skip to Main Content

Imperialismo Russo

L’Imperialismo russo e il dilemma della dipendenza energetica europea

Democrazia, imperialismo russo e dipendenza energetica. L'intervista di Ubaldo Villani-Lubelli a Kai Struve, professore di Storia presso la Martin-Luther-Universität di Halle/Wittenberg, tratta dall’ultimo numero del quadrimestrale di Start Magazine

 

La guerra in Ucraina ha riaperto la questione dei nemici della democrazia e della crisi delle istituzioni democratiche. Se Vladimir Putin non è certamente l’unico di una generazione di spregiudicati leader politici a mettere in discussione la democrazia liberale, il presidente russo e il regime politico instaurato in Russia sono il modello a cui altri presidenti si sono ispirati più o meno esplicitamente. Nel 2019 Vladimir Putin ha manifestato il suo disprezzo per la democrazia in un’intervista al Financial Times, affermando che “l’idea liberale ha superato il suo scopo […] L’idea liberale di democrazia è diventata obsoleta. È entrata in conflitto con gli interessi della stragrande maggioranza della popolazione”.

Su questo tema come su altri aspetti della guerra in Ucraina e sulle sue conseguenze per l’Europa centro-orientale abbiamo intervistato Kai Struve, docente di storia presso la Martin-Luther-Universität di Halle/Wittenberg in Germania e studioso rinomato della storia dell’Unione Sovietica, del nazionalismo ucraino e dell’uso propagandistico della memoria della seconda guerra mondiale.

Uno degli aspetti più interessanti nell’analisi della guerra della Russia contro l’Ucraina è dato dal fatto che dalla fine della dissoluzione dell’Unione Sovietica, nel 1991, la società russa e la società ucraina hanno avuto uno sviluppo divergente. In Ucraina si è affermato un sentimento democratico, liberale e filo-occidentale che ha inevitabilmente allontanato il popolo ucraino dalla Russia e dal suo modello autoritario e imperialista. Lei ha scritto un interessante articolo per la Frankfurter Allgemeine Zeitung (28 marzo 2022) in cui ha ben spiegato che la guerra all’Ucraina e il proposito di denazificarla ha le sue radici nel risentimento per il collasso dell’Unione Sovietica. Il nemico indicato da Putin, ovvero il nazionalismo ucraino, rappresenta una realtà lontana dalle relazioni politiche attuali in Ucraina quanto piuttosto fa emergere un vecchio e superato nemico dell’Unione Sovietica. Alla luce di questa sua analisi, quali sono le principali ragioni della guerra russa contro l’Ucraina? C’è anche un discorso ideologico antidemocratico e contro la democrazia liberale?

A me non sembra esserci una vera e propria ideologia politica coerente dietro le politiche di Putin e della sua cerchia. Il motivo centrale, trainante, è ovviamente il desiderio di riconquistare per la Russia l’antica posizione dell’Unione Sovietica. Ciò significa che agli Stati che in passato appartenevano all’Unione Sovietica viene concessa una sovranità limitata. Putin, inoltre, si sforza di riaffermare la posizione della Russia a livello internazionale paragonabile a quella di un tempo dell’Unione Sovietica. Dal suo punto di vista, l’idea liberale, intesa come stato di diritto e autodeterminazione democratica, è una minaccia a tutto ciò in quanto mette in discussione il regime di Putin in Russia che si basa sulla strumentalizzazione politica della legge, sulla manipolazione del pubblico e sulla corruzione.

L’autodeterminazione democratica mette anche in discussione l’egemonia della Russia sugli Stati confinanti ex sovietici che la Russia ha cercato di mantenere con gli stessi metodi di corruzione, manipolazione dell’opinione pubblica e dell’uso della forza militare o la sua minaccia. La guerra della Russia contro l’Ucraina, che è iniziata nel 2014 e non nel 2022, deriva dal fatto che il popolo ucraino aspira alla creazione di uno Stato di diritto e del rispetto delle regole democratiche nel proprio Paese. La rivoluzione arancione del 2004, la rivoluzione di Euromaidan del 2013-14 e la schiacciante vittoria elettorale di Volodymyr Zelensky nel 2019 avevano questo obiettivo. Non rispettando l’autodeterminazione democratica dell’Ucraina e cercando ora di eliminarla con una guerra totale e una violenza massiccia, Putin ha distrutto definitivamente gli stretti legami tra la Russia e l’Ucraina che continuavano a garantire l’influenza russa in Ucraina, anche se era già in calo significativo dal 2014. Utilizzando gli stessi metodi di manipolazione e corruzione – e in questo modo l’ex ufficiale del Kgb Putin si rifà alla storia sovietica – negli ultimi anni la Russia ha cercato di influenzare sempre di più l’opinione pubblica dei Paesi occidentali. Ha avuto e continua ad avere la massima risonanza positiva con le forze anti-liberali di destra e di sinistra.

