Caro direttore,
oramai vedo che ti affanni a propinare (nel senso buono, per carità!) ai tuoi lettori un’idea di giornalismo che pare non andare più di moda. Sbeffeggi qui e lì le redazioni che affinano i loro intelletti nel proporre premi (e ricchi cotillon) a destra e a manca, oppure riconoscimenti su podi di classifiche controverse, i cui criteri oggettivi è difficile da conoscere e riconoscere. Si tratta del segno dei tempi, ma anche di una specie di considerazione del ruolo dei media quale propaggine dei social network dove oramai l’onanismo dei singoli va per la maggiore.
Allo stesso tempo, però, vedo che non ti va proprio giù l’idea che l’editoria diventi campo di battaglia anche dei bravissimi e sgamatissimi lobbisti (non tutti, per fortuna). Alcuni si sono anche rivoltati contro di te nel passato affermando che l’editoria per sua natura è un settore che rientra nell’ampia categoria della lobby, in base alla teoria (non proprio) filosofica per la quale tutti fanno lobby, ad iniziare dai condomini che vogliono far prevalere le proprie ragioni nelle tanto noiose riunioni di condominio.
Insomma la lobby come categoria dell’umanità, ovvero sovrastruttura di ogni azione umana la cui finalità è sempre quella di far prevalere le proprie ragioni. Legittimamente, per carità.
Dunque, ora vorrei fare un esperimento con te e chiedermi e chiedere ai lobbisti editori se un lobbista potrebbe mai pubblicare un pezzo del genere che ti riporto di seguito, e che è stato pubblicato da una testata che fa parte del gruppo editoriale che pubblica anche il giornale che tu dirigi: Il pasticcio (o la magia) della mail di Natale della segretaria di Meloni.
Potremo mai leggere un pezzo di questo genere su una testata il cui editore è un lobbista o il cui socio di un editore è un lobbista che quotidianamente – ovviamente – bussa alle porte del governo?
Me lo chiedo da giorni, perché ricordo che tempo fa sei stato molto lesto nel pubblicare in modo ironico e pungente, ma come sempre garbato come solo un “vecchio” uomo del Sud sa fare, il post sui social network di un lobbista che si vantava col suo pubblico di essere stato ricevuto nelle stanze dei bottoni proprio a Palazzo Chigi.
Ecco un piccolo esperimento fattuale col quale ti ho dimostrato che l’attività editoriale di un lobbista sarà sempre limitata al rispetto per il potere costituito, come è giusto che sia visto che alla base dei rapporti ci deve sempre essere il rispetto assoluto per il potere e per chi lo rappresenta, seppure temporaneamente.
Con stima, ti saluto.