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Fed

Ecco come la Fed di Powell ha ignorato le pressioni di Trump

L'articolo di Marcello Bussi, giornalista di Mf/Milano Finanza, sulla decisione della Fed di lasciare invariati i tassi di interesse

No, la Federal Reserve non sembra proprio intenzionata a seguire i suggerimenti del capo della Casa Bianca Donald Trump, che in una recente intervista aveva espresso il suo dissenso nei confronti di nuovi rialzi dei tassi d’interesse.

CHE COSA HA DECISO LA FED

Ieri il Comitato di politica monetaria della Fed (Fomc) ha deciso all’unanimità di lasciarli invariati nella forchetta 1,75%-2%, ma il comunicato diffuso dopo la riunione (come previsto non c’è stata la conferenza stampa del presidente Jerome Powell) ha messo in chiaro che si andrà avanti con i previsti aumenti del costo del denaro.

I TONI OTTIMISTICI

Il Fomc ha infatti usato toni più ottimisti sull’andamento dell’economia americana, definendola «forte» invece che «solida», come aveva fatto nel comunicato della precedente riunione. E’ chiaro che l’istituto guidato da Powell si appresta a stringere di nuovo la cinghia a settembre.

I TEMPI DELLA STRETTA

La stretta andrebbe ad aggiungersi a quelle di marzo e giugno. A quel punto, la Fed avrebbe ancora in canna un rialzo dei tassi, visto che ne ha previsti un totale di quattro nel 2018. La congiuntura americana, sostiene il comunicato, giustifica una normalizzazione della politica monetaria che, al momento, viene definita dalla stessa Fed ancora «accomodante» e che procederà in modo «graduale».

L’ANALISI DELLA FEDERAL RESERVE SULL’ECONOMIA USA

Il mercato del lavoro ha «continuato a rafforzarsi e l’attività economica è cresciuta a un tasso forte». Il riferimento è alla prima lettura del pil Usa del secondo trimestre, diffusa venerdì scorso e che è stata pari al +4,1%, l’incremento più forte da 4 anni. Anche l’inflazione si è ormai ripresa. Dopo essere rimasta inspiegabilmente al palo nel 2017, ora è «vicina» al tasso di crescita annuo del 2% fissato come obiettivo dalla Fed. Quel target è ormai raggiunto, come dimostrato dalla misura dell’inflazione preferita dalla Fed: il personal consumption expenditures price index è salito a giugno del 2,2% su base annuale, mentre l’indice core si è attestato all’1,9%.

LE PREVISIONI DELLA VIGILIA

Per il momento la Federal Reserve crede che i rischi che potrebbero mettere a repentaglio le prospettive dell’economia Usa sono «equilibrati». Ecco perché intende continuare poco a poco ad alzare i tassi. Lee Ferridge, capo delle strategie multiasset di State Street Global Markets, ha dichiarato che «come ampiamente previsto, la riunione del Fomc si è rivelata un non evento, lasciando aperta la porta a un rialzo di settembre, che è valutato all’80% dal mercato».

L’ANDAMENTO DEL T-BOND

Prima dell’annuncio del Fomc il rendimento del T-bond decennale era salito al 3,014%. Dopo l’annuncio è sceso brevemente sotto la soglia del 3% per poi riagganciarla venti minuti prima della chiusura di Wall Street, quando il Dow Jones perdeva lo 0,2%, il Nasdaq guadagnava lo 0,5% e lo S&P500 era invariato. Il dollaro saliva invece dello 0,2% rispetto all’euro, a 1,1663.

IL COMMENTO

Fino a quel momento da Trump non era arrivata nessuna reazione alle decisioni e soprattutto alle intenzioni espresse dal Fomc. «In sostanza la Fed ha ignorato le recenti pressioni di Trump per rallentare o mettere in pausa i rialzi dei tassi che hanno sostenuto la forza del dollaro», ha osservato Krishna Guha, responsabile della strategia globale di Evercore Isi.

(articolo pubblicato su Mf/Milano Finanza)

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