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Perché l’Iran sostiene Hamas. Parla l’ambasciatore Stefanini

"L’antisemitismo e l’antisionismo sono nel Dna del regime degli ayatollah. Senza capire questo elemento non si riuscirebbe a spiegare un’ostilità che dal punto di vista geopolitico non ha alcun senso. Israele e Iran infatti non condividono alcun confine". Conversazione con l’ambasciatore Stefano Stefanini, già rappresentante Permanente d'Italia presso la Nato

 

“L’Iran è sicuramente il Paese che guadagna di più da questa situazione”. È questa la convinzione dell’ambasciatore Stefano Stefanini (nella foto), già Consigliere Diplomatico del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e rappresentante Permanente d’Italia presso la Nato, che in questa intervista a Start Magazine spiega perché gli ayatollah hanno esultato alla notizia della strage perpetrata da Hamas in Israele.

È vero che l’Iran arma e finanzia Hamas?

È vero: l’Iran sostiene Hamas da lungo tempo e questo nonostante si tratti di una nazione sciita, a differenza degli uomini di Hamas che sono sunniti. Hanno superato le loro differenze religiose, e ora a tenerli uniti è il collante del nemico comune, ossia Israele. Quello di cui probabilmente non ci siamo resi conto è il livello di assistenza fornito dall’Iran ad Hamas, come abbiamo tutti constatato sabato scorso. Un aiuto che arriva nonostante Gaza sia bloccata e le comunicazioni siano difficilissime.

Malgrado gli ostacoli, dunque, il legame è solido.

Purtroppo sì, un attacco militare con questo livello di sofisticazione, di preparazione, di intelligence è impensabile che sia stato condotto da Hamas senza un’assistenza e anche un addestramento dei miliziani. E l’unico Paese che può averlo fatto, e non ha cercato neanche di nasconderlo, è l’Iran.

Teheran non nasconde la manina? 

No, basta vedere l’appoggio verbale fornito all’operazione “alluvione al-Aqsa”. Nemmeno una foglia di fico.

Ma quale obiettivo si prefigge Teheran nel sostenere Hamas e i suoi disegni efferati?

L’antisemitismo e l’antisionismo sono nel Dna del regime degli ayatollah. Senza capire questo elemento non si riuscirebbe a spiegare un’ostilità che dal punto di vista geopolitico non ha alcun senso. Israele e Iran infatti non condividono alcun confine. La rivalità tra Stati arabi e Israele ha un’origine geopolitica, mentre per l’Iran non ci sarebbe nessun motivo per minacciare Israele. Basti ricordare come prima della rivoluzione del 1979, al tempo dello Shah, le relazioni tra i due Paesi erano buone. In Iran c’era persino una comunità ebraica che viveva tranquillamente. Aggiungo che in questo momento fa comodo all’Iran avere una missione nel momento in cui il dissenso interno esplode.

Colpire adesso Israele significa inevitabilmente far deragliare il treno della normalizzazione dei rapporti tra Israele e Arabia Saudita.

Come minimo si complica molto questo processo. Purtroppo al momento non possiamo prevedere cosa succederà, anche se sembra proprio che Israele farà quello che è sempre stata riluttante a fare, ossia entrare con i propri uomini a Gaza ingaggiando pericolosissimi combattimenti urbani, casa per casa. I costi per Israele potrebbero essere enormi, ma anche i palestinesi pagheranno un prezzo altissimo e a quel punto nessuno può sapere quali saranno le reazioni di Paesi come l’Arabia saudita. Figurarsi poi cosa succederebbe se si scatenasse una terza intifada. È dunque concreto il rischio che il delicato processo di normalizzazione delle relazioni tra Israele e Stati arabi, che non desiderano altro, sarebbe fatalmente compromesso.

Ma si stava davvero profilando un nuovo “Accordo di Abramo” come quelli siglati a partire dal 2020?

Era quello che si profilava fino a 72 ore fa. Adesso purtroppo si aprono scenari impensabili.

Insomma l’Iran ha ottenuto quello che voleva.

L’Iran è sicuramente il Paese che guadagna di più da questa situazione.

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