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Primo Maggio

Perché tutte le guerre sono ingiuste

L'intervento di Suor Anna Monia Alfieri

 

Il tema, purtroppo, è ancora quello, la guerra o, meglio, gli effetti che essa sta creando e come ci viene raccontata. Anche la focalizzazione non cambia e rimane sempre la stessa: i giovani.

Parliamo di una guerra ingiusta, come tutte le guerre. Stiamo attenti, pertanto, anche a come ci viene raccontata, da ambo le parti, e consideriamo che il bene da difendere è la vita, sempre, senza se e senza ma. Guardiamo così sempre alla realtà, alla notizia che, se è vera, non deve confondere. La guerra, grazie ai social, ci viene raccontata in diretta. La realtà proposta dai social, però, è risaputo, è incontrollabile. Allora diventa indispensabile avere dei mediatori responsabili che presentino i fatti con obiettività. Perché indugiare su tutti quegli elementi caratterizzati da macabra violenza? Una tale narrazione non aggiunge nulla alla conoscenza, al contrario alimenta la confusione. L’escalation dell’orrore ingenera, infatti, le fake news, quelle notizie false che, se da un lato confondono, dall’altro rischiano di creare una sorta di assuefazione al sangue, ai morti, alle atrocità reciproche. Così sta accadendo. Ma noi non possiamo permetterlo. Non ci si può abituare all’orrore. Temo altresì che molte nostre considerazioni abbiano confuso i nostri giovani: penso in particolare a chi dice che questa guerra in Europa ci smarrisce perché ci è geograficamente vicina. E tutte le altre guerre non contano? No, una guerra non lenisce il dramma di un’altra guerra, nessuna guerra può giustificarne un’altra. Ai nostri giovani non deve passare il messaggio che alla guerra ci si abitua, proprio come diciamo da anni che non ci si abitua a nessuna discriminazione. MAI.

Quello che preoccupa, inoltre, è che questa guerra, come tutte le altre, sta rubando il futuro ai giovani. La guerra produce morte oggi e per i prossimi decenni: uomini, donne, bambini, giovani e anziani, russi ed ucraini, muoiono in guerra sotto le bombe, oggi, e moriranno, domani, per gli effetti di una crisi economica senza precedenti. I danni economici prodotti dalla guerra debbono essere pagati oggi dalle famiglie e non solo per il rincaro delle materie prime, luce e gas, ma perché sono privati di risorse distolte dalla sanità, dalla scuola, dalla ricerca, dalla ripresa economica. Fondi sottratti alla vita per essere destinati alla morte.

Eppure i nostri giovani domani dovranno ricostruire fisicamente, dalle macerie, l’Ucraina e la Russia e dovranno altresì pagare un debito senza precedenti per il Pnnr, per far fronte ad una crisi economica di grande portata. È drammatico e da irresponsabili aver prodotto un simile scenario a carico di tutti i giovani Europei. In tempi di pandemia ci siamo detti che era necessario investire i fondi del Pnrr per dare ai nostri giovani quegli strumenti e quelle competenze che consentissero loro di essere i protagonisti di un nuovo Welfare. Il mantra che continuavamo a ripetere era che i nostri giovani, chiamati a ripagare il debito dei fondi del Pnrr, dovevano avere competenza e conoscenza. Quindi tutti noi adulti eravamo impegnati nel far ripartire la scuola, nell’investire in una scuola più autonoma, più libera, più equa: investire nella sanità, creare posti di lavoro, riavviare l’economia erano priorità assolute. Oggi lo sono più ancora di ieri, visto che il nostro Paese e l’Europa sono trascinati in una guerra assurda dopo la pandemia. Chi oggi ha scatenato questa guerra è consapevole che sta rubando il presente e il futuro a intere generazioni? Le persone che ricordano bene la 2^ guerra mondiale, cioè i bombardamenti sulla testa e le corse al rifugio, hanno dagli 89 anni in su. E i loro ricordi sono vivissimi, insieme ad un altro terribile ricordo: volevano studiare e non hanno potuto farlo. Questa è una ferita che a 90 anni è ancora viva. Già abbiamo tra i bambini profughi inseriti nelle nostre scuole chi disegna cannoni, bombe e carri armati e, violento, litiga con i compagni italiani. Tutto ciò va gestito oggi prima che il fenomeno si cronicizzi.

Come sempre, oltre alle parole, occorrono risorse. A breve le famiglie ospitanti e le scuole non riusciranno più a reggere il carico che si sono assunti responsabilmente e generosamente sull’onda dell’emergenza. I cittadini si sono sentiti chiamati e hanno risposto: ma ora non basta più. Un’emergenza di così grandi dimensioni necessita di un intervento sistemico che solo l’autorità dello Stato può garantire.

Certamente ci uniamo alle intenzioni di pace del Papa, l’unica autorità che può davvero favorire la pace, attraverso una mediazione che però non esclude il racconto della verità. Mediare domanda una lucida osservazione e un’altrettanto lucida narrazione della realtà. Parallelamente, però, questo impegna le istituzioni e ciascuno di noi a sostenere gli effetti della guerra, senza scaricare tutto sulle scuole e sulle famiglie, facendo finta di non sapere che non possono farcela. Sono esattamente le stesse realtà che sono state colpite più duramente dalla pandemia e oggi lo sono dai rincari. La solidarietà privata, trasversale, orizzontale, delle scuole è fondamentale ma non può essere mortificata trasformandola in solidarietà al contrario. Non possiamo scaricare sui singoli gli effetti devastanti di una guerra che obbliga alla “presa in carico” di un intero Paese.

L’osservazione della realtà ingenera nei nostri giovani, e non solo, domande ovvie: quante risorse sono impiegate ai fini bellici, invece di essere impiegate per la vita della persone? Quanti danari sono spesi per dare la morte e non per dare la vita? Nel pieno rispetto del nostro Governo, come di quelli degli altri Paesi, perché i soldi per gli armamenti si trovano così facilmente, mentre sul fronte dei servizi ai cittadini il reperimento dei fondi avviene sempre con estrema difficoltà? Come è possibile che, per trovare risorse per la sanità, la scuola, la ripartenza dell’economia occorrano ore, mesi, anni sfibranti di trattative, mentre è cosi immediato trovare i medesimi fondi da destinare agli armamenti? A rimetterci non sono solo i ragazzi ucraini e russi ma tutti i giovani europei che, oltre alla crisi post Covid, dovranno affrontare la crisi postbellica. Allora è dovere di noi adulti chiederci: cosa stiamo facendo per i nostri giovani? A queste domande debbono rispondere il Parlamento, impegnato sul fronte dei fondi del Pnrr e su quello dei vari decreti in discussione in questi giorni (Decreto Ucraina e rincari bollette), le Istituzioni pubbliche e private, laiche ed ecclesiali, perché crediamo che per davvero desiderano la Pace.

Rimane allora fondamentale aiutare le scuole e le famiglie con la più assoluta compartecipazione tra Stato, Regioni, Province, Comuni, Cei, esattamente come è avvenuto nel 2020 in tempi di covid, cosi oggi, nel 2022, in tempi di guerra, per accogliere i bambini, aiutare gli studenti tutti e, in particolare, quelli appartenente alle classi sociali più svantaggiate: a loro oggi si aggiungono i bambini e gli studenti che scappano dalla guerra.

La pace richiede realismo e concretezza: senza di esse diventa tutto un ideale e pertanto tutto è destinato a perdersi.

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