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Mes, che cosa è il Meccanismo europeo di stabilità (e perché Salvini e Conte litigano)

Storia e cronaca del Mes (Meccanismo europeo di stabilità): lo scontro Salvini-Conte, le parole di Visco, le critiche di Bagnai e Borghi, le rassicurazioni di Centeno e il tweet (a sorpresa) di Cottarelli...

 

In un Paese stretto fra emergenza maltempo – e devastanti conseguenze – e la trattativa con Arcelor Mittal per non far chiudere l’ex Ilva di Taranto, a scaldare ulteriormente gli animi ci pensa la riforma del Mes, il Meccanismo europeo di stabilità, che a breve entrerà nel vivo.

Le polemiche – divampate di nuovo dopo l’audizione in commissioni riunite Bilancio e Politiche Ue di Giampaolo Galli e dopo i “rischi” paventati dal governatore Ignazio Visco ma già sorte nei mesi scorsi – sono alimentate soprattutto dalla Lega, fortemente contraria alla riforma e anche al Mes come espresso già quando era al governo. Il culmine ieri sera, con il botta e risposta fra il leader del Carroccio, Matteo Salvini, e Palazzo Chigi: l’uno dà del traditore al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte; l’altro gli rinnova l’accusa di “imperdonabile trascuratezza per gli affari pubblici”.

COS’E’ IL MES

Nato nel 2012 per sostituire i preesistenti Fondo europeo di stabilità finanziaria e Meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria, il Mes (o Esm secondo l’acronimo inglese) vuole essere una sorta di Fondo monetario europeo per sostenere i membri dell’area euro in difficoltà cui si offre un programma di aiuti in cambio di riforme strutturali. La sua riforma desta allarme per il nostro Paese – secondo ambienti politici e intellettuali – perché prevede che il supporto finanziario sia attivato in caso di turbolenze sui mercati del debito pubblico ma qualora ricorrano alcune condizioni: non trovarsi in procedura d’infrazione, avere da due anni un deficit sotto il 3% e un debito pubblico sotto al 60%. Dunque, l’Italia sarebbe esclusa dal supporto cui potrebbe accedere – in seconda battuta – solo se accettasse una ristrutturazione del debito.

STORIA RECENTE DEL MES

Come ricorda oggi Repubblica la questione è stata affrontata a giugno durante un Eurogruppo. Tra i ministri delle Finanze dell’area euro si era trovato un compromesso relativamente alla riforma del Mes tra cui stop agli interventi della Troika con gestione dei prestiti da parte del Fondo e della Commissione Ue in modo più politico, accesso più semplice alle linee di credito precauzionali, clausola per cui – in caso di ristrutturazione del debito – si chiede ai fondi speculativi di “pagare dazio”. Un accordo che però non ha avuto seguito: tutto è stato rinviato a dicembre, prima all’Eurogruppo e poi al vertice dei capi di Stato del prossimo 13 dicembre, ha scritto Alberto D’Argenio di Repubblica. Occorre pure ricordare, come fa sul suo profilo Twitter Marco Bresolin della Stampa, che al momento “non c’è nulla di definitivo: per entrare in vigore, la riforma necessita della ratifica di tutti i 19 Parlamenti nazionali. Altrimenti non passa”. Dunque, l’Italia potrà porre il veto – oltre che nei due appuntamenti prima di Natale – anche nel 2020, quando il Parlamento sarà chiamato a ratificare il nuovo trattato del Mes.

Per inquadrare meglio le accese polemiche va ricordato che al vertice di giugno Conte si è presentato vincolato da una risoluzione del suo governo – allora gialloverde – che lo impegnava a non firmare una riforma dannosa per il Paese.

