Mettete un litro di demagogia in una pentola. Quando l’acqua bolle, versate duecentocinquanta grammi di culturame macinato e altrettanti di semola complottista. Fate cuocere a fuoco lento per mezz’ora. Mescolate e aggiungete, di tanto in tanto, una manciata di ignoranza storica e una di purissimo machismo italico. Insaporite con un pizzico di patriottico pepe verde, bianco e rosso. Fate raffreddare in una teglia unta con olio di girasole russo. Il minestrone Vannacci è pronto per essere gustato dagli ignari avventori del ristorante leghista.
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C’è una giornalista, capolista del Pd nella circoscrizione meridionale e, quindi, con un seggio sicuro al Parlamento europeo, che una volta definì quello ucraino un “popolo di badanti e cameriere” (con un suo corrivo collega che si affrettò ad aggiungere: “e di amanti”). Sia sempre benedetta la libertà di pensiero, ma (come direbbe Totò) qui si esagera!
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Però Gesù scelse la croce, non la bandiera bianca.
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Non mi preoccupa la separazione dei Ferragnez, mi preoccupa la fiction di Netflix sulla separazione.
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Recensendo il film “Tempi moderni” (1936), Roland Barthes scrive che Charlie Chaplin ha sempre visto il proletario sotto le sembianze del povero, schiavo di una fame cronica e definito dalla natura immediata dei suoi bisogni (“Miti d’oggi”, Einaudi, 1994). Un po’ come talvolta lo descrivono Elly Schlein e, soprattutto, Giuseppe Conte. Ovviamente, senza la straordinaria forza estetica di Charlot.
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Un testo forse poco conosciuto di Sigmund Freud, “L’avvenire di un’illusione” (Einaudi, 2015), costituisce una difesa della scienza fra le più lucide e brillanti messe in campo nel primo trentennio del secolo scorso (siamo nel 1927, l’anno stesso della pubblicazione di un’opera che è ai suoi antipodi, “Essere e Tempo” di Martin Heidegger). Un suo passo recita: “L’intelletto umano è senza forza a paragone della vita pulsionale e possiamo aver ragione in questo. Ma c’è qualcosa di particolare in questa debolezza: la voce dell’intelletto è fioca, ma non ha pace finché non ottiene ascolto. Alla fine, dopo ripetuti e innumerevoli rifiuti, lo trova. Questo è uno dei pochi punti sui quali si può essere ottimisti per l’avvenire dell’umanità, ma non è un punto di poca importanza”.
Un inestimabile messaggio di fiducia e di speranza per quanti oggi non si rassegnano di fronte all’avanzata dell’irrazionalismo antisemita né di fronte agli ostacoli, per ora insormontabili, che incontra la liberaldemocrazia dove i proclami dei mullah o degli autocrati russofili contano più dei voti. Al di là delle mode e dell’uso, talvolta insopportabilmente parrocchiale, che ne fanno i suoi seguaci, il padre della psicoanalisi resta un gigante del pensiero del Novecento. I grandi classici -e Freud senza dubbio lo è- hanno questo di straordinario: anticipano, in forma sintetica, ciò che più tardi diventerà senso comune.
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Viviamo in un’epoca in cui il sol dell’avvenire sarà sempre più digitale e non scalderà tutti allo stesso modo. Un futuro sempre più plasmato dalle “macchine che obbediscono ai bit senza peso”, come scriveva profeticamente nel 1985 Italo Calvino nella prima delle sue “Lezioni americane”. Nei discorsi della sinistra politica e sindacale abbondano le denunce del crescente divario tra chi ha e chi non ha, ma scarseggiano le proposte per ridurre il divario forse più iniquo e regressivo di tutti, ovvero quello tra chi sa e chi non sa. Eppure quest’ultimo, in fondo, è alla radice delle stesse diseguaglianze sociali. Senza dimenticare che siamo il paese dell’area Ocse con il più alto tasso di analfabetismo di ritorno (dopo la Turchia).
Non stupiamoci, quindi, se (sondaggio SWG, aprile 2023), il 15 per cento degli italiani è terrapiattista; il 17 per cento sostiene che “l’Olocausto non è mai avvenuto”; il 18 per cento è certo che “i Rettiliani sono tra noi, hanno le sembianze di alcuni esponenti politici e governano il mondo”. Non basta. Il 25 per cento è convinto che “i vaccini sono un metodo di controllo di massa attraverso il 5G”. Il 29 per cento che “lo sbarco sulla Luna non è mai avvenuto e le foto sono state realizzate in un set cinematografico”. Il 32 per cento che “l’attentato delle Torri Gemelle è stato organizzato dagli Stati Uniti”. Il 42 per cento, inoltre, ritiene che “il Covid-19 e altri virus sono stati creati in laboratorio per favorire le case farmaceutiche”. Dulcis in fundo: per il 60 per cento degli intervistati “un’élite di poteri forti controlla il mondo”.
Insomma, sembra che molti italiani abbiano ascoltato il suggerimento di Derek Bok, già presidente dell’Università di Harvard: “Se pensate che l’istruzione sia costosa, provate con l’ignoranza”.