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Non solo Cosco. Tutte le indecisioni (e gli imbarazzi) della Germania sulla Cina

La Germania nei confronti della Cina si orienta almeno a parole su una triade che dice tutto e niente: il primo socio in affari è oggi visto come partner, concorrente e rivale sistemico. Fatti, parole e approfondimenti

 

Può sembrare un regalo di benvenuto, anche se la conclusione della lunga e tormentata vicenda dell’ingresso della compagnia statale cinese Cosco nella proprietà di un terminal del porto di Amburgo alla vigilia dell’avvio delle consultazioni tedesco-cinesi è una pura coincidenza. Tuttavia al primo ministro Li Qiang, accolto a Berlino come si deve con gli onori di Stato, è una coincidenza che deve aver fatto piacere.

Chiusa dunque la vicenda amburghese (Cosco ottiene una quota minoritaria del 24,99% di partecipazione nel terminal container Tollerort della società Hafen und Logistik AG), si parte con la settima tornata delle consultazioni governative fra Berlino e Pechino, che è anche la prima nel formato che prevede la presenza fisica delle due parti dal 2018. Nel frattempo sono trascorsi 5 anni e una pandemia, c’è in corso una guerra che ha cambiato gli equilibri globali e anche (e di conseguenza) i rapporti fra Cina e Germania sono divenuti più sospettosi. molto più di quanto la conclusione della vicenda Cosco-Amburgo facciano pensare.

L’IMBARAZZO DELLA GERMANIA VERSO LA CINA

Se Pechino fa come sempre trapelare molto poco sentimenti e intenzioni, Berlino mostra un evidente imbarazzo, sottolineato in quel che dice e soprattutto non dice un recente e importante documento presentato appena qualche giorno fa dal governo.

Infatti, a fronte della stazza da gigante che la Cina riveste sia dal punto di vista geopolitico che da quello economico soprattutto per la Germania, nel documento della nuova strategia di sicurezza nazionale il paese asiatico trova solo pochi accenni. Qualche sparuta riga di carattere più generale nelle 76 pagine del dossier che dovrebbe delineare le prossime linee di politica internazionale e di sicurezza del paese, nient’altro. Chi sperava in qualcosa di più dovrà attendere ancora: il governo tedesco ha promesso che alla strategia di sicurezza globale farà seguire un documento di strategia per la Cina. Che però non è ancora pronto.

DOVE ANDRANNO LE CONSULTAZIONI?

Le consultazioni di questi giorni saranno dunque utili per capire dove andrà la Germania, se più verso una linea di confronto deciso a rimorchio degli Stati Uniti, o verso una strategia più morbida sulla scia delle più recenti dichiarazioni di Emanuel Macron. O nel mezzo, un po’ di qua e un po’ di là, in un esercizio di fragile equilibrismo con l’occhio vigile sugli interessi economici che sono enormi (la Cina è da anni il principale partner economico della Germania).

Le delegazioni sono ai massimi livelli. Il primo ministro cinese Li Qiang è sbarcato a Berlino con metà del suo gabinetto. Stessa formazione da parte tedesca, con il cancelliere Olaf Scholz e otto ministri, tra cui quelli di Economia, Finanze, Esteri e Difesa.

Il clima è comunque diverso dalle consultazioni che avevano caratterizzato l’era di Angela Merkel. Come con la Russia, anche e ancor più verso la Cina l’ex cancelliera aveva seguito una strategia di apertura senza prudenze, nel solco del business first, per la gioia degli industriali tedeschi e qualche preoccupazione da parte degli analisti di politiche di sicurezza. E anche qualche irritazione da parte degli americani.

LA NUOVA POLITICA TEDESCA VERSO LA CINA

Da qualche tempo la politica di Berlino nei confronti della Cina si orienta almeno a parole su una triade che dice tutto e niente: il primo socio in affari è oggi visto come partner, concorrente e rivale sistemico. Tre concetti che di tutta evidenza solo con molta fatica possono combinarsi in una politica coerente. Ma in quel poco che dice il documento di strategia di sicurezza nazionale, “negli ultimi anni gli elementi di rivalità e competizione sono aumentati”. Per usare le parole del ministro delle Finanze Christian Lindner. “la Cina è un partner commerciale, ma un rivale rispetto al sistema di valori”.

Il fatto che Pechino invochi apertamente e talvolta celebri la partnership con il presidente russo Vladimir Putin ha rafforzato questa impressione di rivalità. Cosa significa questo per i rapporti pratici con il gigante?

L’equilibrismo di questa fase è espresso con flemma anseatica dalle dichiarazioni del cancelliere Scholz, che parla di un costante “bilanciamento”.

Paese partner: in alcuni campi la cooperazione non solo è ancora possibile, ma inevitabile. Vengono in mente le relazioni commerciali ma un esempio ancora più calzante di collaborazione necessaria e quello della politica climatica, particolarmente centrale nell’agenda del governo berlinese data la composizione della sua maggioranza. E difatti è il ministro degli Esteri Annalena Baerbock a sottolineare che ci sono “grandi sovrapposizioni” nelle agende dei due paesi: salvare il clima senza parlare con la Cina è impossibile.

Paese rivale. La deglobalizzazione e la ricomposizione degli equilibri e interessi globali attorno a scacchiere regionali evidenzia il fatto che lo Stato monopartitico cinese non sia dalla parte delle democrazie (occidentali) nella competizione globale tra queste e le autocrazie. Anzi, forse occupa il polo più lontano. Basti pensare che fino alla vigilia di queste consultazioni non fosse chiaro se i giornalisti sarebbero stati autorizzati a porre domande durante le conferenze stampa.

La Germania conosce i suoi limiti e i suoi confini. E quindi in attesa che la natura del futuro rapporto con la Cina venga definito al livello superiore (e cioè nei colloqui fra Washington e Pechino), la parola d’ordine di questa fase è, appunto, “bilanciamento”.

NO AL DECOUPLING, SÌ AL DE-RISKING

“Non vogliamo il decoupling, vogliamo il de-risking”, ha detto di recente il cancelliere Scholz: sarebbe sbagliato interrompere tutti i legami economici con la Cina, ma vogliamo minimizzare i rischi e assicurarci di non diventare troppo dipendenti dalle materie prime o da componenti informatici sensibili, come le reti di telefonia mobile. E quindi diventare ricattabili. Non si deve ripetere lo stesso errore della dipendenza energetica dalla Russia, ha specificato più volte il cancelliere, che però è stato fra i più attivi sostenitori dell’ingresso di Cosco nel terminal di Amburgo e avrebbe anche consentito l’acquisto del 33% della proprietà se non fossero intervenuti i Verdi a costringere a ridimensionare la quota al 24,99% .

Il fatto che la nuova strategia per la Cina non sia ancora pronta non è quindi probabilmente una coincidenza, giacché sembra che il governo tedesco debba ancora trovare il suo ruolo nel trattare con il colosso asiatico. Il vertice di questi giorni darà forse qualche risposta in più, ma non c’è da attendersi troppo. Il gioco di equilibri è appena iniziato.

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