A un anno dalle elezioni vinte dal centrodestra a sua trazione personale e politica Giorgia Meloni può ben sentirsi ed essere soddisfatta. E ciò a dispetto dell’annuncio un po’ troppo prematuro della fine della ”luna di miele” fatto recentemente dal Corriere della Sera per un calo del gradimento personale, “per la prima volta” sotto il 50 per cento, rilevato da un sondaggio Ipsos raccontato e analizzato da Nando Pagnoncelli.
Anche se si volesse preferire, come ha fatto ieri La Stampa, il sondaggio meno generoso della Euromedia di Alessandra Ghisleri, che attribuisce ai fratelli e sorelle d’Italia il 27,6 per cento delle intenzioni di voto, contro il 30 e più dell’Ipsos, la premier potrebbe vantarsi di aver fatto guadagnare al suo partito più di un altro punto e mezzo. E di avere portato il centrodestra. o destra-centro, dal 43,8 al 45,7 per cento.
In sofferenza nella coalizione di maggioranza – più che comprensibilmente dopo la scomparsa di Silvio Berlusconi – è solo Forza Italia, scesa dall’8,1 al 7 per cento attribuitole da Euromedia fra la sorpresa, la delusione e quant’altro -credo- del Riformista di Matteo Renzi. Che proprio ieri, sbandierando un altro rilevamento, attribuiva meno del 6 per cento ai forzisti e dava quindi ad Antonio Tajani dell’”insufficiente. Il sogno di Renzi e del suo nuovo “Centro” è di fagocitare appunto Forza Italia, strappando alla buonanima del Cavaliere ciò che in vita gli aveva sempre negato, anche quando a perorarne la causa, con tanto di libro e di articoli sul Foglio, era un comune amico come Giuliano Ferrara: la sua adozione come “royal baby”.
A un tale riconoscimento non è oggi disponibile neppure l’ex ministra forzista Letizia Moratti, che ha annunciato al Giornale il suo rientro nel centrodestra per “rafforzarne – ha detto – quella componente” moderata senza la quale “la coalizione oggi al governo potrebbe slittare fatalmente ancora più a destra, accentuando uno spostamento all’estrema già in corso con conseguente disagio di una parte non trascurabile dell’elettorato”. Un disagio che Ferrara smentisce titolando, sempre sul Foglio: “Meloni una di noi, chi l’avrebbe detto”.
In una situazione di espansione e non di arretramento della maggioranza, per non parlare dello sbandamento delle opposizioni divise fra di loro, appare quanto meno paradossale il rimprovero mosso alla Meloni da Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera di avere fatto peggio di Benito Mussolini col suo primo governo, rinchiudendosi “in una sorta di ridotto della Valtellina” identitario o, se si preferisce evitare infelici memorie, in una sorta di quadrato di Villafranca, costituito da compagni quasi di scuola, da fedelissimi della prim’ora, da vecchi militanti amici, da congiunti e parenti stretti, che tutti quindi le debbono tutto”. Al professore, in un’auto con tanto di cambio ancora a mano, è un po’ scivolato il piede sulla frizione.