Mario Draghi, ex-presidente del Consiglio ed ex-presidente della Bce, sta ultimando la stesura del rapporto sulla competitività europea che gli è stato commissionato dalla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen. Qualche giorno fa il quotidiano Politico ne ha ottenuto una bozza, nella quale si descrivono in particolare i problemi dell’industria della difesa, tra spesa pubblica insufficiente (l’intera Unione europea investe nel settore circa un terzo degli Stati Uniti), limitata internazionalizzazione delle aziende e scarso coordinamento sulle forniture (le società di armamenti europee dipendono per l’80 per cento da fornitori esteri, perlopiù americani).
Tra i problemi dell’Unione europea certificati dall’ex-presidente del Consiglio ci sono anche la scarsa capacità di innovazione, i costi elevati dell’energia, le lacune nelle competenze avanzate e il ritardo del settore digitale.
UN “PRINCIPIO DI PREFERENZA EUROPEO” PER LE AZIENDE DELLA DIFESA
Scrive Draghi che “la base industriale della difesa dell’Unione europea sta affrontando sfide strutturali in termini di capacità, know-how e vantaggio tecnologico. Di conseguenza, l’Unione europea non sta tenendo il passo con i suoi concorrenti globali”. E propone, tra le altre cose, la creazione di un’autorità centrale per l’industria della difesa e l’introduzione di un “principio di preferenza europeo” che favorisca i sistemi made in Eu rispetto a quelli stranieri.
COS’ALTRO C’È NEL RAPPORTO DI DRAGHI
Il rapporto sulla competitività di Draghi dovrebbe venire presentato ufficialmente lunedì prossimo. Ma, secondo le indiscrezioni riportate dal Sole 24 Ore , sarebbe già stato illustrato ai rappresentanti diplomatici dei paesi membri dell’Unione e ai capigruppo parlamentari.
Il rapporto – dalla lunghezza di circa quattrocento pagine – si concentra sulla produttività, sulla riduzione delle dipendenze dagli stati terzi, sull’ambiente e sull’inclusione sociale, oltre a fornire indicazioni specifiche per i dieci principali settori economici. Draghi avrebbe anche sottolineato la necessità di trovare un compromesso tra investimenti e debito pubblico, tra politica industriale e libera concorrenza, tra urgenza climatica ed attività economica. Avrebbe inoltre fatto allusioni alla necessità di riformare le istituzioni europee, inclusa la Commissione.
La nuova Commissione europea, guidata sempre da Ursula von der Leyen, dovrebbe integrare le proposte di Draghi nel proprio programma politico – e pare che sarà così, a giudicare dalle priorità esposte da von der Leyen a luglio -, assieme alla relazione di Enrico Letta sul futuro del mercato unico.
LE AZIENDE AMERICANE OSSERVANO…
Le anticipazioni del rapporto sono state osservate da diverse grandi aziende americane, che hanno rivolto la loro attenzione in particolare su alcuni temi toccati da Draghi, come l’autonomia strategica e la sicurezza economica dell’Unione, gli aiuti di stato e le condizioni preferenziali negli appalti per le società europee, o anche i finanziamenti comunitari allo sviluppo delle infrastrutture elettriche.
COSA PENSANO GLI STATI MEMBRI DELL’UNIONE DEL RAPPORTO DRAGHI?
Nonostante non sia ancora stato presentato ufficialmente, gli stati membri dell’Unione europea hanno già espresso dei commenti.
Finlandia, Svezia, Irlanda e Portogallo, ad esempio, hanno insistito sulla necessità di mantenere la parità di condizioni nel mercato interno. Germania, Francia e Spagna hanno sottolineato il ruolo del commercio internazionale nella promozione della competitività europea. Ancora Germania e Francia, più i Paesi Bassi, la Danimarca, la Svezia e il Lussemburgo, si sono concentrati sullo sviluppo dei mercati dei capitali. Mentre tra la Danimarca, il Portogallo e la Francia è emerso il tema dei costi dell’energia.
Lettonia e Lituania, infine, hanno ribadito la necessità di rafforzare le capacità di difesa comunitarie.