I militari americani devono essere cacciati dall’Iraq: è quanto ha chiesto domenica 5 gennaio il Parlamento iracheno al governo di Baghdad.
La prima risposta al blitz americano in cui venerdì notte è stato ucciso il generale Qassem Soleimani è di natura politica e arriva da Baghdad.
Intanto, Teheran ha annunciato un’ulteriore riduzione dei suoi obblighi relativi all’intesa nucleare del 2015, riservandosi di rendere operativo un numero illimitato di centrifughe per l’arricchimento dell’uranio.
La risposta dell’Iran all’uccisione di Soleimani “sarà sicuramente militare e contro siti militari”, ha affermato Hossein Dehghan, consigliere militare della Guida suprema iraniana Ali Khamenei. Ma Teheran soppesa ancora le prossime mosse, consapevole che un passo falso potrebbe avere conseguenze catastrofiche. E intanto valuta la possibilità di seguire le vie diplomatiche. Il ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif ha avuto un colloquio telefonico con Josep Borrell.
Il responsabile della politica estera della Ue ha invitato a Bruxelles il ministro iraniano, chiedendo a Teheran di cooperare alla riduzione delle tensioni. Ma intanto Gran Bretagna e Francia esprimono solidarietà a Trump.
In Iraq, intanto, la Coalizione anti-Isis a guida americana – di cui fa parte anche l’Italia – ha sospeso l’attività in coincidenza con la mozione del Parlamento perché il governo revochi la richiesta di aiuto fatta dall’esecutivo nel 2014 alla forza internazionale di fronte all’avanzata delle milizie del Califfato.
Per il momento non si parla ancora di ritiro, in attesa della decisione del governo. “Sara’ la Coalizione, con tutti i suoi componenti – ha sottolineato il ministro della Difesa Lorenzo Guerini – a determinarne gli sviluppi, nel quadro dei contatti sempre frequenti fra gli Stati Maggiori della Difesa dei Paesi Membri”.
Anche la Nato aveva sospeso sabato le attività addestrative e il segretario generale Jens Stoltenberg ha convocato per lunedì una riunione degli ambasciatori dei 29 paesi membri per un esame della situazione.
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