito all’invasione russa dell’Ucraina: “Ankara non abbandonerà né Mosca né Kiev”, nella difesa degli interessi nazionali del suo paese. Il conflitto tra i due paesi del Mar Nero sta mettendo ancora più in ginocchio l’economia turca che da diversi anni sta vivendo una gravissima crisi finanziario-valutaria che rischia di aggravarsi per effetto dell’aumento vertiginoso del costo dell’energia».

Chi pensa che nel post crisi ucraina la Russia sarà un paria del mondo senza nessuna possibilità d’influenza, dovrebbe riflettere sulle righe che qui riporto, pubblicate da un sito particolarmente impegnato nella lotta per isolare Mosca.

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I PRODIANI RUSSANO?

Su Startmag Giulia Alfieri scrive: «Prodi ritiene che Mosca non si dispererà se i paesi europei dovessero decidere di fare a meno di lei per il gas perché si sente forte della sua alleanza con la Cina. Tutta questa situazione, scrive l’ex premier ed ex presidente della Commissione europea, “avrà la possibile conseguenza di trasformare gli attuali buoni rapporti fra Russia e Cina in un’alleanza strategica in grado di cambiare la politica mondiale, certamente non a favore dell’Europa”».

Se il partito “russo”, che in qualche modo ha avuto per un certo periodo l’appoggio di Silvio Berlusconi e di Matteo Salvini, è ormai quasi sciolto, il partito cinese italiano che comprende personalità politiche come Prodi, Massimo D’Alema, Beppe Grillo, Giuseppe Conte ha ancora molte carte da giocare.

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L’APPROCCIO MERKELIANO

Su Dagospia si pubblica un’anticipazione da un articolo di Oggi in cui si scrive: «Nell’intervista, Gruber parla anche del peso diplomatico che Angela Merkel, cancelliera tedesca tra il 2005 e il 2021, avrebbe potuto avere nel dialogo con Putin: “(Merkel) aveva un grande peso e conosceva l’Est europeo. C’era cresciuta dentro. L’aveva visto cambiare e aveva contribuito a cambiarlo. Poteva parlare con Putin in russo. Faccia a faccia. Non è un dettaglio da poco”».

Ecco un’interpretazione della realtà europea particolarmente bislacca. L’approccio bottegaio di Angela Merkel che da una parte eccitava l’Ucraina a ribellarsi a Mosca e dall’altra costruiva il Nord Stream 1 e (nelle intenzioni) Nord Stream 2, è quello che ci ha portato alla situazione attuale.

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MELONISMO ANTI RUSSO

Su Formiche Corrado Ocone scrive: «La “svolta” atlantista di Giorgia Meloni non c’è perché su questo punto il suo partito è sempre stato chiaro, annoverando fra l’altro nelle sue fila esponenti come Adolfo Urso o l’ambasciatore Giulio Terzi di Sant’Agata, sempre inequivoci su questo punto. Quanto all’euroscetticismo, per Fratelli d’Italia, ma il discorso vale anche per la Lega, esso ha sempre significato portare avanti una diversa concezione dell’Unione Europea rispetto a come si è strutturata dopo Maastricht e non una critica radicale al progetto unitario in sé (vi ricordate lo slogan: “Un’altra Europa è possibile”?)».

Naturalmente la politica, come la rivoluzione, anche se in misura largamente meno tragica, non è un pranzo di gala, ed è inevitabile quindi che alcune frasi su Putin espresse nel passato dalla Meloni le vengano rinfacciate. Però qualsiasi persona onesta intellettualmente non può non considerare qual è l’attuale collocamento politico della leader di Fratelli d’Italia tra conservatori britannici, governo polacco e repubblicani americani: una compagnia che è unita innanzi tutto (a parte l’ala trumpiana del Gop) da posizioni essenzialmente antirusse.

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FORZISMO GEOPOLITICO

Su Startmag Paola Sacchi scrive: «Antonio Tajani, coordinatore nazionale di Forza Italia, da Bruxelles ricorda con amarezza che “l’Occidente ha perso un’occasione nei vent’anni successivi all’incontro di Pratica di Mare, lì Berlusconi, che era alla guida della Ue, era riuscito a portare Putin verso l’Occidente. E bisognava proseguire su quella strada, dividere la Russia dalla Cina”. Solo pochissimi anni fa Putin era in Italia, in visita ufficiale, Berlusconi lo attese all’aeroporto per un saluto in quello scampolo di minuti che restavano al presidente della Federazione russa prima di ripartire. Giorgio Mulè, deputato di Forza Italia, ora sottosegretario alla Difesa del governo Draghi, allarga le braccia: “Già, era solo pochi anni fa”».

L’attrazione di Mosca sul centrodestra italiano è cresciuta su due filoni: il tentativo di Berlusconi di costruire un sistema di sicurezza europeo che comprendesse anche la Russia, e la difesa che Putin ha espresso per i valori della civiltà cristiana europea, che ha molto coinvolto un Salvini alla ricerca di un’identità culturale non solo politica. La guerra in Ucraina, come è evidente, ha tagliato le radici di entrambi questi “filoni”.

 

(Estratto della rubrica di Festa su Tempi, qui la versione integrale)

 

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