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Germania

L’estrema destra lievita ancora in Germania?

Mentre le elezioni in Spagna mettono fuori gioco i nazionalisti di Vox, in Germania i sondaggi continuano a premiare l'estrema destra di AfD. Ecco perché, nell'articolo di Pierluigi Mennitti da Berlino.

 

Mentre le urne sembrano mettere fuori gioco la destra nazionalista spagnola, in Germania i sondaggi continuano a premiare Alternative für Deutschland (AfD). Anche l’ultimo rilevamento della tv pubblica Ard, il Deutschland Trend, posiziona l’estrema destra tedesca al secondo posto con il 20%, otto punti dietro i conservatori di Cdu e Csu e due punti davanti ai socialdemocratici del cancelliere Olaf Scholz. Ma per l’istituto Insa il distacco è meno marcato: AfD tallonerebbe la coppia cristiano-democratica con uno svantaggio dimezzato, di soli 4 punti, 22 contro 26. Un tiro di schioppo.

L’ASCESA DI AfD IN GERMANIA

Nessuno sottovaluta più l’ascesa di AfD. Nessuno alza più le spalle dicendo che si tratta solo di sondaggi. E anche la sicurezza mostrata dal cancelliere nella sua tradizionale conferenza prima delle ferie estive di una settimana fa (“Al momento del prossimo voto al Bundestag AfD tornerà alle percentuali della volta precedente”) appare più un tentativo di esorcismo che un’espressione di reale convinzione. D’altronde alle urne i tedeschi continuano ad andare per elezioni locali. E dopo aver sfiorato a lungo il successo amministrativo in alcuni ballottaggi, poche settimane fa AfD ha conquistato prima il governatorato del distretto di Sonneberg, in Turingia, poi la carica di sindaco nella cittadina di Raguhn-Jessnitz, centro di 9 mila anime nella vicina Sassonia-Anhalt. Si tratta ancora di piccoli centri, ma è la prima volta che i candidati dell’estrema destra riescono a superare il cosiddetto cordone sanitario dei partiti tradizionali.

Nei prossimi mesi si potrebbe assistere a una progressiva conquista di casematte amministrative nei territori orientali in cui si andrà al voto, dove l’estrema destra è largamente il primo partito. Secondo un’analisi della Neue Zürcher Zeitung sono 40 le poltrone di sindaci e governatori distrettuali a rischio AfD. E nell’autunno del prossimo anno è in programma un trittico regionale da brividi: Brandeburgo, Sassonia e Turingia. AfD è oltre il 30% in tutti e tre i Länder.

LE DOMANDE

La Germania si interroga su quanto a destra si sia spostato l’elettorato, peraltro al tempo di un governo di centro-sinistra, uscito vittorioso da elezioni federali tenutesi appena 22 mesi fa. Molto probabile, visto il gradimento mostrato dagli elettori per l’esecutivo guidato da Scholz. Ma la domanda più scontata ne nasconde anche una seconda, più politica e assai delicata: caduto il cordone sanitario elettorale, quanto reggerà ancora quello politico?

L’interrogativo è divenuto più pressante dopo che una dichiarazione del presidente della Cdu, Friedrich Merz, nel corso una lunga intervista domenicale alla tv pubblica Zdf sembrava non escludere di principio una qualche forma di collaborazione tra le due forze politiche a livello comunale. Merz, che aveva sempre parlato della Cdu come di un firewall, una paratia anti incendio contro AfD, si diceva ora disponibile a contatti, seppure solo nelle città? Magari sotto pressione delle federazioni dell’est, che da tempo premono per un diverso atteggiamento verso l’estrema destra?

In verità, Merz aveva provato a barcamenarsi un po’ maldestramente tra realpolitik locale e grandi principi nazionali, sostenendo che se a livello comunale viene eletto un rappresentante di AfD alla guida della comunità, il voto, che è democratico, deve essere accettato. Poi aveva aggiunto, letteralmente, che “naturalmente, anche i parlamenti locali devono cercare modi per plasmare congiuntamente la città, il Land e il distretto”.

LA CREPA NEL “MURO”

In questa frase i media, ma anche diversi esponenti dello stesso partito di Merz, hanno visto una crepa nel famoso wirefall anti AfD, almeno a livello comunale. La fine di un tabù, una prima concessione a un partito che, è bene sottolinearlo, viene considerato in alcune sue federazioni e organizzazioni giovanili estremista e contro il sistema democratico dall’organo di controllo costituzionale.

Dal corpaccione della Cdu c’è stata una levata di scudi. Anche in piena bonaccia estiva, con i parlamentari tutti in vacanza, si sono susseguite prese di distanza da parte di esponenti di primo e di secondo piano del partito, soprattutto dalle federazioni occidentali. E Merz è dovuto correre ai ripari con una precisazione su Twitter: “Per chiarire ancora una volta, e non ho mai detto il contrario: la risoluzione della Cdu è valida”, ha scritto riferendosi a una decisione congressuale in merito al rapporto con l’estrema destra, “non ci sarà alcuna collaborazione tra la Cdu e l’AfD nemmeno a livello comunale”.

Il tono brusco della replica tradisce però un certo nervosismo che attraversa il partito che fu di Merkel, di fatto diviso fra una componente più conservatrice che fa capo all’attuale presidente Merz e che dopo il disastro elettorale di Armin Laschet due anni fa ha conquistato la guida dei cristiano-democratici e quella più centrista, semplificando potremmo dire post-merkeliana, che sembra aver trovato nel giovane presidente del Nord Reno-Westfalia Hendrik Wüst un possibile leader.

La questione AfD potrebbe diventare un argomento dirompente per la Cdu in questo frangente, dopo che la guida di Merz sta fallendo nel tentativo non solo di riassorbire il successo dell’estrema destra ma anche solo di arginarlo. Nell’autunno del disincanto tedesco, l’ultimo partito di massa sopravvissuto alla parcellizzazione dei consensi potrebbe disgregarsi: tra chi – specie a est – con AfD vorrebbe collaborare e chi – specie a ovest – rifiuta qualsiasi spiraglio di dialogo. E su questo tema che la leadership di Merz deve ora misurarsi, e l’intervista estiva alla Zdf non è stato un buon inizio.

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