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Beppe Sala

Perché Beppe Sala traccheggia a ricandidarsi come sindaco di Milano

Che cosa farà il sindaco di Milano? L'approfondimento di Walter Galbusera

 

Del tutto inattesa è giunta l’inchiesta giudiziaria sull’Atm di Milano che ha portato alla luce illeciti che sarebbero stati commessi nelle gare d’appalto dell’azienda del trasporto del Comune. Ciò che più sconcerta in questa vicenda è che un oscuro impiegato di quarto livello, senza poteri di firma, che lavorava in un ufficio periferico nei sobborghi di Milano (così è stato descritto dall’amministratore delegato di Atm, Arrigo Giana) abbia potuto per due anni agire da deus ex machina per tutti gli appalti aziendali.

Non è ancora nota la ragione per cui si è avviata l’indagine ma, poiché allo stato sembrano escluse responsabilità di livello superiore, l’unica risposta ragionevole può essere solo quella di una evidente culpa in vigilando, un’imbarazzante inefficacia dei controlli aziendali. Il Fatto Quotidiano con la penna di Gianni Barbacetto è andato al di là delle responsabilità di gestione aziendale con un graffiante articolo ad personam contro il sindaco accusandolo di essere di fatto all’origine dei guai avendo improvvidamente sostituito due anni fa l’ex amministratore delegato Bruno Rota con Arrigo Giana il quale a suo tempo sarebbe stato allontanato da Atm dallo stesso Rota per alcune irregolarità fiscali riscontrate in azienda. Il sindaco viene accusato senza mezze misura di culpa in eligendum per aver spinto Rota alle dimissioni. Beppe Sala da parte sua ha manifestato una profonda indignazione ma ha anche riconosciuto che” c’è una responsabilità nostra, sia chiaro”.

Sarà probabilmente il management a pagare per un incidente di percorso che Sala non gradisce affatto perché rischia di offuscare la sua immagine di sindaco-manager in un momento delicato nel quale si appresta a giocare tutte le carte di cui dispone per scegliere il suo futuro politico. La partita è abbastanza complessa. La cosa più semplice per Sala sarebbe quella di ricandidarsi nel maggio dell’anno prossimo. La Lega a Milano non ha mai messo solide radici e il resto del centro destra, a meno di sorprese allo stato poco probabili, non sembra avere candidati irresistibili. Il sindaco uscente gode di solito di una posizione di vantaggio salvo che, come avvenne per Letizia Moratti, non si registri un fenomeno politico avverso di carattere generale.

Le chances di Beppe Sala di essere rieletto sono buone, non ha commesso errori gravi e, fino all’emergenza sanitaria, ha guidato una città in crescita che trainava il Paese. L’aperitivo per “riaprire Milano” nel momento del diffondersi della pandemia, fu certo un’imprudenza ma pochi avrebbero le carte in regola per assumere le vesti di accusatori. Così come la vicenda giudiziaria nella quale gli si imputò di aver retrodatato una firma per non fermare i lavori di Expo 2015, vengono considerati più che colpe gravi, rischi obbligati di chi amministra una realtà complessa e deve assumersi delle responsabilità.

Perché esita a ricandidarsi? Beppe Sala è impegnato a costruire una sua leadership politica che vada al di là della figura (vincente ma che non ritiene sufficiente) di “buon amministratore del condominio”. La sua esperienza manageriale, fatta di uomini soli al comando non lo mette al suo agio quando deve rispondere politicamente ai partiti e accettare candidature che talvolta non gradisce. La sua collocazione politica è nell’area di centro sinistra seppur non iscritto al Pd, antifascista ma non anticomunista (sostiene di aver votato una volta Pci), non disdegna il voto moderato e si sente molto vicino al mondo cattolico. Mostra attenzione anche per un’area socialista che in città ha ancora radici (Milano è stata la capitale del riformismo di Filippo Turati e di Anna Kuliscioff) ma, pur manifestandone la disponibilità, non ha ancora detto nulla di definitivo sulla vexata quaestio di come Milano possa ricordare Bettino Craxi a vent’anni dalla morte.

Beppe Sala esita su questa vicenda perché non vuol correre il rischio di sollevare polemiche fastidiose col gruppo massimalgiustizialista, forte nel Pd milanese, che ne comprometterebbe i rapporti di buon vicinato. Recentemente è intervento su temi di interesse generale come la scuola e lo smart working con argomenti convincenti anche se dibattuti. Sul trasferimento di poteri alle regioni ha rivendicato il ruolo dei grandi comuni e ha sottolineato l’esigenza di evitare che si passi da un centralismo statale ad un centralismo regionale.

Cos’altro spinge Sala a valutare soluzioni diverse da quella che sarebbe una naturale ricandidatura? Finora Sala è stato il Sindaco-manager che veniva da una operazione di grande successo come Expo 2015 di cui è stato uno dei protagonisti e che ha dato alla città una spinta per continuare il suo processo di crescita bruscamente interrotto dalla pandemia. Le prospettive della città sono inevitabilmente cambiate e se è vero che Milano potrebbe ritrovare le condizioni per una rapida ripartenza, non è affatto sicuro che ciò accada.

Che ne sarà dei grandi progetti urbanistici che avrebbero dovuto trainare la trasformazione socio-economica, tecnologica e culturale della città nel futuro della nuova modernità? Quale sarà la dimensione del disagio e del conflitto sociale che potrebbe esplodere in autunno se la ripresa non fosse garantita dai provvedimenti del governo? Il sindaco di Milano (ma certo non solo lui) si troverebbe ad affrontare un compito assai impegnativo che richiederebbe risorse, poteri adeguati e accordi politici e sociali sul modello dell’unità nazionale che andrebbero al di là delle pur importante Città Metropolitana. Sarebbe una sfida difficile e molto “in salita”. È comprensibile che Sala valuti tutti questi aspetti e rifletta sul da farsi.

La rinuncia alla candidatura creerebbe però non pochi problemi al Pd che, al pari del centro-destra non ha candidature che oggi appaiano vincenti e, soprattutto, non vuole correre il rischio di perdere Milano. Per Nicola Zingaretti la ricollocazione di Sala in un altro prestigioso incarico costituirebbe più un problema che una opportunità. L’ingresso nel mare aperto della politica da parte dell’attuale sindaco di Milano è un obiettivo legittimo e contribuirebbe a migliorare i gruppi dirigenti nazionali ma Beppe Sala deve riflettere bene sulle criticità di una partita complessa il cui esito non è scontato.

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