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Vi racconto come in Germania la stampa giudica Merkel da Trump

L’approfondimento di Pierluigi Mennitti da Berlino sull’incontro tra Merkel e Trump visto dai giornali tedeschi La coincidenza non poteva essere più ingrata. Angela Merkel arriva alla Casa Bianca per incontrare Donald Trump all’indomani della visita di Emmanuel Macron. Il confronto sull’accoglienza ricevuta dai due leader europei sarà così inevitabile e, si teme in Germania, imbarazzante…

La coincidenza non poteva essere più ingrata. Angela Merkel arriva alla Casa Bianca per incontrare Donald Trump all’indomani della visita di Emmanuel Macron. Il confronto sull’accoglienza ricevuta dai due leader europei sarà così inevitabile e, si teme in Germania, imbarazzante per la cancelliera. Da un lato il presidente francese in visita di Stato per tre giorni, omaggiato con sorrisi e prolufio di virili baci prima alla residenza che fu di George Washington a Mount Vernon, poi alla Casa Bianca con il simbolico gesto della piantatura di una quercia, e infine ascoltato e applaudito dai rappresentanti dei due rami del Congresso riuniti congiuntamente. Un trionfo. Dall’altro la scarna agenda della Merkel, un viaggio di lavoro di qualche ora, un passaggio rapido ma pieno di insidie, con un canovaccio di punti da discutere sui quali i motivi di dissenso superano di gran lunga quelli di accordo. Il faccia a faccia nello Studio Ovale è fissato per le 11.40, venti minuti dopo il pranzo comune, alle 13.35 la conferenza stampa. Alle 14 la cancelliera prende congedo. Tutto qui.

“Fasto per Macron, una fredda alzata di spalle per Merkel”, titola l’ammiraglia conservatrice del gruppo Springer Die Welt, mettendo già le mani avanti: “La breve visita della cancelliera prevede un sobrio incontro di lavoro nel quale ci si limiterà a discutere lo stretto necessario, l’atmosfera sarà caratterizzata da una sorta di semplicità protestante rispetto alla pomposità che sta accompagnando il viaggio di Macron”. Dietro l’enfatizzazione del doppio registro usato dalla Casa Bianca, c’è il timore di un definitivo passaggio di consegne nel tandem franco-tedesco, almeno per quel che riguarda il ruolo di punto di riferimento privilegiato degli Usa in Europa, soprattutto ora che la Brexit toglie alla Gran Bretagna una delle sue storiche funzioni di cesura nelle relazioni transatlantiche.

Sotto Barack Obama era stata Angela Merkel ad assumere gradualmente ma stabilmente il ruolo di pivot in Europa, ora il mazzo è stato rimescolato e il realismo spregiudicato di Macron dimostra di avere carte migliori da giocare al tavolo d’azzardo di Trump.

Il timore viene esorcizzato dalla stampa tedesca con ironia un po’ sprezzante. Tutti i siti online dei quotidiani hanno rilanciato le immagini in cui il presidente Usa liberava il bavero della giacca di Macron da un filo di forfora, commentandole senza leggerezza: “Ecco come il presidente Usa ha reso ridicolo Macron di fronte al mondo intero”, ha titolato sul sito online la Bild. Che si è poi chiesta se Merkel dovesse essere gelosa dei baci regalati ostentatamente da Trump al suo ospite francese: niente affatto, è stata la risposta, Macron è capo di Stato e quindi occupa un rango superiore rispetto a Merkel che è solo capo di governo, ha scritto il tabloid, e poi il presidente francese ha solleticato l’ego di Trump ma non ne ha ricavato ugualmente nulla.

Mentre la stampa italiana si è dilettata con il confronto stilistico tra le due prime donne, quella tedesca ha seguito con certosina attenzione l’intervento di Macron al Congresso, sottolineando con soddisfazione le critiche francesi alla politica sul clima e all’isolazionismo di Trump: la Süddeutsche Zeitung descrive le critiche dopo gli abbracci, segno che Macron non ha cavato un ragno dal buco. Anche sull’accordo con l’Iran (il Joint Comprehensive Plan of Action, JCPA) che Trump non vuole prolungare, Macron vorrebbe rinegoziare e Merkel vuole invece mantenere così com’è.

