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Berlusconi

Marco Gervasoni, Elly Schlein e il doppiopesismo

Il corsivo di Paola Sacchi sulla polemica per il tweet del professor Marco Gervasoni sulla copertina dell'Espresso con la foto della vicepresidente della Regione Emilia Romagna, Elly Schlein

Il professor Marco Gervasoni, storico, saggista, docente all’Università del Molise, editorialista del Giornale, non è nuovo alle polemiche per i suoi tweet provocatori, rudi, con venatura goliardica, certamente opinabili. Per uno sull’immigrazione, come lui denunciò, non gli fu rinnovato il contratto alla Luiss. Ne parlai, a sua difesa, su Startmag, citando” Lo scherzo” di Milan Kundera. Ma per quello sulla vicepresidente della Regione Emilia Romagna, Elly Schlein, si è scatenata una buriana tale che ora qualcuno a sinistra chiede perfino l’allontanamento di Gervasoni dall’Università del Molise, dove è docente di Storia contemporanea, ovvero la sua principale attività.

Io, da follower del professore che conosco (ci siamo ritrovati sempre sulla strenua difesa della memoria di Bettino Craxi) e che a sua volta mi onora con il suo follow, non avevo messo il like al tweet “incriminato”. Che è riferito alla copertina dell’Espresso con la foto della vice di Stefano Bonaccini, portatrice delle istanze di una nuova sinistra.

Non amo in generale il tweet troppo personalizzato, anche su personaggi distanti dalle mie idee. Ma francamente la battuta non felicissima di Gervasoni, “ma che è, n’omo”, non la ho ritenuta così offensiva da scatenare un putiferio tale che sembra come la parodia di un plotone d’esecuzione, contro il professore, del “pensiero unico politically correct” di certa sinistra, supportata dai media mainstream. E quando ho visto su Twitter la reazione di Bonaccini, che ha dato del “cialtrone” a Gervasoni, quando ho letto certe cronache dove viene accusato di “sessismo, omofobia” e chi più ne ha più ne metta, ecco, ho pensato al nulla con il quale gli stessi reagirono a certi insulti fatti dal mondo di sinistra e grillino sul web alla presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni.

E, visto che stiamo parlando di Emilia Romagna, ho pensato innanzitutto alle cose grevi, ai commenti offensivi piovuti addosso alla allora sfidante di Bonaccini, la senatrice leghista Lucia Borgonzoni. Attaccata anche per il suo aspetto fisico. Il sindaco Beppe Sala di Milano, un pd di rango, ricordo che disse perfino di non sapere da che parte fosse girata. Sala poi chiese scusa. Ma contro “Lucia” si scatenò per tutta la campagna elettorale una vera e propria tempesta di volgarità sinistre sul web. Fu presa di mira, con battutine, in tv, anche da donne di sinistra. E lo stesso Bonaccini, ma questa è cosa sgradevole, non un insulto, ebbe con lei un atteggiamento di una sufficienza tale che forse con un uomo non avrebbe mai usato, della serie: ora le spiego bene come funziona l’Emilia. Questo detto a Borgonzoni che a Bologna è nata, cresciuta e vive. Si candidò anche per il Comune. Lucia replicò sempre con il sorriso sulla bocca e con signorile calma.

Ma torniamo ai nostri giorni: l’attuale candidato Pd della Toscana Eugenio Giani recentemente ha persino descritto la sua sfidante leghista, per il centrodestra, Susanna Ceccardi, al guinzaglio di Matteo Salvini, un po’ sulla falsariga delle accuse fatte a Borgonzoni. Anche Giani ha poi rettificato. Ma, intanto, come Sala, la battuta molto infelice l’aveva fatta.

Ecco, in tutti questi casi che ho elencato le accuse di “odio, sessismo” sono praticamente passate in cavalleria dalle parti del Nazareno e dintorni, oltre che sui “giornaloni”. Nessuna indignazione da parte degli organi del “pensiero unico politicamente corretto” di sinistra, nessun “plotone di esecuzione” come per il professor Gervasoni.

Quindi, le dirigenti del centrodestra si possono tranquillamente insultare, denigrare, insolentire, svillaneggiare, mettere nelle vignette a testa in giù, come è accaduto a Meloni, senza colpo ferire? Le parodie da “plotone d’esecuzione”, secondo il mio modo di pensare, non vanno bene per nessuno. Sono per la libertà di espressione, ovviamente nell’ambito di determinati limiti.

Ma i “plotoni” o “plotoncini”, dal sapore vagamente rieducatorio, non vanno bene neppure per Gervasoni. Che è diventato lo scandalo al sole di questo finale d’estate, con altri e gravi problemi all’orizzonte.

Non vanno bene, soprattutto quando, come certa sinistra e i suoi “organi” del pensiero unico politicamente corretto, non si è per niente credibili, visti i trascorsi, sotto questo aspetto. Usare, come è stato fatto e si fa, il solito doppiopesismo o in questo caso “doppiosessismo” toglie ogni autorevolezza per salire in cattedra sulla materia. E metter su “tribunali” di un popolo, che a sinistra non c’è più.

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