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Trump

Ecco le mire (economiche) di Trump sull’Iran. L’analisi di Coli

L'analisi della professoressa Daniela Coli

 

Perché Trump ha ordinato di assassinare in modo spettacolare il generale Soleimani appena arrivato all’aeroporto di Baghdad? Per i sostenitori del tycoon, perché era la fonte principale del terrorismo in Medio Oriente, l’architetto dell’egemonia di Teheran sul Medio Oriente, il responsabile dell’assalto all’ambasciata US a Baghdad. Per gli oppositori, invece, Trump ha agito d’impulso, per motivi elettorali o perché fuori controllo.

In realtà, tutto ciò che Trump fa ha una logica, e l’assassinio di Soleimani rientra nella logica di fare accordi economici e militari bilaterali gestiti dagli Stati Uniti con singoli paese per schiacciarli e dominarli. Una logica elementare. Nel momento di massimo declino degli Usa, Trump ha deciso di lanciare l’impero di America First, distruggendo l’ordine internazionale post-1945 e post-1989 che aveva permesso agli Usa l’impero. Ha messo dazi e sanzioni non solo a Cina e a Russia, ma anche agli alleati europei.

La prima tappa della logica che ha condotto all’assassinio di Soleimani è il ritiro di Trump dal JCPOA nel 2018. Il trattato sul nucleare iraniano era stato firmato a Vienna nel 2015 da US, Russia, Cina, Francia, UK, Germania e Ue. Prevedeva il controllo del nucleare iraniano e la fine delle sanzioni di US, Ue e Onu all’Iran. Il ritiro di Trump dal JCPOA ha avuto come immediata conseguenza nuove sanzioni all’Iran, ma anche all’Europa: UK, Francia, Germania, l’E3, Russia e Cina hanno deciso di continuare il JCPOA e di commerciare con l’Iran con Instex.

Recentemente, si è prospettato l’avvio di Instex attraverso piattaforme online cinesi capaci di evitare il controllo americano, perché la Cina è tecnologicamente più avanzata di America First. Trump ha più volte offerto un deal all’Iran, ha tentato il regime change, ha dichiarato che l’Iran avrebbe goduto di una prosperità mai conosciuta con America First. Ma l’Iran, forte dell’appoggio dell’Asia e dell’Europa, oltre alla potenza raggiunta in Medio Oriente anche attraverso l’opera di Soleimani, ha sempre rifiutato, chiedendo prima la fine delle sanzioni.

Trump non si è ritirato dal JCPOA perché l’Iran è il terribile regime degli ayatollah, che minaccia Israele e il mondo intero, ma perché vuole un deal bilaterale commerciale con l’Iran, eliminando ogni rivale economico, immaginando di diventare l’imperatore del mondo. Rouhani era venuto a Roma e a Parigi, tutti in Europa gli avevano aperto le porte, perché l’Iran è un paese ricco di petrolio con cui potevamo fare affari. Per questo, Trump si è ritirato dal JCPOA. Noi ne siamo stati danneggiati, avevamo investito molto in Iran e la nostra economia, come il nostro Pil ne sarebbero stati avvantaggiati. Subito dopo l’assassinio di Soleimani, i funerali oceanici in Iraq e Iran e il bombardamento dimostrativo iraniano di due basi US, senza vittime, perché gli US erano stati avvertiti, Trump ha riproposto il deal.

Per capirlo, basta il tweet trumpiano di Ian Bremmer dove, in sostanza, si dice:” Uutto ok, non ci sarà la guerra, Teheran ha capito, Trump ha colto una grande opportunità (il deal) e vincerà le elezioni alla grande”.

Soleimani non è stato eliminato perché era “una minaccia imminente”, avrebbe scatenato una guerra, ma perché era un grande capo dell’intelligence, militare e politico, il Machiavelli iraniano, per alcuni anche il probabile successore di Khamenei. Per alcuni analisti, come Andrea Marcigliano del think tank Il Nodo di Gordio, Soleimani è stato eliminato perché poteva essere un ostacolo al deal: avrebbe avuto una visione meno “mercantile” di Rouhani dei rapporti internazionali. Può darsi che gli Usa abbiano percepito differenze politiche tra Soleimani e Rouhani e abbiano deciso di eliminare il generale, convinti che Rouhani avrebbe ceduto. Per ora Rouhani ha telefonato a Boris Johnson per chiedergli di ritirare una dichiarazione negativa su Soleimani.

Può anche darsi gli Usa temessero che Instex diventasse operativo, abbiano voluto intimidire l’Iran e gli europei. Il capo della Nato, il norvegese Stoltenberg ha però annunciato che la Nato non invierà truppe in Medio Oriente, come Trump aveva chiesto.

Soleimani era appena arrivato all’aeroporto di Baghdad con passaporto diplomatico su invito del primo ministro iracheno per una riduzione della tensione tra Iran e Arabia saudita. L’assassinio di Soleimani è stato organizzato con cura e molti ne erano a conoscenza. Era un tema della campagna elettorale di Trump su Facebook e, come ha osservato Alberto Negri, è stato preannunciato anche sul sito di Al Arabiya.

Ai sauditi ha fatto piacere l’eliminazione di Soleimani, ma hanno anche dichiarato di non volere guerre con l’Iran. Inoltre, quando sono stati colpiti gli impianti Aramco, il sistema di difesa venduto dagli Usa a MbS non ha funzionato. Per decenni l’Arabia saudita ha sostenuto i palestinesi e quando ha deciso che le Arab Spring avevano compiuto troppi danni al Cairo, ha finanziato il generale Al Sisi per fare uno dei colpi di stato più violenti della storia.

Gli Usa hanno incassato e taciuto. In fondo, MbS ha anche ottimi rapporti con Putin. Fino al 1990 agli Stati Uniti non è mai venuto in mente di mettere piede in Medio Oriente, perché la Russia sovietica difendeva gli arabi, gli Usa Israele. Ora la Russia è tornata, e non è sola, c’è anche la Cina, e un nuovo attivismo della Turchia.

Gideon Rachman, direttore della sezione esteri del Financial Times, qualche giorno prima dell’assassinio Soleimani ha scritto che gli Stati Uniti potranno fare ancora qualche strike spettacolare, qualche bombardamento, ma saranno costretti a ritirarsi ed è la fine dell’America in Medio Oriente.

L’assassinio mirato nelle relazioni internazionali non ha politicamente senso, perché Soleimani non era insostituibile. Trump ha fatto il colpaccio contro un uomo determinato a espellere gli Usa dal Medio Oriente ed era stato anche amico dell’America non solo sconfiggendo Isis in Siria e Iraq, ma anche in Afghanistan perché i talebani avevano ucciso otto diplomatici iraniani e offrì intelligence e aiuto, come la Russia.

Paradossalmente, Trump vuole fondare l’impero di America First, proprio quando nuovi e vecchi imperi stanno nascendo o rinascendo. Come disse Kissinger a Edward Luce in un’intervista del Financial Times nell’estate 2018, Trump è la spia della crisi degli Stati Uniti.

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