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Guy Fawkes

La “Guy Fawkes night” e il romanzo “V per Vendetta” nella cultura popolare inglese

Il Bloc Notes di Michele Magno

 

Dopo circa un secolo, Enrico VIII Tudor (1491-1547) è il primo re inglese che riesce a succedere al padre (Enrico VII). Ma questa inedita stabilità dinastica non si traduce in una pacificazione del paese. I contrasti con il papato e le peripezie sentimentali del sovrano provocano aspri conflitti religiosi e politici. È in questo clima che si inserisce la protesta di Elizabeth Barton, famosa come la “monaca di Kent”. Di umili origini, ma considerata santa negli ambienti cattolici, aveva profetizzato la morte di Enrico VIII dopo il matrimonio con Anna Bolena. Per questo viene imprigionata e interrogata dalla Camera Stellata, il tribunale regio non sottoposto alla “common law”. Il 21 aprile 1534 viene giustiziata in virtù del “Bill of attainder”, che aboliva il processo per i traditori accusati in modo formalmente corretto. La sua vittima più insigne sarà Thomas More, dimessosi da cancelliere nel 1532 perché non condivideva la politica clericale del re. Nel 1535 viene decapitato per essersi opposto all’investitura parlamentare di Enrico VIII come capo della Chiesa anglicana.

Dalla dinastia Tudor alla dinastia Stuart, la scena non cambia: l’Inghilterra è teatro di complotti memorabili. Il più clamoroso è la cosiddetta “Congiura delle polveri”. Un gruppo di cospiratori cattolici, guidati da Guy Fawkes e Robert Catesby, aveva affittato una cantina situata sotto il parlamento e l’adiacente abbazia di Westminster. L’intento era quello di far saltare in aria la Camera dei Lord il giorno dell’inaugurazione (“State Opening”), e con essa Giacomo I -succeduto a Elisabetta nel 1603- e buona parte della nobiltà. Una soffiata anonima mette sull’avviso la polizia, e una perquisizione nei sotterrranei del Parlamento porta alla scoperta, a inizio novembre 1605, di trentasei barili di polvere da sparo. Per festeggiare lo scampato pericolo, a corte viene rappresentato in anteprima il “Macbeth” di Shakespeare.

Il 27 gennaio 1606 i congiurati sono processati per aver cercato di restaurare il cattolicesimo come religione di stato, e per aver attentato all’incolumità della famiglia reale. È sir Edward Coke, il più eminente giurista del tempo, a sostenere l’accusa. Guy Fakwes fu imprigionato e torturato nella Torre di Londra fino alla sua confessione, per essere poi condannato alla pena capitale con la formula “hanged, drawn and quartered” (“impiccato, sviscerato e squartato”) di fronte alla folla accorsa a Old Palace Yard presso Westminster. Gli unici a sfuggire alla condanna a morte furono i gesuiti Oswald Tesimond e John Gerard. Il loro superiore, Henry Garnet, salirà invece sul patibolo tre mesi dopo. Prima di venire impiccato, si rivolge al pubblico per l’ultima volta: “Confesso di avere offeso Giacomo e chiedo perdono a sua maestà […]. Sono spiacente con tutto il cuore che qualche cattolico abbia partecipato a un disegno così crudele”.

Da quel giorno, la figura di Fakwes è stata oggetto di scherno nella cultura popolare inglese, che ancora oggi il 5 novembre di ogni anno celebra (senza alcun esplicito intento anticattolico) la “Guy Fakwes night”: un fantoccio con le sembianze di Fawkes viene bruciato di fronte alla folla riunita in piazza, mentre i bambini raccolgono denaro per festeggiare con fuochi di artificio il fallimento dell’attentato al sovrano. Una rivalutazione della figura di Fawkes, almeno presso il vasto pubblico, si è avuta in tempi recenti con la pubblicazione, tra il 1982 e il 1985, del romanzo grafico “V per Vendetta” scritto da Alan Moore e illustrato da David Lloyd, e dell’omonimo film del 2005 diretto James McTeigue. Il personaggio principale del fumetto e della sua trasposizione cinematografica, di nome V, indossa una maschera che ritrae il volto stilizzato di Fawkes ed è presentato come l’indomito oppositore di un regime tirannico che non tollera  la libertà di pensiero. La maschera di “V” ha avuto poi grande fortuna nei movimenti di contestazione giovanili, assurgendo a simbolo della lotta contro i soprusi del potere.

Il sipario sul Seicento inglese cala idealmente con l’approvazione nel 1689 del “Bill of Rights”, pietra miliare del costituzionalismo liberale. Figlio della “Gloriosa rivoluzione” del 1688, che rovescia Giacomo II e insedia sul trono Guglielmo III d’Orange, limitava l’impiego smodato e discrezionale dell’accusa di tradimento, per ricondurlo nell’alveo di una giustizia sostanziale. È allora che inizia a profilarsi il concetto di presunzione d’innocenza. Più in generale, si delinea una nuova concezione dei diritti individuali, fino al diritto di resistenza contro il sovrano che minacciava di sovvertire la volontà del popolo. Più tardi, una legge del 1696 garantirà un collegio di difesa a ogni imputato, non più obbligato ad autoincriminarsi. Era quanto aveva rivendicato nel 1649 John Lilburne, il leader dei “levellers” in rotta di collisione con Oliver Cromwell, nel corso del processo a cui era stato sottoposto per istigazione all’ammutinamento. Purtroppo per lui, John Locke non aveva ancora scritto i “Due trattati sul governo” (1690).

 

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