L’ATTACCO DELLA LEGA

La Lega è sempre stata molto attenta alla questione, come dicevamo, e già lo scorso giugno aveva presentato un’interrogazione all’allora ministro dell’Economia e delle Finanze, Giovanni Tria. In questi giorni il Carroccio, trainato dal deputato Claudio Borghi e dal senatore Alberto Bagnai, è tornato ad affondare il colpo in seguito ai “rischi” paventati dal governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco. Ieri un duro attacco nei confronti del presidente del Consiglio è arrivato dal leader leghista in prima persona. “Vorrei chiedere a Conte se nei mesi passati ha firmato, magari di nascosto o di notte, un accordo in Ue per cambiare il Mes – ha scritto su Facebook – e cioè il fondo salva stati in fondo ammazza Stati. Chi ha voglia chieda a Conte se, senza autorizzazione del Parlamento e ovviamente della Lega, ha dato l’ok dell’Italia – e sarebbe alto tradimento – a trasformare il fondo salva Stati in un fondo ammazza Stati che mette a rischio il risparmio degli italiani o i titoli. Se ciò è avvenuto rischia di essere un crimine contro il popolo italiano. Se qualcuno lo ha fatto lo dica prima che sia tardi e si ponga rimedio altrimenti sarà alto tradimento e per i traditori il posto giusto è la galera”.

IL CHIARIMENTO DI PALAZZO CHIGI

A fine giornata, una lunga nota ufficiosa di Palazzo Chigi diramata dall’Ansa (ma non pubblicata sul sito di Palazzo Chigi) ha gettato acqua sul fuoco. “La Presidenza del Consiglio ha l’obbligo di chiarire le notizie infondate e false diffuse, anche oggi, dal senatore Matteo Salvini. Innanzitutto, la revisione del Trattato sul Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes) non è stato ancora sottoscritto né dall’Italia né dagli altri Paesi e non c’è stato ancora nessun voto del Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, o degli altri Capi di Stato e di governo europei sul pacchetto complessivo di questa riforma. In definitiva, nessuna firma né di giorno né di notte” riportano le agenzie di stampa. “La sottoscrizione – spiegano le stesse fonti – è calendarizzata per il prossimo mese di dicembre e il Ministro dell’Economia Gualtieri ha già chiarito, per iscritto, la sua disponibilità a riferire alle Camere l’avanzamento dei lavori e a illustrare nel dettaglio i contenuti della riforma, anche con riguardo all’intero pacchetto”.

Da Palazzo Chigi precisano inoltre che, “in ogni caso, il Parlamento italiano ha un potere di veto sull’approvazione definitiva della revisione Trattato Mes e avrà modo di pronunciarsi in sede di ratifica, quindi prima di ogni determinazione finale in merito alla sua entrata in vigore. Si ricorda, inoltre, che il Presidente Conte ha riferito alle Camere il 19 giugno scorso, accogliendo la risoluzione parlamentare che impegnava il Governo ad esprimere una valutazione finale sul negoziato soltanto all’esito della definizione dell’intero pacchetto di riforme che, oltre alla revisione del Mes, prevede la creazione di uno strumento di bilancio per la competitività e la convergenza nell’Eurozona (Bicc) e l’approfondimento dell’Unione bancaria”.

In linea con questo indirizzo del Parlamento “il 21 giugno scorso il Presidente Conte ha insistito perché fosse inserito, nelle comunicazioni finali dell’Eurosummit, un chiaro riferimento a proseguire la revisione del trattato promuovendo le differenti riforme in base ad una ‘logica di pacchetto’. A seguito di questo intervento e dell’intenso confronto che ne è seguito, nel testo delle comunicazioni finali dell’Eurosummit è stata inserita la seguente formula: ‘…invitiamo l’Eurogruppo in formato inclusivo a proseguire i lavori su tutti gli elementi di questo pacchetto globale’, formula, questa, che non compariva nel testo precedente. Il giorno stesso, 21 giugno, dopo la conclusione dei lavori dell’Eurosummit, il testo delle comunicazioni finali è stato pubblicato sul sito del Consiglio europeo (www.consilium.europa.eu)”.

E alla fine, una stoccata al leader del Carroccio: “Il senatore Salvini, all’epoca era Vicepresidente del Consiglio dei Ministri nonché Ministro dell’Interno, e avrebbe dovuto prestare più attenzione per l’andamento di questo negoziato, tanto più che l’argomento è stato discusso in varie riunioni di maggioranza, alla presenza di vari rappresentanti della Lega (Viceministri all’Economia e Presidenti delle Commissioni competenti). Il fatto che il senatore Salvini scopra solo adesso l’esistenza di questo negoziato è molto grave. Denota una imperdonabile trascuratezza per gli affari pubblici” conclude la nota ufficiosa.

STOPMES O STOP RIFORMA MES?

