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Ismail Haniyeh Hamas

Ismail Haniyeh, tutte le idee del leader di Hamas ucciso in Iran

Dalla lotta senza quartiere a Israele al richiamo alla guerra per tutti i musulmani: cosa pensava, cosa diceva e cosa faceva Ismail Haniyeh, il capo politico di Hamas ucciso a Teheran 

 

Hamas ha perso il suo capo politico. Ismail Haniyeh, 62 anni, è stato ucciso a Teheran, insieme alla sua guardia del corpo, da un raid aereo.H aniyeh si trovava nella capitale iraniana per assistere all’insediamento del presidente Pezeshkian. Una morte annunciata: Haniyeh era nel mirino di Israele da tempo. Una morte da “šahīd”, testimone, come aveva annunciato lui stesso in una recente intervista a Limes. “Ognuno di noi ha visto morire i propri cari e mette in conto di morire come uno šahīd – aveva detto Haniyeh -. Ma non c’è cosa peggiore di abbassare la testa, di arrendersi all’umiliazione dell’occupazione. Ciò non avverrà mai”.

DALLA STRISCIA DI GAZA AL VERTICE DI HAMAS  

Nato in un campo profughi della Striscia di Gaza, “una gigantesca prigione che rinchiude oltre 2 milioni di palestinesi” come la definiva Haniyeh. I suoi genitori erano fuggiti dalla città di Asqalan, dopo la creazione dello Stato di Israele nel 1948. Haniyeh avvicina ad Hamas già nel periodo universitario quando studia letteratura araba all’Università islamica di Gaza. Nel 1983 aderisce al Blocco Studentesco Islamico, un precursore di Hamas. Scala tutti i ranghi dell’organizzazione fino a guidarla. Dopo i 10 anni da Premier, sale a capo del gabinetto politico di Hamas, quello che traccia la strada, conferisce forma alla strategia politica e comunicativa. Dal 2019 viveva a Doha, in Qatar, paese che gli aveva dato l’asilo politico.

HANIYEH: “IL 7 OTTOBRE DIMOSTRA CHE ANCHE ISRAELE È VULNERABILE”

Uomo dalle posizioni radicali, in una recente intervista a Limes ha rivendicato l’attentato del 7 ottobre, che ha riacceso la guerra tra Israele e Palestina, come dimostrazione della vulnerabilità di Israele. “Abbiamo mostrato ai popoli arabi e musulmani, al mondo, che Israele non è invincibile e che non avrà mai sicurezza finché perdurerà l’occupazione della Palestina. Il 7 ottobre sarà nulla rispetto a ciò che gli israeliani subiranno invadendo Gaza. Combatteremo strada per strada, casa per casa. Ci siamo preparati per anni. Siamo pronti”, aveva detto alla rivista di geopolitica diretta da Lucio Caracciolo.

IL RAPPORTO TRA IRAN E HAMAS: SOLO UN SOSTEGNO TRA POPOLI

Ismail Haniyeh bollava la tesi secondo la quale dietro Hamas vi fosse l’Iran come “propaganda sionista” attiva “h24”. Il sostegno, secondo l’ex capo politico di Hamas, arrivava dai popoli, quello iraniano come quello qatariota ed anche europeo. “Il messaggio che i nostri eroici combattenti hanno inviato è chiaro: Israele non è in grado di proteggere sé stesso dai nostri combattenti né di fornire sicurezza o protezione – aveva detto Haniyeh -. L’intero processo di normalizzazione e riconoscimento, tutti gli accordi che sono stati firmati con Israele non potranno porre fine a questo conflitto”.

HANIYEH CHIAMA TUTTI I MUSULMANI A COMBATTERE CONTRO ISRAELE

La sua radicalità lo porta a chiamare tutta la comunità dei credenti musulmani (umma) a combattere contro Israele. “Ecco perché invito tutti i figli di questa umma, ovunque si trovino nel mondo, a unirsi, ognuno a modo suo, a questa guerra, senza indugi e senza voltarsi indietro – diceva a Limes -. Per noi la resistenza armata non è il fine ma lo strumento per opporci all’annientamento, per difendere il diritto a una Palestina libera”.

HANIYEH: “GAZA CANCELLA DALLA COMUNITÀ ARABO-MUSULMANA LA VERGOGNA DELLE SCONFITTE”

L’attentato del 7 ottobre, costato la vita a 1200 israeliani (tra militari e civili) e il rapimento di 250 ostaggio, è una medaglia appuntata al petto di Haniyeh. “I nostri combattenti avevano come obiettivo prioritario le strutture militari, a cominciare dal quartier generale della brigata di Gaza, e i soldati israeliani – aveva detto a Limes -. Mentre quella scatenata da Israele, e non certo dal 7 ottobre, è una guerra totale contro il popolo palestinese, senza alcuna distinzione tra combattenti e civili. […] Quell’attacco è un nuovo punto di svolta. Rendo omaggio al popolo di Gaza che sta affrontando la barbara macchina sionista. I combattenti palestinesi sono impegnati nelle loro terre. Oggi Gaza cancella dalla comunità arabo-musulmana la vergogna delle sconfitte, la vergogna dell’accettazione e dell’inazione”.

NO AL RILASCIO DEGLI OSTAGGI, NO ALLA SOLUZIONE DI DUE POPOLI IN DUE STATI E NO ALL’ESPORTAZIONE DEL CONFLITTO

 Una posizione inconciliabile con il rilascio degli ostaggi ancora detenuti. “È impensabile liberare i prigionieri mentre Gaza è sotto attacco – dice a Limes -.  Impensabile e impraticabile. Israele sospenda gli attacchi, permetta l’ingresso degli aiuti umanitari e uno scambio può essere negoziato”. E il no arriva al riconoscimento di due Stati per due popoli. “Nessuno può chiedere alla vittima di riconoscere il suo carnefice. Nessuno. Hanno rubato le nostre terre – ha spiegato a Limes -. Hanno occupato la Cisgiordania e al-Quds (Gerusalemme, n.d.r.). Guardate che fine hanno fatto gli accordi di Washington. Arafat aveva riconosciuto Israele, ma trent’anni dopo i palestinesi sono ancora sotto occupazione. Quegli accordi non dovevano essere firmati, perché frutto di una strategia rivelatasi fallimentare. Israele li ha usati per coprire la colonizzazione, per mantenere e rafforzare l’occupazione, per avere copertura internazionale. Si ritirino dai territori che hanno occupato. Ma Israele non vuole una pace giusta. Vuole annientare il popolo palestinese, occuparne le terre. Due milioni di coloni sono pronti a insediarsi in Cisgiordania”. Haniyeh  però è chiaro: il conflitto non supererà i confini dello stato di Israele. “Hamas non ha mai agito fuori dai confini della Palestina – sottolinea -. La nostra è una lotta di liberazione contro l’occupazione israeliana. L’Europa non deve temere Hamas”.

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