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Primo Maggio

La lezione solidale della scuola sulla guerra

Il post di suor Anna Monia Alfieri Carissimi studenti, lo sconcerto, e forse anche la rabbia, non devono fermare il pensiero e bloccare l’azione. La recente pandemia poteva essere considerata una calamità naturale, imprevedibile, estranea ad una mente intenzionata a distruggere. La guerra che viviamo in diretta è una realtà completamente diversa: mina sapienti equilibri…

Carissimi studenti,

lo sconcerto, e forse anche la rabbia, non devono fermare il pensiero e bloccare l’azione.

La recente pandemia poteva essere considerata una calamità naturale, imprevedibile, estranea ad una mente intenzionata a distruggere.

La guerra che viviamo in diretta è una realtà completamente diversa: mina sapienti equilibri internazionali e colpisce l’Europa proprio nel cuore dei diritti fondamentali conquistati sul campo di polvere e sangue della Seconda Guerra Mondiale, semina sconcerto per delitti terribili in una terra, l’Ucraina, che, proprio in virtù delle sofferenze passate, cercava di rafforzare una fragile democrazia. Anche al male c’è un limite, eppure oggi, se non fosse sufficientemente chiaro, siamo di fronte ad una guerra senza regole, quindi fuori controllo. L’Occidente è ostaggio della follia o, forse, delle fake news pateticamente ripetute, come un mantra, addirittura nei Palazzi simbolo della pace fra le Nazioni? Forse questo ribadire e attaccare è segno di una debolezza del male. Ma la risposta della democrazia non può essere la guerra. Forse il male deve consumarsi da sé, per autocombustione. Pio XII ha compreso, nei drammatici fatti della Seconda Guerra Mondiale, che la negatività non avrebbe prevalso, ha sofferto la scelta di non opporvisi platealmente, preferendo contribuire, senza interruzione, a riaccendere la speranza e a ricostruire germi di pace. E la sua talare bianca sporca del sangue dei feriti dei bombardamenti di Roma è rimasta tragico monito delle conseguenze della violenza cieca e distruttrice.

Ecco allora, carissimi ragazzi, la verità è che solo la conoscenza, la lotta all’indifferenza, la ricerca critica, la fermezza nel bene possono salvare l’Europa e l’umanità da una tragedia globale.

Il segno tangibile di queste determinazioni è la solidarietà civile, di cittadini che rinunciano alle ferie, di volontari che – benché economicamente fragili dopo la pandemia – lasciano paure e sicurezze per mettersi alla guida di un pulmino e portare in salvo donne e bambini, di piccole scuole pubbliche paritarie eroiche, maltrattate da anni di bigia burocrazia, indebitate fino al collo pur di non chiudere, presidi di libertà che oggi, sebbene allo stremo, aprono le classi e accolgono bambini e ragazzi, e anche le mamme dove possibile. E’ comunque legittimo – dopo l’accoglienza – che la preside chieda alla legale rappresentante chi pagherà la luce, la giornata alimentare, il mediatore linguistico, lo psicologo, il sostegno, i libri… Ma è giusto accogliere. Si vedrà. Intanto la libertà scorre tra i banchi di una scuola, fiumi di libertà che passano dalla generosità dei genitori, consapevoli della tragedia, pronti ad ospitare e ad accompagnare a scuola il loro bambino con il nuovo compagno. Mentre il Ministro scriveva, già i bambini e i ragazzi ucraini trovavano un banco.

E’ impossibile non ripensare, in questi momenti, agli anni di impegno civile perché venisse garantita in Italia la scuola libera, autonoma per tutti, di qualità, una scuola equa; è naturale ricordare le idiozie che l’hanno ostacolata, l’insipienza che ha fatto chiudere presidi di libertà proprio nelle regioni dove maggiormente occorrevano, buttando i bambini e i ragazzi nelle braccia di mafia e camorra… La situazione odierna apre nuova speranza in una scuola paritaria che resiste e resta in campo per dare un futuro a questi ragazzi, un futuro che passa necessariamente dalla scuola. La prima vittoria morale è ritrovare un occidente non solo capace di prima accoglienza ma anche di offrire nuovamente al futuro – bambini e ragazzi – la possibilità di pensare, di dialogare, di crescere, di sperimentare. Questa è la sfida più grande per una scuola pubblica paritaria, nata libera per tutti e che tale vuol essere oltre ogni vincolo economico; parimenti notevole è la sfida per una scuola pubblica statale, autonoma e di qualità, anzitutto nel corpo docente che ne è l’anima; anche in tempi di covid è stato chiaro che la scuola paritaria accanto alla statale erano necessarie per far ripartire il paese, rimettendo semplicemente gli alunni in classe.

Nessuna guerra ci farà capire il valore della pace, se il fondamento della pace non è la cultura, l’educazione ai valori, la lealtà a partire dai rapporti familiari ed educativi in ambito scolastico.

I genitori che hanno il diritto di “istruire ed educare i figli” (art. 30 della Costituzione), il diritto inviolabile per cui “hanno il diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli” (art 26 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo), devono sapere che il dovere degli Stati Europei è di “rispettare il diritto dei genitori di provvedere nel campo dell’insegnamento secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche” (art 2 della Convenzione Europea sulla dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo). Le radici di un Paese europeo unito, capace di custodire i diritti dell’uomo hanno bisogno di competenza, di conoscenza del passato, altrimenti saremo condannati al dittatore di turno.

Quindi grazie anche a queste scuole, ai docenti, ai genitori, alle suore, ai preti e ai laici che hanno riportato alla luce le ragioni di fondazione della scuola paritaria che è nata pro multis, cioè per tutti.

La solidarietà di tanti cittadini comuni, il gesto eroico della scuola paritaria che risponde alla nuova emergenza nella fedeltà ai Fondatori,  la scuola statale che si riconosce inclusiva quale è sono presupposti concreti, utopici fino all’altro ieri, che mi rendono più sopportabile questa guerra. Carissimi ragazzi, la pace in noi e attorno a noi è certamente frutto di apertura all’altro, di aiuto all’altro ma un aiuto intelligente fatto di accoglienza e integrazione.

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