Sulla questione si registra anche l’intervento di Carlo Cottarelli, direttore dell’Osservatorio sui Conti pubblici italiani dell’università Cattolica ed ex commissario per la revisione della spesa. Cottarelli invita a fare una distinzione: “La campagna #StopMes – scrive su Twitter – è solo demagogia. La proposta di riforma del MES è sbagliata e l’Italia si deve opporre, ma il #MES (il fondo salvastati) non va abolito. Ne potremo avere bisogno purtroppo. Sarebbe come se chi sta poco bene chiedesse di abolire l’ambulanza”.

Parole cui a stretto giro ha risposto Borghi, sempre sul social: “Carlo forse non hai capito, non è che c’è una riforma giusta e una sbagliata. C’è solo la riforma sbagliata a cui Conte non si è opposto quando doveva e che ci verrà presentata inemendabile. Chiaro adesso?”.

LE RASSICURAZIONI DI CENTENO

Nelle stesse ore il presidente dell’Eurogruppo, Mario Centeno, ha risposto a un parlamentare leghista che chiedeva conto della faccenda, stavolta a Bruxelles. “Nessuna ristrutturazione automatica” del debito nella riforma del Mes “anzi, al contrario, stiamo riprogettando, ridisegnando e proponendo nuovi strumenti per impedire l’effetto contagio che si è verificato nella crisi del 2009-2010”: ha risposto all’eurodeputato Antonio Maria Rinaldi durante l’audizione al Parlamento europeo. Centeno ha poi aggiunto che il nuovo trattato sul Mes “l’anno prossimo dovrà essere ratificato da tutti i Paesi, dall’organo preposto” e che quindi è quella la sede per discuterlo nei parlamenti nazionali. “In quel dibattito emergeranno i vari elementi e noi speriamo sia ratificato da tutti” ha detto ancora Centeno secondo cui si tratta di “uno strumento molto importante per superare le difficoltà della crisi” di questi anni e “se 10 anni fa avessimo avuto già uno strumento come l’Esm, posso garantirle che avremmo potuto gestire la crisi molto meglio”.

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THREAT DI GEOPOLITICAL CENTER SUL MES

Il MES altro non è che il ‘nipote’ dei precedenti fondi salva Stato europei. Ricorderete sicuramente il Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria e il Meccanismo Europeo di Stabilizzazione Finanziaria. Questi strumenti erano nati per far fronte alle crisi sistemiche dei paesi membri, in seguito alla grave crisi finanziaria post 2008. Il MES nasce dalle ceneri dei precedenti due, con la differenza che quest’ultimo ha l’ambizione di diventare un vero e proprio Fondo Monetario, ma su scala Europea. In altre parole, come già fa il FMI, aiuti in cambio di riforme strutturali.

Ad un certo punto del cammino, e siamo a giugno del 2019, vengono proposte delle modifiche al MES. Già come strumento, inizialmente, non era un esempio né di lungimiranza né di equità nei confronti dei paesi che ne chiedevano l’intervento. Se possibile, però, con le modifiche proposte diventa ancora più aberrante. Soprattutto per paesi come l’Italia. Partiamo da un presupposto, l’Italia, come gli altri stati membri, è obbligata a contribuire al fondo. Ad oggi abbiamo donato 60 MLD di euro, serviti a calmierare la crisi in paesi quali Grecia e Spagna. La modifica proposta pone adesso un vincolo: anche se sei contributore netto del fondo, se tu Stato sei in difficoltà, potrai ricevere aiuti in denaro se e soltanto se:
1) Non sei in procedura di infrazione
2) Il tuo deficit è sotto al 3% da due anni
3) Il rapporto debito PIL è sotto il 60%.

Avete già capito che l’Italia, in caso di necessità, sarebbe fuori. A meno che, a meno che, non accetti una ristrutturazione del debito.

Ora, badate bene, ristrutturare il debito significa ridurre il valore nominale dei titoli di Stato. Oggi avete 100, in titoli di Stato? Domani il loro valore sarà 60, 70, 80. Deciderà il MES.

Teniamo conto che più del 70% del debito pubblico italiano è in mano a investitori italiani, e capirete da soli la portata devastante di questo provvedimento. Prima vi tolgono soldi, tante decine di miliardi, da versare sul fondo. E se un giorno ne aveste bisogno, vi taglieranno il valore dei titoli che avete in tasca. E vale praticamente per tutti, anche se alla maniera italica, alcuni di voi staranno dicendo: tanto io non ho titoli di Stato.

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