A proposito del crollo dell’Unione Sovietica e della transizione post-comunista della Federazione russa, ritiene che la Russia sia stata abbandonata alle proprie difficoltà economiche e politiche? E sempre riguardo a questa complicata transizione, quali sono le ragioni per cui gli Stati dell’ex blocco sovietico volevano e continuano a volersi staccare dalla sfera d’influenza russa?

L’attuale sistema politico russo si è sviluppato secondo un modello autoritario soltanto con l’ascesa al potere di Vladimir Putin. Le antiche tradizioni russe e la storia sovietica giocano indubbiamente un ruolo importante in questo senso. Negli anni Novanta, però, la situazione era incerta. Non era chiaro in quale direzione si sarebbe sviluppata la Russia. Tuttavia, non mi sembra uno sviluppo inevitabile il fatto che dal 2000, ovvero da quando Putin è diventato presidente, lo Stato di diritto e le libertà democratiche siano state sistematicamente ridotte. Inoltre, il rinnovamento imperiale dell’Unione Sovietica a spese della libertà e della prosperità della popolazione russa è diventato il progetto centrale della leadership russa. Negli Stati vicini alla Russia, tuttavia, soprattutto nei Paesi Baltici e in Polonia, le incertezze e le continue ambizioni imperiali della Russia sono state percepite precocemente e con precisione, a differenza degli Stati dell’Europa occidentale. L’esperienza dei tentativi di interferenza russa e la manipolazione dei conflitti interni hanno contribuito all’aspirazione degli Stati dell’Europa orientale ad aderire alla Nato e all’Ue.

L’espansione della Nato, ma anche dell’Ue, verso est è stata un processo inevitabile dopo la caduta dell’Unione Sovietica. La Nato ha riempito il vuoto politico lasciato dal Patto di Varsavia, cosicché gli Stati dell’ex blocco sovietico si sono rivolti ad essa per motivi di sicurezza. D’altra parte, l’Unione Europea è stata ed è tuttora uno straordinario polo di attrazione grazie al suo modello economico e politico e ai vantaggi del mercato unico. Alla luce degli eventi recenti, concorda con questa analisi sull’espansione a est della Nato e dell’Ue o ritiene che siano stati commessi degli errori (si pensi al vertice Nato del 2008 in cui si è prospettato l’ingresso dell’Ucraina e della Georgia nella Nato)?

Non c’è dubbio che siano stati commessi errori considerevoli. Non ho un’opinione definitiva sulle decisioni del vertice Nato di Bucarest del 2008, ma gli errori evidenti sono stati la mancanza di risposte internazionali sufficientemente forti alle numerose violazioni del diritto internazionale e ai crimini di guerra commessi dalla Russia negli ultimi due decenni. Questo inizia con le guerre in Cecenia, continua con la guerra contro la Georgia nel 2008, con l’occupazione della Crimea e con la guerra iniziata dalla Russia nell’Ucraina orientale dal 2014. E non dimentichiamoci anche della guerra della Russia in Siria. Direi che uno dei principali errori commessi, soprattutto in Germania, è che la dipendenza dal gas e dal petrolio russi non era quasi considerata un problema e che negli ultimi quindici anni è stata nuovamente aumentata in modo considerevole. A differenza di molti Stati dell’Europa orientale, è stato completamente ignorato il fatto che la dipendenza dalle forniture di gas naturale, in particolare, conferisce alla Russia un’influenza politica. Allo stesso tempo, si può ipotizzare che le deboli reazioni dei Paesi occidentali abbiano creato in Russia l’aspettativa che anche un attacco militare su larga scala contro l’Ucraina sarebbe stato accettato, incoraggiando così la Russia effettivamente a iniziare l’invasione.

La dipendenza può essere inserita in un processo ben più complesso che coinvolge alcune scelte politiche, in particolare della Germania negli anni Novanta e Duemila, che devono essere interpretate nel contesto storico in cui sono state prese. Non ritiene che dietro gli accordi commerciali con la Russia ci fosse la convinzione di poter avviare processi di trasformazione politica democratica in Russia o, più semplicemente, un’evidente convenienza commerciale?

È ormai evidente che è stato un errore rendersi così dipendenti dalle forniture energetiche russe, soprattutto per quanto riguarda il gas naturale. Bisognerebbe chiedersi perché la Germania e anche alcuni altri Paesi abbiano aumentato considerevolmente questa dipendenza negli ultimi quindici anni e non abbiano iniziato a ridurla nemmeno dopo il 2014, quando i Paesi Baltici e la Polonia stavano già lavorando per ridurla. Ora, è certamente vero che esistono diverse ragioni per cui il problema di questa dipendenza non è stato sufficientemente considerato in Germania, come anche in altri Paesi.

