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Perché il 2023 sarà un anno insidioso per il governo Meloni

Le vere sfide del governo Meloni nel 2023. Il taccuino di Guiglia.

Dopo il giro di boa della manovra, nel solito clima di tensione e di caos politico-amministrativo che sempre accompagna questa “prova generale” per il governo in carica, arriva l’anno delle sfide. Di fronte alle quali Giorgia Meloni non potrà più godere di due circostanze finora per lei favorevoli: il periodo di benevolenza, detto luna di miele, che i cittadini accordano ai nuovi esecutivi. E un’opposizione divisa in tre e con la forza principale, il Pd, smarrita, in attesa di rifondarsi con il leader che verrà.

Ma l’economia e le aspettative dei cittadini non dipendono certo dai rapporti oggi burrascosi – causa legge di bilancio – fra la maggioranza e le tre opposizioni, né dall’inevitabile competizione in casa della coalizione di destra-centro. Dove il ruolo, l’immagine e il numero dei parlamentari di Giorgia Meloni finiscono per prevalere sulla politica “spettacolare” di Matteo Salvini e sulla strategia appannata di Silvio Berlusconi.

Nel 2023 saranno le riforme, gli investimenti, il lavoro – in una parola e sigla: il Pnrr – a dare la misura di quello che il governo sarà in grado di fare al di là delle polemiche. Sapendolo, Giorgia Meloni ha già anticipato che vuole puntare le sue carte sulla politica energetica e sulla trasformazione dell’Italia da Paese che paga gli effetti della mancata, per anni, politica industriale – e perciò in balìa degli altrui rubinetti del gas – a Nazione-guida in Europa per approvvigionamento, ricerca e produzione nazionale.

Dunque, una grande scommessa che sarà sotto gli occhi di tutti, e non solo dei partiti. Alla quale si affiancherà un altro tema: il rinnovamento istituzionale della Repubblica con la contestuale introduzione del presidenzialismo e dell’autonomia differenziata nell’ordinamento dello Stato. Più facile a dirsi – e infatti nella maggioranza tutti ne dicono un gran bene -, che a farsi. Sia perché l’elezione diretta del capo dello Stato troverà l’agguerrito contrasto del M5S e di un nel frattempo redivivo Pd, sia perché attribuire nuove e forti competenze alle Regioni del Nord che lo richiedono, non può prescindere dai principi scolpiti nella Costituzione.

E sarà molto complicato trovare l’armonia fra le due cose. Specie se Fdi e Forza Italia saranno i paladini dell’unità e la Lega dell’autonomia.

Arriva, perciò, un anno insidioso per chi governa la terza economia d’Europa al tempo dell’ancora grave situazione internazionale della guerra e di un’Italia chiamata a risolvere i suoi problemi vecchi e nuovi.

Pubblicato su L’Arena di Verona e Bresciaoggi
www.federicoguiglia.com 

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