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Covid Germania

Tutti i motivi della frenata economica della Germania spiegata dai tedeschi

L'approfondimento di Pierluigi Mennitti da Berlino

Sui motivi del peggioramento della congiuntura concordano di fatto tutti gli esperti. Ci sono fattori straordinari che hanno già inciso sul rallentamento nel 2018 e che continueranno a produrre effetti nell’anno appena iniziato. Le difficoltà del settore automobilistico, intorpidito dalla lentezza dell’immatricolazione e certificazione delle automobili in base ai nuovi standard anti-inquinamento europei, frenano produzione e commercializzazione. Il lungo periodo di siccità ha prosciugato le acque dei fiumi ostacolando il trasporto fluviale di merci. I protezionismi crescenti e le guerre commerciali, in special modo fra Usa e Cina, stanno danneggiando le esportazioni tedesche.

Ma le teste d’uovo dei centri studi non si stracciano le vesti e restano moderatamente ottimisti: “Al di là di questi fattori speciali, l’economia tedesca si sta ancora sviluppando solidamente”, ha detto Claus Michelsen, capo del dipartimento sulla congiuntura del Deutsches Institut für Wirtschaftsforschung (Diw) di Berlino, l’istituto tedesco per la ricerca economica. Nel barometro sulla congiuntura pubblicato a gennaio, gli esperti del centro berlinese hanno abbassato l’indice da 98 a 95 punti, indicando però che dopo un debole trimestre finale del 2018 “i segnali di inizio anno sono significativamente migliori”. I deludenti risultati dell’industria che hanno inciso finora dovrebbero essere ribaltati dal superamento di quei fattori straordinari che li avevano determinati, prosegue il rapporto Diw, tanto più che “la domanda interna rimarrà dinamica” anche in considerazione della continua crescita dei posti di lavoro.

Anche per Michael Grömling, responsabile delle analisi congiunturali dell’Institut der deutschen Wirtschaft (Iw) di Colonia, “la lettura dei dati e dei rischi non consente di vedere come imminente un pericolo di recessione per la Germania”. Ma restano i segnali di un indebolimento della crescita rispetto agli anni precedenti, tanto è vero che anche l’istituto renano aveva pronosticato a inizio anno un aumento del Pil dell’1,2%, due decimali sopra la stima poi presentata dal governo.

Per Grömling, che appare più pessimista rispetto al suo collega del Diw, i fattori che hanno seminato incertezza nell’ultima parte del 2018 “non scompariranno tanto velocemente”: il conflitto commerciale Usa-Cina, due mercati fondamentali per l’export tedesco, continuerà a rendere incerte le prospettive degli imprenditori dei due paesi – sostengono gli esperti di Colonia – mentre non è ormai più da escludere il rischio di una Brexit senza accordo con l’Ue. Una hard Brexit potrebbe alimentare nuove turbolenze sui mercati finanziari e il ritorno della crisi dei debiti pubblici in alcuni paesi europei, che pregiudicherebbe ulteriormente la già fiacca dinamica economica in Europa.

Per Grömling, insomma, “il semaforo congiunturale della Germania è passato dal verde al giallo”. Che passi al rosso è poco probabile, ma l’elenco dei rischi che accompagneranno il 2019 alimenta prudenza e inquietudini. “L’umore degli investitori si incupisce”, conclude Grömling, “gli imprenditori assumono atteggiamenti attendisti perché l’attuale situazione geopolitica ed economica non invita a investire, inficiando così non solo gli impulsi congiunturali di breve termine ma anche il potenziale a medio termine di molti paesi”.

L’immagine di imprese con il freno a mano tirato è quella che offre anche il sondaggio compiuto dall’Ifo di Monaco tra gli industriali. I risultati confermano la convinzione di un 2019 in rallentamento rispetto al passato. Le conseguenze saranno piani di investimento e occupazione meno espansivi rispetto all’anno passato: gli imprenditori interpellati dagli esperti bavaresi che temono il crescente protezionismo non smetteranno di investire e di offrire lavoro ma lo faranno in misura meno ampia. Un rallentamento dunque, non un arresto.

Ma proprio sul versante del lavoro, il successo sulla disoccupazione rischia di divorare i suoi stessi celebranti. L’Ifo avverte che le potenzialità di ulteriore espansione occupazionale potrebbero essere pregiudicate dalla sempre più evidente mancanza di manodopera. Non solo di quella qualificata ma anche della forza lavoro semplice. “In molte regioni è diventato difficile trovare anche aiutanti e personale per attività semplici”, ha scritto Die Welt. Per non parlare della carenza di lavoratori nei settori pubblici, dall’amministrazione alla scuola (insegnanti ed educatori), dai trasporti alla sanità. Frutto anche delle politiche di risparmio seguite nell’ultimo decennio, che hanno riportato in equilibrio il bilancio federale a scapito di istruzione, formazione e consolidamento di importanti asset pubblici. La situazione è particolarmente dolente in molti Länder, Berlino su tutti.

Tutto questo potrebbe costare punti di crescita nei prossimi anni. Come il ritardo sul digitale o la trascuratezza nell’ammodernamento delle infrastrutture. L’Spd chiede di utilizzare le floride casse dello Stato per un grande piano di investimento pubblico in settori ritenuti decisivi per il futuro del paese, mentre la Cdu punta più su ipotesi di alleggerimenti fiscali alle imprese: inevitabile un compromesso fra le due forze di governo. Ma oggi ha gioco facile Marcel Fratzscher, presidente del Diw, a canzonare su Twitter un rinsavito Wolfgang Schäuble che da presidente del Bundestag ha lanciato un appello agli investimenti in infrastrutture e digitale: “Molto bene che ora si sia accorto del problema e della necessità di investire di più. Peccato che il governo non l’abbia fatto quattro o otto anni fa”. Quando Schäuble custodiva le finanze tedesche.

(2.fine; la prima parte si può leggere qui)

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