Un giudizio sostanzialmente fallimentare sulla visita di Macron che però non tutti i giornali tedeschi condividono. In realtà, dipende da quali siano le priorità francesi. Lo Spiegel ha dedicato a questo strano derby franco-tedesco copertina e servizio principale del suo settimanale in edicola, sottolineando come il dinamismo di Parigi su vari fronti abbia spiazzato una Germania scopertasi all’improvviso pavida e lenta e scivolata di nuovo in una politica estera di nicchia. Fino a poco tempo fa si sprecavano i saggi sull’egemonia tedesca, su un’Europa in cui nulla si muoveva senza il consenso di Berlino, oggi Macron si getta in ogni vuoto lasciato da Angela Merkel, l’egemone riluttante. La cancelliera ha perduto il filo con la Casa Bianca, denuncia il settimanale, tentenna su un maggiore impegno finanziario nella Nato, si è fatta scavalcare da Francia e Gran Bretagna nell’appoggio all’attacco missilistico di Trump in Siria, persegue una politica accomodante verso Mosca, a cui è legata da interessi economici ed energetici, a partire dal gasdotto Nord Stream 2 osteggiato da Nato, Ue, Usa e paesi est-europei. Nessuno dall’ufficio stampa della cancelleria ha peraltro smentito un’indiscrezione del New York Times, secondo la quale nel dossier con cui Merkel si presenterà da Trump, ci sarebbe la richiesta di escludere dalle sanzioni contro Mosca le aziende tedesche che hanno in corso accordi con la Russia. Una pretesa destinata a rinfocolare la diffidenza di Trump verso “i cattivi tedeschi”.

Ma oltre alla rinnovata richiesta di destinare il 2% delle spese militari tedesche per il finanziamento della Nato, secondo Spiegel (che cita informazioni derivate dal recente viaggio a Berlino dell’assistente segretario di Stato per Europa ed Eurasia Wess Mitchell), nell’incontro con Merkel Trump potrebbe mettere il dito proprio sul progetto del gasdotto Nord Stream 2, chiedendone esplicitamente lo stop. Attorno al gas si sta giocando una grande partita globale e la Germania rischia di ritrovarsi nel mezzo come un vaso di coccio, nonostante la sua forza economica.

Le relazioni globali si sono ingarbugliate e partite geopolitiche si sono affiancate e sovrapposte ai temi puramente economici. Su questo terreno la Germania è rimasta il gigante dai piedi d’argilla del dopoguerra, non ha completa sovranità militare perché non detiene armi nucleari e dispone peraltro di un esercito dotato di mezzi non efficienti (proprio oggi la Welt rilancia l’allarme dell’esercito: servono più soldi per ammodernare i mezzi), per cui la sua capacità negoziale nei confronti di Trump è molto limitata. La volontà di diventare una protagonista più attiva sulla scena internazionale, proclamata in passato dai presidenti della Repubblica Gauck e Steinmeier e dalla ministra della Difesa von der Leyen, si sono rivelati alla prova dei fatti una fuga in avanti: mancano strategia, cultura della leadership, mezzi militari e, soprattutto, l’appoggio dell’opinione pubblica.

La cancelliera ha in mano un’agenda di dettagliate questioni economiche, come la speranza – destinata a naufragare – che l’eccezione europea sui dazi per acciaio e alluminio possa essere prolungata oltre il primo maggio. Una richiesta che, secondo indiscrezioni dello stesso governo di Berlino, Trump ha già deciso di far cadere. Tanto che lo Spiegel, nell’edizione online, si chiede se, viste le difficoltà dell’incontro, Merkel sarà in grado almeno di “evitare una plateale rottura”. Da parte sua, la cancelliera si affida alla vigilia al consueto registro della prudenza: da un lato ribadisce “l’importanza del legame transatlantico”, dall’altro non nasconde che “al momento fra Usa e Germania ci sono differenze”. Non sono parole particolarmente originali. L’impressione è che sia tornata in campo la politica e Angela Merkel e la Germania non sappiano cosa mettersi.

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