Pur nella loro parzialità intesa come partigianeria, titoli e foto dei giornali, grandi o piccoli che siano, aiutano oggi a capire che cosa sia accaduto ieri a Palazzo Chigi e dintorni, a qualche ora dal secondo compleanno del governo in carica.
Una Giorgia Meloni particolarmente ingrugnita sulla copertina del Fatto Quotidiano col decreto legge in cui ha voluto elencare 19 Stati da considerare sicuri abbastanza per potere cercare di rimandarvi i migranti che li hanno lasciati per venire in Italia da clandestini, avrebbe “mandato a quel paese” i magistrati, secondo il manifesto ancora dichiaratamente e orgogliosamente comunista.
O almeno i magistrati che si considerano “controparte del governo”, come ha titolato il Riformista riferendosi a quelli che, tra decisione adottata e consensi ricevuti nei loro ambienti e dintorni, avevano appena disconosciuto un decreto interministeriale in cui venivano considerati sicuri l’Egitto e il Bangladesh, da dove provenivano i 12 migranti fatti sbarcare dall’Italia in centri appositamente allestiti in Albania per il primo disbrigo delle loro pratiche, in vista anche di un loro rimpatrio obbligato.
Col decreto legge appena varato, pur “dimezzato” secondo La Stampa per “i paletti”, secondo Repubblica, imposti dal presidente della Repubblica, i magistrati dissenzienti per loro convinzioni personali, o per l’interpretazione di sentenze di livello europeo, potranno al massimo ricorrere alla Corte Costituzionale.
Quest’ultima, nota anche come Consulta per la sede ereditata da una omonima formazione d’età monarchica, è incaricata dall’articolo 104 della Costituzione repubblicana di giudicare “sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni; sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e su quelli tra lo Stato e le Regioni, e tra le Regioni; sulle accuse promosse contro il presidente della Repubblica, a norma della Costituzione”.
A dispetto di queste competenze così rigorosamente elencate nella Costituzione, ricorrere alla Corte in caso di contrasto fra il contenuto di una legge e la opinione o la lettura che ne fa un magistrato significa per Il Fatto Quotidiano “buttare la palla alla Consulta”. Cioè perdere tempo.
Ma ciò che ancora di più inquieta Il Fatto Quotidiano, e l’area politica che maggiormente vi si riconosce, quella dell’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, è l’apertura fatta in una intervista dal presidente del Senato Ignazio La Russa, notoriamente seconda carica dello Stato, all’ipotesi di una riforma del titolo quarto della Costituzione, riguardante la magistratura. E ciò per meglio definire i parametri delle competenze delle toghe e dei rapporti con gli altri poteri dello Stato. Dietro l’angolo di La Russa un editoriale del Fatto Quotidiano titolato “Diritto melonico” ha immaginato e proposto questo “articolo 10: Viva Silvio, viva la gnocca”. Ridete pure, se volete.