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Crescita

Tutti gli ideologi della decrescita

Carrellata dei teorici della decrescita dopo la lettura del libro di Latouche. L'articolo di Giuseppe Gagliano

Individuare la genesi storica della decrescita come lo stesso Serge Latouche ha fatto in un recente volume dal titolo “La decrescita prima della decrescita. Precursori e compagni di strada“ (Bollari Boringhieri, 2016) è certamente significativo non solo da un punto di vista squisitamente storico ma soprattutto da un punto di vista politologico. Vediamo adesso in breve di individuare alcuni noti intellettuali e/o correnti culturali che, secondo l’autore, avrebbero anticipato alcuni aspetti della decrescita.

In primo luogo l’intellettuale francese Latouche individua sia nel buddismo zen sia soprattutto nel Taoismo due correnti che in qualche misura hanno anticipato la sua posizione sulla decrescita. A tale proposito potremmo parlare in un certo senso di ambientalismo di matrice religiosa.

In secondo luogo, nel contesto dell’ambientalismo che potremmo definire insieme filosofico ed estetico, Latouche include come precursori David Thoreau, Emerson, Benjamin, Bataille, Simone Weil, Pannikar, Castoriadis, Debord e Heidegger.

In terzo luogo l’autore individua nella riflessione del socialismo utopistico di Fourier e in quelle del pensatore anarchico Kropotkin due significativi precursori della decrescita. Ciò che indubbiamente li accomuna è la critica profonda e radicale del capitalismo e della società industriale. Non poteva essere assente la riflessione di Murray Boockchin e di André Gorz fondatore dell’eco marxismo.

In quarto luogo non c’è dubbio che la decrescita presenti delle affinità rilevanti con il pacifismo religioso di Lanza del Vasto, Tolstoj (p.122) e Gandhi (p.145-151) definito dall’autore un precursore legittimo della decrescita.

L’intellettuale francese sottolinea un aspetto significativo, per la genesi della decrescita, del pensatore indiano e cioè la necessità di sbarazzarsi dell’intossicazione della civiltà occidentale e soprattutto sottolinea come la resistenza non violenta alla modernità occidentale si sia concretizzata da parte di Gandhi contro l’istruzione inglese, contro il sistema di trasporti rapidi, contro l’industria e persino contro la medicina scientifica occidentale. In particolare l’intellettuale francese sottolinea, evidentemente con compiacimento e condivisione, la critica di Gandhi alla tecnica occidentale e in modo particolare alle macchine, critica che è analoga a quella fatta da Illich (p.147). Tuttavia l’intellettuale francese è altresì consapevole che le critiche radicali di Gandhi sono oggi difficilmente condivisibili e accettabili proprio per la loro radicalità.

In quinto luogo, nel contesto della ecologia politica, non potevano non essere presenti Jacques Ellul, il teorico del totalitarismo tecnicista, il teorico della ecologia profonda o ecosofia Arne Naess e Ivan Illich. Particolare interesse è il fatto che l’intellettuale francese include fra i predecessori della decrescita anche Theodor Roszack “che ebbe un ruolo di primo piano nella nascita e nello sviluppo della contestazione pacifista, ecologista durante gli anni 60 e 70 negli Stati Uniti” (pag.114).

Alla luce di questa breve rassegna, certamente significativa, non ci si può non domandarsi quale sia la vera origine della decrescita dal punto di vista storico-ideologico. La risposta è presto data: la decrescita non è altro che un ibrido ideologico frutto di un eclettismo anarco-marxista tipico degli anni settanta nel quale convergono tutte le tradizionali critiche di derivazione romantica, care a Jean Jacques Rousseau (non a caso annoverato da Latouche fra i precursori della decrescita a pag.166) contro l’Illuminismo, la rivoluzione industriale, la conoscenza scientifica, soprattutto nella sua dimensione tecnologia, ma soprattutto contro il capitalismo.

Ovviamente, le implicazioni della decrescita sotto il profilo della politica internazionale sono lontanissime dal realismo politico — alludiamo per esempio a quello teorizzato da Morghenthau, Aron, Kissinger o Mearsheimer — perché in buona sostanza abbracciano una dottrina pacifista delle relazioni internazionali.

Detto in altri termini: prendendo atto che le correnti politiche anarchiche e dell’estrema sinistra degli anni ‘60 e ‘70 sia in Europa che negli Stati Uniti hanno fallito il loro obiettivo di superamento e/o distruzione del capitalismo — tanto quanto il movimento no global — la decrescita costituisce un altro strumento per realizzare quegli obiettivi che quarant’anni fa non furono raggiunti.

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