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Conte

Le mezze verità dell’Harvard Business Review sull’Italia anti Covid-19

Lo studio pubblicato dall'Harvard Business Review sulla risposta dell'Italia alla pandemia secondo Peter W. Kruger che su Facebook sta seguendo e analizzando numeri e tendenze della Covid-19

Ora che, a 38 giorni dall’inizio di questa catastrofe, anche la Harvard Business Review (HBR) certifica tutti gli errori madornali di crisis management da parte delle nostre autorità, ci diamo una svegliata?

Quello che segnala HBR sono tutte cose che ripetiamo da settimane:

– bias di conferma, ovvero “tutto è nella norma” (es. “siamo il paese più preparato al mondo”. “No, non mi piace la parola guerra” ecc. ecc.)

– strategia reattiva (spegnere i focolai quando l’incendio già investe tutta la foresta) e risposte parziali, tipo: zone rosse “ma anche” aperitivi; lockdown “ma anche” jogging e fabbriche aperte; facciamo tamponi “ma solo” ai malati conclamati. O, peggio, risposte che fanno perdere tempo, tipo: “Facciamo come i cinesi! No, facciamo come i coreani! Anzi, no, facciamo come i giapponesi! Ma che dici? Facciamo come gli israeliani!”. E, intanto, facciamo nulla…

– Dati. Assenza di qualsiasi strategia per conoscere lo stato reale di diffusione dell’epidemia (cioè, navighiamo al buio)

Come si cambia? Facendo l’esatto opposto:

– Nulla è nella norma. Siamo in guerra e serve una mobilitazione di guerra. Bando alle corbellerie come ripetersi che gli altri stanno peggio di noi e che siamo i più bravi del mondo. No, abbiamo tanto da imparare. Ad esempio, inutile inventarsi l’app più fica del pianeta, se coreani e israeliani hanno soluzioni già funzionanti e “deployed” su milioni di utenti che puoi subito rilasciare ai cittadini. La verità è che, mentre dibattiamo di privacy e orgoglio nazionale, sono già passate settimane, e ancora abbiamo nulla…

– strategia proattiva e risposte totali. Di fronte a un fenomeno esponenziale (e, no, non pensiate che i rischi esponenziali siano del tutto superati) non puoi permetterti di ragionare per difetto. La velocità è essenziale. A costo anche di essere grossolani. Comunque vada, per quanto tu possa sbagliare, i costi immediati in eccesso saranno sempre esponenzialmente minori di quelli derivanti da soluzioni tardive o insufficienti (vedi ad esempio la Lombardia).

– Dati. Subito il contact tracking, anche in violazione della privacy, pur di avere una mappa quanto più affidabile possibile dello stato reale di diffusione dell’epidemia e dei positivi (da isolare). Nessuna strategia può essere condotta al buio senza conoscere il tuo nemico.

L’unica cosa su cui non sono d’accordo interamente con HBR è la storia sulla frammentazione della risposta. Cioè, sì, ovvio, meglio una risposta unitaria (se ben gestita). Tuttavia, paradossalmente, nella situazione che si è venuta a creare di totale inadeguatezza della risposta governativa centrale, la frammentazione della risposta ha consentito almeno ad alcune regioni di forzare la mano al governo (come la Lombardia) o, addirittura, di andare per proprio conto autonomamente e consegnarci anche degli esempi virtuosi (come il Veneto) che nessuno può far finta di non vedere (anche se, a Roma, la cecità ormai è un problema più grave del coronavirus).

Infine, qualcosa che HBR non ha messo in evidenza: la trappola burocratistica della risposta generata dal sistema. Non si può affrontare una crisi come questa con una classe dirigente di politici e funzionari che sanno solo fare la gara a evadere ogni responsabilità. Finché non cambiamo questa modalità strutturale della nostra risposta, non c’è Speranza (pun intended).

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