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Giorgetti

Le spremute d’odio contro Berlusconi distillate nel giorno dei funerali di Stato

Gli ultimi sprechi d’odio contro Berlusconi nel giorno dei funerali di Stato. Il caso Travaglio e non solo. I Graffi di Damato

 

A pochi giorni, o ore, di distanza sono tornati a incrociarsi drammaticamente i due protagonisti, o esponenti emblematici, della stagione bipolare della politica italiana cominciata nel 1994. Muore Silvio Berlusconi, il vincitore delle elezioni anticipate d quell’anno volute da un Achille Occhetto convinto di stravincerle e concesse al Quirinale da un Oscar Luigi Scalfaro insofferente ad ogni resistenza, e Romano Prodi, il primo antagonista riuscito poi a sconfiggere il Cavaliere, perde la moglie Flavia, mortagli fra le braccia vicino ad Assisi.

Ci sarebbe da rimanere impietriti davanti a tanta tragica coincidenza, che dà la misura dell’imponderabile che sovrasta tutto e tutti. E da mettersi le mani fra i capelli di fronte agli ultimi sprechi d’odio di cui si sono rivelati capaci i nemici di Berlusconi contestandone gli odierni funerali di Stato -diventati “funerali dello Stato” nel titolo di copertina del Fatto Quotidiano– e il lutto nazionale proclamato dal governo. “Un lutto per dividere”, ha voluto titolare anche Repubblica con una decisione che forse non avrebbe preso il fondatore Eugenio Scalfari, tentato negli ultimi anni addirittura dall’idea di votare il pur odiato Berlusconi contro l’ancor più odiato e, secondo lui, pericoloso Beppe Grillo.

Non contento dei suoi titoli – dopo il “banana” dato ieri all’appena defunto ex presidente del Consiglio – il direttore del giornale ormai più spietato d’Italia ha voluto insultare nel suo editoriale contro “la leggenda del santo corruttore” praticamente tutta la stampa e la televisione, anche quella che ne ospita quasi quotidianamente le opinioni e i lazzi, cioè La7 di Urbano Cairo, per la presunta accondiscendenza verso un morto immeritevole di rispetto e umana pietà. “Agli innumerevoli delitti commessi da vivo. B. ne ha aggiunto un ultimo da morto”, appunto. “Il più imperdonabile”, ha aggiunto Travaglio spiegando: “Averci lasciato questa corte di vedove (non le due vere e quella finta: tutte le altre), prefiche, leccaculi, paraculi, piduisti, terzisti, parassiti, prosseneti, camerieri, servi sciocchi e soprattutto furbi che da due giorni lacrimano per finta (solo lui riusciva a piangere davvero a comando) a reti unificate, devastando quel po’ di informazione e di dignità nazionale che gli erano sopravvissute”.

Continua tuttavia ad esserci non dico un giornale diverso dal suo, né un partito o movimento ma almeno un uomo che consente a Travaglio di consolarsi. Si tratta naturalmente di Giuseppe Conte, l’ex presidente del Consiglio ingiustamente allontanato da Palazzo Chigi da Sergio Mattarella per sostituirlo prima con Mario Draghi e poi con Giorgia Meloni. A costui sono bastate le proteste di Travaglio per rimangiarsi alcune parole di rispetto sfuggitegli per il morto Berlusconi e annunciare il rifiuto di partecipare ai funerali unendosi -parole sempre del titolo del Fatto Quotidiano– a “Mattarella, Meloni, Schlein & C in Duomo”, a Milano.

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