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Mafia

Migranti, quale deve essere il ruolo delle Ong

Consigli non richiesti al governo su Ong e dintorni. L'intervento di Marco Mayer, docente al Corso di Intelligence e Sicurezza Nazionale della Lumsa e al Master in Cybersecurity della Luiss.

 

Il sottosegretario ai Servizi Alfredo Mantovano è magistrato di grande professionalità ed esperienza che gode della stima di tutti, maggioranza e opposizione. Sono certo che valuterà come contributo costruttivo questa mia osservazione critica su un passaggio del suo intervento alla conferenza stampa dedicata alla Relazione al Parlamento da parte dei vertici di DIS, AISE e AISI alla presenza del presidente del COPASIR, On. Lorenzo Guerini.

Mantovano, riprendendo un passaggio importante della Relazione del DIS sui flussi migratori, ha dichiarato quanto segue. Cito dal Messaggero:

La presenza di navi umanitarie delle ONG presenta il rischio di favorire “oggettivamente” (non è un giudizio etico) le attività dei trafficanti.

Non nego che con le ONG possano esserci rischi, come sottolinea la Relazione, ma c’è un lato della medaglia a cui né i nostri servizi né Mantovano non hanno fatto cenno, e che trovo utile condividere con i lettori di Startmag.

UN RISCHIO BASSO

La mia esperienza pluriennale sul campo e le mie ricerche empiriche indicano che le ONG non costituiscono solo un rischio, ma che esse rappresentano – altrettanto “oggettivamente” – una opportunità sia nel soccorso umanitario che in materia di sicurezza.

È importante precisare innanzitutto che i rischi di cui ha parlato Mantovano sono facilmente monitorabili perché siamo di fronte ad una fenomeno numericamente modesto. In questo momento il rischio è basso: se non erro, sta operando solo la nave Life Support della nostra Emergency.

Quando le ONG appartengono ad altre nazioni europee, indubbiamente c’è qualche preoccupazione in più, ma le eventuali difficoltà con i servizi collegati devono essere affrontate a livello intergovernativo e non scaricate sulle organizzazioni e sugli operatori umanitari.

Non si può inoltre dimenticare che ONG come MSF agiscono come soggetti attuatori delle agenzie delle Nazioni Unite perché hanno ricevuto lo status previsto dal Consiglio economico e sociale dell’ONU.

Ma al di là di questo aspetto, il numero complessivo dei natanti e delle ONG si può contare sulle dita delle mani, e non è davvero difficile esercitare una vigilanza accurata sulle operazioni di salvataggio che esse compiono in mare.

Una seconda premessa è indispensabile. Le maggiori operazioni di prevenzione e di intelligence non si arenano certo sulle spiagge e nel mare, ma nelle capitali dei paesi di transito e di partenza. È vero che da alcuni stati compriamo ingenti risorse energetiche, ma nei paesi dove l’economia illegale è diffusa nessuno non ha veramente interesse a stipulare e rendere operativi neppure gli accordi bilaterali di riammissione.

LE ONG SONO (ANCHE) UN’OPPORTUNITÀ

Tutto ciò premesso, perché le ONG, oltre a costituire un rischio, rappresentano un’opportunità?

Gli addetti ai lavori sanno bene che in Italia il successo pluridecennale delle operazioni antiterrorismo (e dei suoi intrecci con la criminalità organizzata) dipende da tre fattori concatenati:

  1. L’ esperienza investigativa maturata dalla seconda metà degli anni Settanta ad oggi. Penso in particolare al metodo Dalla Chiesa e al metodo Falcone, i cui principi ispiratori sono tuttora pienamente validi;
  2. Le normative avanzate in materia penale e amministrativa (per esempio le espulsioni);
  3. la capacità di stabilire relazioni di fiducia con le comunità straniere da parte delle autorità pubbliche preposte alla prevenzione, degli enti locali, delle chiese e – last but not least – delle ONG.

Quest’ultimo punto è importantissimo. Mi limito a ricordare che nelle emergenze umanitarie la fiducia scatta spesso proprio nella fase iniziale dell’aiuto, per poi svilupparsi e consolidarsi negli anni.

Per le autorità pubbliche non è facile mantenere contatti e canali fiduciari stabili e durevoli con le comunità straniere ai fini delle attività di prevenzione. In molteplici occasioni il prezioso apporto di conoscenza dei migranti si sviluppa tramite le ONG, i patronati, gli stessi sindacati.

Costruire fiducia richiede anni, ma talora basta poco per incrinare la fiducia e le relazioni virtuose tra associazione dei migranti, ONG, comuni e la stessa polizia di prevenzione. Per questo motivo l’ipocrita doppiezza su MSF di cui ho parlato su Startmag deve finire al più presto: non solo per motivi umanitari, ma anche per pressanti ragioni di sicurezza.

A chi fa orecchie da mercante su questo punto, ricordo i viaggi che Matteo Mattina Denaro avrebbe fatto in Tunisia, secondo indiscrezioni di stampa.

Gli interrogativi che ho sollevato sulla Guardia costiera e sul ruolo del ministero di Matteo Salvini tra le 22:30 del 25 febbraio e le 4:58 del 26 febbraio sono stati ripresi e rilanciati da numerosi media mainstream.

Spero che altrettanta attenzione sia dedicata al tema delle ONG. Per usare un linguaggio tecnico, i giornalisti dovrebbero porre al sottosegretario Mantovano la seguente domanda:

È più utile disporre dell’opportunità di “Honey Pots” (confezioni di miele) rappresentati dalle ONG, o liberarsi di esse per presunti rischi “pull factors” che – stando alle ultime ricerche empiriche – sono peraltro tutti da dimostrare?

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