La ragione centrale di questa differenza politica, tuttavia, mi sembra essere storica, poiché anche le motivazioni economiche erano importanti in modo simile o addirittura più forti per gli Stati dell’Europa orientale che avrebbero potuto continuare a rifornirsi di energia dalla Russia. Sono le esperienze dell’egemonia sovietica nel XX secolo e una chiara consapevolezza che la Russia, con il regime politico di Putin, non ha rotto con le tradizioni imperiali sovietiche ma, al contrario, vuole richiamarsi ad esse, che hanno portato a una politica energetica diversa. Questo si ricollega anche alle immagini prevalenti della storia del XX secolo nelle rispettive società. Mentre nelle società dell’Europa orientale l’immagine dell’Unione Sovietica sotto Stalin come il secondo grande regime criminale del XX secolo insieme alla Germania nazista è profondamente radicata, l’immagine dell’Unione Sovietica nell’Europa occidentale è molto più ambivalente. In questo caso, continua a essere plasmato in misura molto maggiore dal fatto che il contributo essenziale alla vittoria sulla Germania di Hitler nella Seconda guerra mondiale è stato dato dall’Urss. In Germania, ciò è aggravato dal fatto che l’Unione Sovietica, in quanto vittima dell’attacco tedesco e del criminale regime di occupazione nella Seconda guerra mondiale, è stata identificata soprattutto con la Russia, e quindi è stato visto soprattutto un continuo obbligo morale nei confronti della Russia. L’Ucraina, invece, che per molti versi ha sofferto più della Russia durante l’occupazione tedesca, viene spesso identificata soprattutto con la collaborazione e il sostegno al fascismo. Anche la propaganda russa si collega a questo aspetto quando afferma che l’Ucraina è governata dai “nazisti” e Putin dichiara che la “denazificazione” è uno degli obiettivi della guerra.

Veniamo ora all’Unione Europea. Cosa significa la guerra in Ucraina per l’Ue? Bruxelles dovrebbe essere in grado di trovare un’autonomia a strategica in politica internazionale?

Credo che tre punti in particolare debbano essere sottolineati. In primo luogo, l’Unione Europea ha reagito in modo sorprendentemente unanime e deciso alla guerra di aggressione russa contro l’Ucraina, imponendo rapidamente sanzioni di ampia portata contro la Russia e schierandosi chiaramente al fianco dell’Ucraina. Certo, ci sono buone ragioni per criticare il fatto che alcune decisioni siano state prese troppo lentamente o che le sanzioni non siano state abbastanza complete. Mi sembra però che la guerra di aggressione russa e, soprattutto, l’eroica resistenza degli ucraini, disposti a sacrificare la propria vita per i valori e i principi su cui si basa l’Unione Europea, abbiano portato a un ritorno dell’idea che anche l’Ue debba difendere attivamente la propria causa, accettandone anche i costi.

In secondo luogo, mi sembra che ci siano molti elementi che suggeriscono che, come una delle conseguenze della guerra, gli Stati dell’Europa orientale assumeranno in futuro un ruolo più importante all’interno dell’Unione Europea. Gli Stati baltici e la Polonia in particolare hanno assunto un ruolo di primo piano nel sostegno e nella difesa dell’Ucraina, mentre la Germania in particolare ha perso molto prestigio a causa di una posizione molto esitante e indecisa e di uno scarso sostegno militare. Se in futuro anche l’Ucraina dovesse entrare a far parte dell’Unione Europea, ciò comporterebbe senza dubbio un notevole spostamento dell’equilibrio verso est.

In terzo luogo, questa guerra ha dimostrato chiaramente all’Unione Europea, e qui soprattutto alla Germania, che l’interdipendenza economica non porta necessariamente i regimi autoritari a moderare le loro politiche per evitare danni economici, ma che esiste un notevole potenziale di ricatto per impedire agli Stati dell’Unione Europea di opporsi risolutamente a massicce violazioni del diritto internazionale. A seguito della guerra di aggressione russa, anche la dipendenza economica dalla Cina è ora vista più chiaramente come un problema, soprattutto sullo sfondo delle minacce cinesi contro Taiwan.

In Italia c’è stato un acceso dibattito sulla consegna delle armi all’Ucraina. Fino a quando potrà essere sostenuta militarmente l’Ucraina? Quando pensa che sarà possibile un accordo di pace?

Se si continua a sostenere l’Ucraina con armi, denaro e sanzioni contro la Russia, quest’ultima ha già perso la guerra. Se l’Unione Europea e i suoi membri dovessero rinunciare a questo, tradirebbero i valori su cui si basa l’ordine di pace europeo e quindi minerebbero anche le fondamenta dell’Ue. È ovvio che attualmente, con il continuo sostegno all’Ucraina da parte dell’Occidente, la Russia non può più ottenere alcun successo militare significativo. Gli effetti economici negativi della guerra e delle sanzioni saranno sempre più avvertiti dalla Russia. L’obiettivo deve essere il ritiro delle truppe russe al punto in cui si trovavano prima del 24 febbraio. Altrimenti, la popolazione dei territori occupati rimarrebbe alla mercé del regime di terrore russo. Se e in quale periodo di tempo questo possa essere raggiunto o se non si arrivi a una sorta di conflitto congelato, tuttavia, non mi sembra al momento in cui si svolge questa intervista prevedibile.

 

È possibile scaricarne gratuitamente la versione digitale in pdf utilizzando questo link: https://www.startmag.it/wp-content/uploads/SM_16_web.pdf.

Back To Top