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Governo Scholz

Perché il governo Scholz in Germania sarà filo Israele

In politica estera il governo Scholz si allontana dal pragmatismo della Merkel con Cina e Russia, e appoggia Israele come non mai. L'articolo di Tino Oldani per Italia Oggi

Il nuovo governo tedesco, sotto la guida del cancelliere Olaf Scholz, Spd, socialisti, e della verde Annalena Baerbock, ministro degli Esteri, vuole imprimere un nuovo corso alla politica estera tedesca. Di certo resterà europeista, tanto da affermare nel programma della coalizione semaforo che «l’europeismo non è negoziabile». Continuità vi sarà anche su altri temi, sui quali il programma di governo è chiaro: ribadisce l’adesione alla Nato, al Green Deal europeo, al patto di stabilita e al «forte partenariato tedesco-francese». Ma sui rapporti con gli altri attori globali, quali Usa, Cina e Russia, sono alle viste possibili cambiamenti di rotta rispetto alla politica di Angela Merkel. Un tema finora trascurato dai media mainstream, stregati dalla parità di genere nell’assegnazione dei ministeri nel nuovo governo tedesco, a cui hanno dedicato intere pagine. Ma è stata trascurata la questione di rilievo geostrategico anche nelle analisi più attente.

«Il nuovo corso politico, per il momento solo immaginato, del cancelliere Scholz può essere riassunto nell’allontanamento dal pragmatismo che aveva caratterizzato la cifra del cancellierato Merkel», sostiene su Affari Internazionali Federico Niglia, docente di Storia delle relazioni internazionali all’Università per stranieri di Perugia. «Se nel quindicennio della Kanzlerin la Cdu aveva mantenuto la leadership, sovrapponendosi e appropriandosi dei programmi e delle istanze degli altri partiti, con Scholz sembra esserci l’intenzione di rispettare gli spazi identitari dei partiti, ipotesi che sembra confermata dall’attribuzione dei ministeri chiave ai leader dei Verdi e del Fpd, i liberali». Mantenere, però, all’interno del governo un compromesso tra le visioni identitarie e contrastanti dei leader dei tre partiti (socialdemocratici, verdi e liberali), e raggiungere un equilibrio che sia diverso dalla paralisi, non sembra però un’impresa facile.

È noto che Scholz e la Baerbock hanno visioni diverse sulle relazioni internazionali. I socialdemocratici tedeschi, per esempio, hanno sempre avuto rapporti amichevoli con la Russia di Vladimir Putin, così come li aveva la Merkel. Una vicinanza iniziata dall’ex cancelliere Gerhard Schroeder, favorevole alla costruzione del primo gasdotto Nord Stream e dal 2017 chairman del gruppo russo Rosneft, e proseguita da Frank-Walter Steinmeier, ex ministro degli Esteri nei governi Merkel, attuale presidente della Repubblica federale. La Baerbock, invece, è sempre stata contraria al gasdotto russo, e come leader dei Verdi si è sempre opposta alla costruzione del Nord Stream 2 e all’utilizzo del gas, in quanto energia fossile. Non solo: anche se negli ultimi mesi ha perso lo smalto politico che aveva in primavera, quando alcuni la pronosticavano come prossima cancelliera, e anche se il ministero più ambito dai Verdi, quello per l’Economia e il Clima, è stato assegnato a Robert Habeck, suo parigrado quale co-presidente dei Verdi, nominato vice-camcelliere, la Baerbock ha pur sempre ottenuto un dicastero chiave come gli Esteri.

Alcuni, vista la sua inesperienza nel mondo diplomatico, l’hanno giudicata inadeguata per l’incarico. Ma altri, che ne ammirano la grinta, ricordano i suoi studi negli Stati Uniti (liceo in Florida) e in Inghilterra (London School), e sottolineano che è da sempre filoamericana e atlantista, favorevole alle sanzioni contro la Russia e all’ingresso dell’Ucraina nella Nato, nonché allineata sulle posizioni dure di Joe Biden contro la Cina e i paesi autocratici. Posizioni molto diverse da quelle della Merkel e di Scholz, entrambi concordi finora sul sostegno del neo-mercantilismo tedesco in Cina, e poco disposti a prendere ordini da Washington. Per questo, osserva Niglia, «resta da comprendere se, sui temi globali, il nuovo corso politico tedesco si tradurrà anche in un cambio di rotta».

Su quest’ultimo punto, il saggista francese Thierrry Meyssan, su Voltairenet.org, osserva: «L’accordo di coalizione semaforo allinea la politica tedesca, punto per punto, a quella degli anglosassoni (Usa e Regno Unito)». Non solo. Ora il governo Scholz va oltre, soprattutto su un tema cruciale per le cancellerie dei big mondiali qual è il rapporto con Israele. L’accordo di programma afferma:» La sicurezza d’Israele è interesse nazionale della Germania, che assume l’impegno di bloccare i tentativi antisemiti di condanna d’Israele, anche all’Onu. Parimenti, dichiara che la Germania continuerà a sostenere la soluzione ‘due Stati’ del conflitto israelo-palestinese (ovvero, si opporrà al principio ‘un uomo, un voto’), nonché si compiace della normalizzazione delle relazioni fra Israele e paesi arabi». Conclusione di Meyssan: «È la promozione di una minoranza, non più la sola protezione. Il governo Scholz affossa la tradizionale politica dell’Spd, il cui ministro degli Esteri in carica dal 2013 al 2018, Sigmar Gabriel, definiva il regime israeliano un’apartheid».

A ben vedere, quando definisce la sicurezza d’Israele «una ragion di Stato della Germania», il programma del governo Scholz mostra una maggiore continuità con la politica della Merkel, che nel 2015, a differenza di Gabriel, difese a spada tratta Tel Aviv dalle minacce dell’Iran: «La sicurezza d’Israele è sempre stata ed è tuttora importante per ogni cancelliere tedesco, e così sarà nel futuro. Il mio è un impegno non solo militare, ma globale sulla sicurezza d’Israele. Sicuramente non siamo neutrali». Nell’occasione, respinse sdegnata ogni tentativo di paragonare alla Shoah la politica di Tel Aviv nei confronti dei palestinesi: «L’Olocausto come chiaro tentativo di sradicare gli ebrei è un crimine unico. Questo tipo di paragone è totalmente sbagliato e incomprensibile».

 

Articolo pubblicato su ItaliaOggi

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