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Extraterrestri

Perché ai Dem farebbero comodo due nuovi Stati negli Usa

Siccome ogni Stato americano esprime due senatori, la creazione dei due nuovi Stati darebbe, più o meno automaticamente, quattro nuovi senatori al Partito Democratico. La Nota diplomatica di James Hansen

Gli Stati Uniti sono in fibrillazione politica. La parabola Trump ha terrorizzato l’Establishment.

Prima, la traumatizzante sconfitta a sorpresa di Hillary Clinton, poi la performance erratica di The Donald come Presidente, insieme con la sua perdurante popolarità tra la “gente”, hanno creato il timore che il sistema di potere che aveva governato il Paese da decenni stesse cedendo.

La vittoria di Joe Biden alle ultime presidenziali ha rassicurato, ma solo fino a un certo punto. Il suo margine, malgrado il sostegno della quasi totalità dei media, è stato modesto. Il voto popolare di Trump è cresciuto di 11 milioni di elettori rispetto al risultato ottenuto contro la Clinton — anche se non gli è bastato per vincere. Non è irragionevole pensare che, se non fosse stato per la crisi Covid, avrebbe potuto ottenere ancora la Presidenza. Così — anche se l’ex Presidente appare sempre più isolato e fuori gioco—si sente la necessità di trovare una maniera, democraticamente accettabile, per evitare che gli elettori “sbaglino” ancora.

Per il momento — il dibattito è aperto—lo strumento prescelto parrebbe quello di creare due nuovi Stati americani: Porto Rico e il Distretto di Colombia, la “D.C.” di Washington D.C. Sono già parte integrante degli Usa, ma con delle caratteristiche particolari.

Mentre i 700mila abitanti di Washington votano alle presidenziali, i portoricani non vi partecipano. I residenti di entrambi i territori, pur essendo cittadini Usa, non eleggono membri del Congresso, dove sono rappresentati da semplici “osservatori”. Nel caso della capitale, la scelta di far sì che il territorio fosse politicamente “neutrale” risale alla fondazione del Paese come federazione di singoli Stati con un buon grado di autonomia. Nessuno Stato voleva che la capitale nazionale fosse compresa nel territorio di un altro.

Porto Rico entra nell’orbita americana come bottino di guerra dopo la Guerra ispano-americana del 1898. Da allora è una sorta di anomalia amministrativa, Usa ma non esattamente Usa, un “territorio non incorporato” degli Stati Uniti di lingua spagnola. Ha una notevole autonomia, una propria legislatura e un regime fiscale favorevole in quanto i portoricani non pagano le imposte sul reddito federali… La popolazione è di circa 3,2 milioni.

In entrambi i casi, Porto Rico e Washington, i tentativi di farli diventare “Stati” sono antichi, frenati in parte dalla relativa indifferenza delle due popolazioni. In un referendum consultivo dell’anno scorso, un risicato 52% dei portoricani si è espresso a favore dello statehood, una proposta già respinta più volte. L’altro ostacolo all’ammissione dei due territori tra gli Stati degli Usa è squisitamente politico: sono — da sempre e solidamente — feudi Dem.

Dal 2000, secondo il Brookings Institute, il candidato Democratico alla Presidenza ha conquistato oltre l’89% dei voti a Washington.

Siccome ogni Stato americano esprime due senatori, la creazione dei due nuovi Stati darebbe, più o meno automaticamente, quattro nuovi senatori al Partito Democratico. Se ciò non bastasse, c’è una terza opportunità: Guam. L’isola, sperduta nell’oceano Pacifico occidentale, è — come Porto Rico — un territorio non incorporato degli Stati Uniti. Ha solo 160mila abitanti, ma con un pizzico di fortuna potrebbe valere due seggi al Senato…

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