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Nicaragua

Che cosa succede in Nicaragua?

Il caso Nicaragua dimostra quanto siano labili i confini tra stati democratici e autoritari. Il commento di Giuseppe Gagliano.

Partiamo come di consueto dai fatti di cronaca. In base a quanto riportato dalla Reuters, Blinken ha sottolineato – alla stessa stregua del ministero degli Affari esteri spagnolo – come ormai la situazione in Nicaragua sia degenerata come si evince dalla semplice constatazione che le elezioni che ci sono recentemente tenute non abbiano di fatto alcun valore democratico. Non a caso, il Consiglio elettorale supremo del paese ha di fatto cancellato uno dei più importanti partiti di opposizione all’attuale governo di Ortega e cioè il Ciudadanos por la Libertad.

Per quanto drammatico sia, questo provvedimento in un contesto che si vorrebbe democratico non deve sorprendere perché proprio recentemente il governo ha fatto arrestare diversi candidati dell’opposizione; inoltre a partire dal 2018 la repressione nei confronti dell’opposizione è diventata non solo costante ma assolutamente consueta. Basti pensare all’arresto con accuse apparentemente legittime di Cristiana Chamorro, di Alfredo Cruz e addirittura di Hugo Torres, ex comandante delle truppe sandiniste.

Ma la repressione attualmente in atto in Nicaragua nasce dall’esigenza di preservare a tutti i costi il potere da parte di Ortega e della moglie Rosario Murillo. Il modello seguito da Ortega è molto simile a quello di tutti i regimi autoritari sia dell’America latina che di quelli africani: il controllo del parlamento che di fatto vanifica qualunque tipo di opposizione, il controllo della corte suprema che rende vana l’autonomia della magistratura e la promulgazione di leggi ad hoc per reprimere qualunque tipo di opposizione. In un contesto di questo genere diventa scontato – diremmo drammaticamente scontato – porre in essere una vera e propria censura sui media e sui social media.

Quanto ormai sia in fase di degenerazione la situazione politica in Nicaragua lo dimostra il fatto che alle critiche del segretario di Stato americano si sono aggiunte non solo quelle della Spagna, ma delle Nazioni Unite, dell’Unione Europea, del Canada e dell’Inghilterra.

Durissima la reazione di Ortega e non tanto nei confronti degli Stati Uniti quanto nei confronti della Spagna, la quale non ha certo titolo per dare lezioni di democrazia visto “le sue gravi questioni in sospeso, che risalgono agli anni ’80, quando il presidente di allora, Don Felipe González, ha creato i cosiddetti Gruppi di liberazione antiterrorismo (GAL) che hanno macchiato per sempre il Paese a causa dei crimini contro l’umanità, mai indagati o processati”.

A questo punto diventa legittima una domanda innocente: ma le democrazie che hanno condannato ripetutamente le violazioni dei diritti umani in Nicaragua sono forse immuni da qualunque critica?

Per quanto riguarda l’America basterebbe ricordare il ruolo dei Contras e di Reagan, mentre per quanto riguarda la Spagna negli anni Ottanta le istituzioni spagnole posero in essere l’esistenza dei Gal, che attraverso azioni contro-terroristiche eliminarono membri dell’Eta basca le cui azioni furono scoperte da un team agguerrito di giornalisti spagnoli.

Gli Stati democratici per contrastare i loro nemici interni – pensiamo al ruolo della CIA per gli USA, dell’MI6 per l’Inghilterra, della Francia con la Dgse e del Mossad per Israele – hanno per lungo tempo condotto una guerra segreta analoga per modalità operative a quella dei propri nemici politici. A dimostrazione di come i confini fra Stati democratici e non siano molto più labili di quanto non si creda.

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