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Perché Letta rispolvera l’anti-salvinismo?

Le prime mosse e le prime parole del nuovo segretario del Pd, Enrico Letta. Il corsivo di Paola Sacchi

 

Dopo aver formalmente apprezzato la “svolta” che ha portato Matteo Salvini a entrare nel governo Draghi, il Pd di Enrico Letta sembra però paradossalmente ripartire proprio dal vecchio anti-salvinismo. Ovvero il collante che aveva finora tenuto insieme la ex maggioranza giallo-rossa di Giuseppe Conte. Ora che, come scriveva ieri per Il Giornale Adalberto Signore, lo stesso premier avrebbe anche instaurato un rapporto di fiducia con il leader leghista, dopo quello consolidato ormai da anni con il ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti, numero due della Lega, il nuovo segretario del Pd sferra una serie di attacchi, frecciate e frecciatine contro l’ex ministro dell’Interno.

Un ritorno all’anti-salvinismo che sembra fatto a freddo e che se prosegue corre alla lunga il rischio oggettivo di indebolire quello che il premier Draghi ha chiamato “il governo del Paese”, cioè di tutti. Quel governo che il Pd di Letta definisce il suo governo. Ma che non dovrebbe quindi essere anche l’esecutivo della Lega?

Evidenti le serie difficoltà che Letta è stato chiamato ad affrontare per invertire la rotta che aveva portato il partito ad essere di fatto succube di quei pentastellati che avrebbe invece voluto egemonizzare. Evidente il tentativo da subito di Letta di rilanciare il profilo del suo partito, scosso dalle diatribe tra correnti e alla disperata ricerca di una identità. E quindi è logico che Letta dal suo punto di vista, nel suo non facile ruolo sentisse il bisogno di battere subito un colpo per riaffermare la centralità perduta. E dire, insomma, immediatamente “una cosa di sinistra”.

Ma la cosa è suonata di vecchia sinistra. Ovvero come un antico riflesso di quel tic che porta la sinistra italiana a definire la propria identità più contro qualche “nemico” interno o esterno che sulla base di un autonomo progetto, che parta innanzitutto da una seria analisi dei propri errori. Letta ad onor del vero aveva anche iniziato a farlo quando ha detto no al “partito della Ztl”.

Ma perché poi rilanciare lo ius soli, un tema identitario e come tale divisivo proprio in tempi di governo “del Paese”? Sarebbe stato come se Salvini avesse rilanciato subito dopo l’ingresso nell’esecutivo i suoi decreti sicurezza, che stanno, come tema identitario, di bandiera, alla Lega come lo ius soli sta al Pd. E questo il leader leghista non lo ha fatto. Anzi, come raccontano i fatti, disse che per il bene del Paese nel momento più difficile dal dopoguerra “la Lega accetta di governare anche con chi ha smantellato quei decreti”.

Letta invece sembra ancora chiedere esami a Salvini: “Non siamo noi a dover spiegare perché sosteniamo questo governo, ma la Lega”. Salvini però, spiazzando il Pd, aveva già ripetutamente argomentato che la Lega anteponendo gli interessi del Paese a quelli del suo stesso partito ha deciso di accogliere l’invito rivolto dal Presidente Sergio Mattarella. Infatti, essendo questo un governo del Presidente per affrontare una fase eccezionale ovvio che l’invito sia stato fatto a tutte le forze politiche, non solo ad alcune.

Da una personalità come Enrico Letta, l’uomo che secondo il suo amico di centrodestra Gaetano Quagliariello affronta i rapporti con gli altri “senza pregiudizi”, ci si sarebbe aspettato all’esordio qualcosa di più – nella direzione di un bipolarismo maturo e non delegittimante dell’avversario – che ricorrere da subito e anche a freddo all’ormai un po’ usurato anti-salvinismo.

Dopo il rilancio dello ius soli, ieri il neo segretario del Pd ha proseguito, nella conferenza alla stampa estera, accusando Salvini di “aver fatto danni”, di “avere un’idea su tutto, di dire la sua su tutto, modello CT della Nazionale di calcio”.

Dopo aver definito quella di Salvini “una virata sulla Ue” , Letta, per mettere in luce i dubbi che a lui restano, si è lanciato a sua volta su una virata con tanto di paragone religioso. In tutto questo, almeno fino a ieri sera, Salvini se ne è rimasto invece in silenzio, preferendo commentare positivamente il cambio fatto dal governo Draghi anche al Comitato tecnico scientifico, “dopo le sostituzioni di Arcuri e dei vertici della Protezione civile”.

“Bene, avanti così”, ha commentato il leader leghista, lanciando così l’evidente messaggio che la Lega non intende cedere la propria centralità, sostanziata dai numeri elettorali e dei sondaggi che la danno in crescita, nell’esecutivo Draghi. Se questa è alla lunga la vera posta in palio dell’offensiva lanciata dalla segreteria Letta.

Come già si chiedono i maliziosi nel Palazzo romano, un’offensiva in cui il Pd potrebbe tornare ad accarezzare l’idea di una Lega fuori con dentro invece la naufragata maggioranza Ursula?

È un caso che finora Forza Italia non sia mai stata nominata dal neosegretario del Pd che ha indicato i suoi avversari in Salvini e Giorgia Meloni?

Solo interrogativi, dubbi. Almeno finora.

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