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Il Portogallo abbandona la Via della Seta

Le belle parole dell’alta burocrazia del partito comunista cinese non convincono più il Portogallo, che ha deciso di svincolarsi dalle insostenibili implicazioni strategiche derivanti dal Memorandum della Via della Seta. Ora tocca all'Italia. L'analisi di Francesco D'Arrigo, direttore dell'Istituto Italiano di Studi Strategici "Niccolò Machiavelli".

Le infrastrutture portuali portoghesi, affacciate sull’Atlantico lungo i 900 km di costa hanno influenzato in modo significativo la storia, l’economia e le sorti di questo Stato, permettendogli una grande espansione e la creazione del primo impero coloniale della storia, con ricchezze, scambi e possedimenti in tutto il mondo. I porti, situati in acque profonde e logisticamente all’avanguardia, con il possesso delle Azzorre rappresentano hub marittimi di assoluta importanza mondiale.

Il Portogallo è la nazione europea con la più lunga storia di accordi con la Cina, per questo la decisione di Lisbona di abbandonare la Belt and Road Initiative (BRI) è anche un segnale che la nuova “Guerra Fredda” innescata dall’aggressione militare della Russia contro l’Ucraina e dall’asse Mosca – Pechino, per realizzare il loro progetto per un nuovo ordine mondiale, comporta pesanti ripercussioni per entrambi, a dimostrazione che il rapporto tra scelte strategiche e ricadute economiche si fa sempre più stretto.

Portogallo e Cina hanno costruito nel tempo una sinergica collaborazione anche attraverso la storia di Macao, un’enclave sul Mar Cinese Meridionale in mano ai portoghesi dal XVI secolo fino a quando è stata restituita nel 1999, con un accordo che Pechino ha considerato un esempio di fattiva cooperazione, a differenza delle difficoltà incontrate con il governo inglese per la cessione della colonia britannica di Hong Kong.

Aziende ed entità statali cinesi, nel tempo hanno approfittato della debole leadership politica portoghese e dei bassi prezzi provocati dalla crisi finanziaria del 2008-2011 per acquistare partecipazioni in imprese strategiche portoghesi impegnate nei settori delle infrastrutture, dell’energia, della pesca, delle assicurazioni, della sanità, delle costruzioni, dell’aviazione e della finanza. La Cina ha poi legato questi progetti all’iniziativa Belt and Road, successivamente sottoscritta tra i due Paesi.

Il Portogallo, anche grazie agli investimenti cinesi, ha sviluppato un sistema portuale che è diventato fulcro delle rotte marittime globali più importanti: quelle che mettono in collegamento Europa, Africa e America. Basti pensare che il 53% del commercio estero dell’Unione Europea attraversa acque portoghesi, movimentando circa 20 milioni di tonnellate di merci all’anno, in crescita costante.

Per questi motivi la presenza in Portogallo è strategica per la Cina, perché dal punto di vista geostrategico, insieme all’Italia è uno dei più importanti Stati membri dell’Unione Europea ad aver sottoscritto il Memorandum della Via della Seta.

Il sistema portuale del Portogallo rappresenta la piattaforma d’accesso al gigantesco mercato delle ex colonie dell’America Latina e dell’Africa. Mercati con oltre 280 milioni di potenziali consumatori tra cui i partner cinesi dei BRICS, il Brasile, l’Angola, il Mozambico ed altri ricchi di energia e terre rare, componenti vitali per i numerosi prodotti del sistema industriale cinese, da quelli tecnologici a quelli necessari per la transizione energetica (turbine eoliche, pannelli fotovoltaici e batterie per i veicoli elettrici), fino ai settori militare e spaziale (laser, radar, sistemi d’arma).

Strategia marittima che il Segretario generale del partito comunista e presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping, attraverso la Belt and Road Initiative, persegue con l’obiettivo di incrementare la connettività internazionale della Cina non solo sul piano infrastrutturale, logistico e commerciale, ma anche energetico, finanziario e militare, fino a farla diventare un vero e proprio strumento di politica estera.

Politica estera cinese che con il presidente Xi Jinping è diventata sempre più assertiva e non compatibile con i valori delle democrazie occidentali, a causa del sostegno di Pechino alla guerra della Federazione Russa contro l’Ucraina, delle crescenti tensioni con Taiwan e della minacciosa presenza della sua flotta navale nell’Indo-Pacifico, dove sta cercando di ottenere il monopolio dei punti strategici nel Mar Cinese Meridionale e nell’Oceano Indiano, anche attraverso la costruzione di porti e basi militari al di fuori delle sue acque territoriali.

Per contrastare tale espansione, la dottrina di politica estera dell’Amministrazione Biden ha intrapreso una proficua collaborazione con tutti i propri alleati, alla quale ha risposto anche il governo del primo ministro António Costa, che si è riavvicinato al sistema economico nordatlantico. Incoraggiato a cambiare rotta da un’attiva politica del Dipartimento di Stato Usa, che ha alzato il tiro contro le ingerenze cinesi in Europa, il Portogallo sta progressivamente allentando gli insidiosi legami precedentemente stretti con Pechino, dando priorità alla sua appartenenza all’Alleanza NATO.

Il ministro degli Esteri, João Gomes Cravinho, ha recentemente dichiarato che il Portogallo avrebbe “rivisto il significato delle relazioni politiche ed economiche se la Cina avesse fornito armi alla Russia per la sua guerra in Ucraina”, e le istituzioni portoghesi hanno deliberato l’invio di armi all’Ucraina.

Il Governo portoghese sta anche seguendo una linea più dura di quella adottata dall’UE e da molti Stati europei su commercio, investimenti e tecnologia 5G cinesi, allo scopo di minimizzare i rischi di ingerenza nelle scelte strategiche e ridurre la presenza nel proprio sistema economico di una potenza straniera espansiva e autoritaria.

Queste iniziative del governo portoghese hanno fatto volare a Lisbona il vice premier cinese Han Zheng, uomo di fiducia del presidente Xi Jinping, utilizzato dal partito quando vuole parlare chiaro. Il messaggio di Han al presidente Marcelo Rebelo de Solva ed alle istituzioni portoghesi è stato simile a quelli recentemente indirizzati al governo italiano: “nonostante la pandemia COVID-19 e la guerra, si deve continuare a lavorare come sempre.”

Ma le belle parole dell’alta burocrazia del partito comunista cinese non convincono più il Portogallo, che ha deciso di svincolarsi dalle insostenibili implicazioni strategiche derivanti dal Memorandum della Via della Seta.

Ora tocca all’Italia.

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